Gli abusi nella Chiesa: breve excursus normativo e considerazioni critiche

abusi
Giorgio Vasari, particolare dell’Allegoria della Giustizia, olio su tavola, 1543, Museo di Capodimonte, Napoli

Introduzione

Quella degli abusi sessuali è una  piaga dilagante che ha suscitato – e suscita tuttora – grande diffidenza non solo verso il sistema sanzionatorio ecclesiastico, ma principalmente nei confronti dell’intera Chiesa, tanto da ingenerare profondo sconforto e conseguente lontananza spirituale da essa nella comunità dei fedeli. E’ ben noto inoltre come negli ultimi tempi ragioni di verità e trasparenza abbiano imposto la conoscenza e conoscibilità mediatica delle vicende di abuso, determinando al contempo, oltre al diritto di informazione di carattere preventivo, effetti pregiudizievoli rispetto alla fondatezza di esse.

Se è pur vero, infatti, che la stragrande maggioranza delle notizie giornalistiche portate alla luce si siano poi rivelate corrette circa la responsabilità del soggetto sottoposto alle indagini previe, va tuttavia riconosciuta la presenza di casi in cui questi, dopo aver subito un processo mediatico nella fase investigativa – che per sua natura dovrebbe esser condotta secondo caratteri di prudenza applicativa e riservatezza delle informazioni – ha patito  la  lesione della propria buona fama (can. 1717 § 2), nonostante sia intervenuta successivamente l’archiviazione del caso.

Quest’ultima considerazione – non affatto giustificativa – deve portare a riflettere sulla importanza di saper riconoscere, in modo equilibrato, l’attendibilità delle fonti informative, che molto spesso si rivelano fuorvianti. Anche per questa ragione, ci soffermeremo preliminarmente, sui concetti di giustizia ecclesiastica e di grave scandalo, che costituiranno la chiave di lettura per comprendere l’evoluzione normativa che ha segnato significativamente la storia processual penalistica canonica in materia di abusi.

La giustizia ecclesiastica

In riferimento ai delitti di pedofilia, efebofilia, pornografia e pedopornografia, che sono ricompresi nella più ampia fattispecie degli abusi perpetrati dai chierici sui minori e adulti vulnerabili, anche attraverso l’uso della potestà autoritativa, per cui in tale ipotesi i soggetti passivi possono essere anche suore o seminaristi, è fondamentale – come poc’anzi detto –  approfondire il concetto di giustizia e quello di grave scandalo nella Chiesa. Le ragioni dell’esame risiedono in una  duplice ragione, sia cioè di correttezza nozionistica sia di approccio sereno al sistema, vale a dire purificando l’opinione comune da tutti quei pregiudizi che per lungo corso hanno portato erroneamente a considerare che l’apparato sanzionatorio canonico fosse privo di quella vis coactiva, ritenuta prerogativa invece degli ordinamenti statuali. In realtà, la natura pastorale del sistema in questione, ispirata a principi teologici che ne costituiscono l’essenza e che ne orientano dunque le misure repressive, non esclude che la Chiesa sia animata da concreti obiettivi verso chi pone in essere tali delitti.

Il triplice fine, infatti, delle sanzioni penali canoniche sta nell’emendamento del reo, nella reintegrazione della giustizia e nella riparazione dello scandalo (can. 1311 §2). Senz’altro, è arduo concepire ed accettare un recupero spirituale con il reinserimento nella compagine ecclesiastica di un chierico maltrattante e abusante, specie quando sussistono problematiche personologiche che mal si conciliano con tale finalità rieducativa. Tuttavia, questo obiettivo primario della pena, congiuntamente alle altre due finalità – che assumono concreta rilevanza attraverso anche la opportunità di avanzare la cd. sarcitio damnorum, ossia una pretesa risarcitoria per ripristinare la giustizia e lo scandalo arrecato –  rendono assimilabili gli obiettivi sanzionatori della Chiesa a quelli dello Stato. Dunque, si è ben distanti dal luogo comune che considera quella ecclesiastica una giustizia edulcorata o caratterizzata da un pietismo inopportuno [1] dinanzi ad alcuni delitti così atroci.

Quest’ultima concezione, molto probabilmente, è ascrivibile al fatto che la sanzione penale canonica costituisce un’extrema ratio, applicabile cioè solo laddove gli altri rimedi pastorali non siano risultati utili per la realizzazione della triplice finalità sanzionatoria su innanzi detta. Con forza, tuttavia, va sottolineato che la recente revisione della normativa canonica prevista nei casi di abuso ha introdotto il criterio di certezza della pena. Per tale ragione, non solo è prevista una immediatezza sanzionatoria per il delitto di cui al can. 1398, ma anche una ovvia asprezza della pena dovuta all’indole del delitto.

Il grave scandalo

Ciò posto, procediamo con l’esame del concetto di grave scandalo [2]. Nel linguaggio comune, lo scandalo è collegato alla cultura del pudore e della vergogna sociale. Trasmessoci dagli antichi greci che utilizzavano in termine αἰδώς (aidòs), questo atteggiamento si è radicato fino ai nostri giorni, esprimendo il sentire comune di dover tacere dinanzi a fatti che, pur essendo stati commessi a proprio danno, rappresentano motivo di vergogna per la vittima stessa. Ciò spiega l’utilità dei centri di accoglienza per le vittime di abusi che raccolgono le storie di quanti, impotenti, necessitano del corretto indirizzo giuridico e psicologico per denunciare i soprusi subiti. L’idea di evitamento dello scandalo, secondo un’accezione più negativa, invece, esprime l’atteggiamento dolosamente volto a sottacere fatti di rilevanza sociale grave, per il solo fine di tutelare la propria buona fama. Va riconosciuto che i Papi, nel corso della storia della Chiesa, hanno chiesto perdono, facendosi umilmente carico dei danni provocati dai chierici abusanti e prendendo misure drastiche per riparare al fenomeno degli abusi.

Ciò posto, a nostro avviso, la ratio normativa sottesa alla prevenzione dello scandalo potrebbe assumere anche un ulteriore significato, o meglio, un’efficacia non solo interna di salvaguardia reputazionale, ma anche interna, volta cioè a tutelare i fedeli. Nella fase delle indagini previe, infatti, ovvero nel momento in cui non si ha ancora la certezza della colpevolezza dell’indagato, la verosimile fondatezza del delitto dovrebbe ragionevolmente essere tenuta sotto segreto, per evitare di produrre una destabilizzazione spirituale e psicologica nei fedeli, per i quali, il chierico è punto di riferimento nella comunità. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai piccoli centri abitati, dove il sacerdote rappresenta il pilastro fondamentale ed è talvolta custode, confidente e guida. Dunque, comprendiamo come il concetto di tutela dal grave scandalo assume un’efficacia anche esterna, volta cioè a preservare la comunità dei fedeli che alla Chiesa si affidano e in essa trovano ristoro.

Lo scandalo di Boston: una parentesi buia nella storia della Chiesa

Siamo nel 2002, quando alcuni giornalisti che lavoravano per la famosa testata The Boston Globe, riuniti nel team denominato “Spotlight”, svolsero  un’inchiesta dalla quale emersero decenni di abusi perpetrati da chierici dell’arcidiocesi di Boston a danno di minori. Per la loro attività investigativa relativamente al “Massachusetts Catholic sex abuse scandal” venne assegnato ai giornalisti nel 2003 il premio Pulitzer, organizzato dalla Columbia University di New York, con il quale si riconosceva loro il merito di aver con coraggio svelato oltre 102 casi di abuso, combattendo la barriera dell’omertà istituzionale.

La notizia destò una prevedibile indignazione sociale, non solo per il silenzio protrattosi per anni e anni, ma principalmente per l’assenza di pene aspre verso coloro i quali, pur macchiandosi di tali orrendi crimini, erano semplicisticamente soggetti a trasferimenti. Ad dar luogo ad un’epoca di svolta per la prevenzione e repressione degli abusi, fu Sua Eminenza il Cardinale Sean Patrick O’Malley, presente al Convegno “La giustizia penale nella Chiesa. Tutela della vittima e garanzie dell’imputato” [3] di cui abbiamo dato notizia QUI, promosso dalla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce, con la quale il Porporato ha siglato un accordo che coinvolge la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori.

Breve panoramica normativa in materia di abusi

Di seguito, riassumeremo per sommi capi i documenti pontifici [4] più rilevanti per la gestione dei casi di abuso. Prima  dello scandalo che coinvolse l’arcidiocesi di Boston, il 30 aprile 2001, venne promulgata da San Giovanni Paolo II la lettera apostolica data in forma di motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, il cui primario obiettivo fu quello di operare una centralizzazione, a fini di imparzialità, della competenza per i delitti particolarmente gravi, rispetto ai quali precedentemente la competenza era incerta o spettante ad altri Dicasteri. Da quel momento, infatti, la competenza sarebbe spettata alla Congregazione (attuale Dicastero) per la Dottrina della Fede. Successivamente, a quasi dieci anni di distanza, il 20 maggio 2010, Papa Benedetto XVI, con le Normae de gravioribus delictis riservati alla medesima Congregazione, ha introdotto importanti correttivi.

Di seguito, riporteremo quelli più significativi: a) il termine della prescrizione da 10 è stato prolungato a 20 anni. Tale variazione, a nostro avviso, assume una significativa rilevanza non solo in termini processuali, ma anche psicologici. Si pensi, infatti, ad una vittima che, per una particolare condizione di vulnerabilità, nel momento successivo all’abuso attui il meccanismo mentale cd. di rimozione, dimenticando l’evento traumatico, i cui effetti potrebbero riemergere anni dopo la consumazione del delitto. Tale termine, dunque, rappresenta una non indifferente agevolazione per quanti vogliano fare giustizia sul proprio caso; b) è stato introdotto il delitto di pedopornografia, ossia la fattispecie criminosa che si consuma attraverso l’utilizzo di materiale sessualmente esplicito;  c) viene ammessa l’opportunità del processo penale amministrativo per i delitti di siffatta rilevanza.

Nel maggio 2021, Papa Francesco, con la Costituzione Apostolica Pascite Gregem Dei riforma il Libro VI del Codice, anche alla luce delle lettere apostoliche Come una Madre Amorevole del 2016, in tema di obbligo di vigilanza e conseguente responsabilità dei Vescovi sulla propria diocesi, e Vos Estis Lux Mundi, che dopo un triennio di sperimentazione è divenuta definitiva nel 2023, con alcuni correttivi di carattere terminologico essenziale, tra cui, ad esempio, la sostituzione del sostantivo adulto, in luogo di persona vulnerabile. Si precisa inoltre che l’attuale can. 1398, oltre ad essere inquadrato nel titolo relativo ai delitti contro la dignità, la libertà e la vita, per valorizzare il bene tutelato, sancisce, come sopra accennato, il principio di certezza della pena e di gravità della stessa, senza mezze misure alternative.

Sulle coordinate procedurali da utilizzare nei casi di abuso

Oltre al Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici, che fornisce  criteri per il corretto approccio procedurale per i casi di abuso, la riforma del Libro VI ha introdotto l’importanza dei centri di ascolto diocesano. Professionisti esperti in ambito legale e medico, ma non solo, costituiscono punto di riferimento costante per accogliere quanti ne abbiano necessità.

Senza dubbio, il progetto necessiterà di ulteriori aggiornamenti, per garantire il progressivo miglioramento dei centri in questione. Ad oggi, ci si può ritenere soddisfatti dei risultati conseguiti, specie in termini di divulgazione della possibilità di segnalare i delitti in questione; perché ci sono verità che non possono essere taciute, ma vanno raccontate e tramandate, per consolidare la cultura sociale della trasparenza e della giustizia, il cui massimo compimento risiede nel coraggio della denuncia.

Note

[1] Cfr. Paola Fantelli, Il diritto penale canonico tra potere coercitivo e carità pastorale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale,  p 5

[2] Si v. Damian G. Astigueta, Lo scandalo nel CIC: significato e portata giuridica, in Periodica 92(2003) 589-651, per un approfondimento sul tema

[3] Si v. La giustizia penale nella Chiesa. Tutela della vittima e garanzia dell’imputato, D.Cito – M. del Pozzo – M. Teixidor (a cura di), EDUSC 2025

[4] Cfr. www.vatican.va per il testo integrale dei documenti pontifici riportati

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Federica Marciano di Scala

Federica Marciano di Scala, avvocato della Rota Romana-avvocato civilista.

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