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Il Discorso QUI del Santo Padre tenuto in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale Apostolico della Rota Romana è stato motivo di profonda e cosciente riflessione per coloro i quali, in base al proprio ufficio, ricoprono delicate funzioni nell’ambito dei processi di nullità matrimoniale.
A dieci anni dai due Motu Proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus” e “Mitis et Misericors Iesus“, Papa Francesco ha significativamente esortato a mantener vivi i principi propri della Riforma del processo di accertamento della nullità del sacro vincolo. Importante è infatti ricordare, nell’esercizio delle funzioni processuali, il binomio inscindibile “diligentia et iustitia“, la cui essenza, sia dal punto di vista deontologico che pastorale deve costituire caposaldo per gli operatori del diritto canonico.
Il Pontefice, riaffermando la volontà di conferire ai Vescovi un ruolo centrale nel processus brevior, perché sia egli stesso – personaliter dunque – giudice, ha inoltre invitato a renderci strumento di informazione per le tante coppie in crisi che vivono il dramma della separazione. Attraverso infatti l’attività di accoglienza e di pastorale giudiziaria, è necessario che ci si renda partecipi del dolore e della speranza dei tanti fedeli che desiderano riprendere la piena partecipazione alla vita sacramentale, illustrando loro l’importanza del processo di nullità matrimoniale, nella prospettiva di rendere un servizio finalizzato alla salus animarum.
Sui principi e diritti fondamentali su cui si fonda il processo di nullità matrimoniale
Particolare attenzione il Papa ha prestato ai due principi fondamentali che regolano lo svolgimento del giusto processo di nullità matrimoniale. In particolare si è soffermato sul diritto di difesa, essenza di un equilibrato contraddittorio tra le parti, finalizzato alla tutela della dignità della persona e alla salvaguardia della verità processuale, quale obiettivo dell’iter giudiziario, che deve essere regolato entro le coordinate della presunzione di validità del vincolo. Quest’ultimo criterio, dunque, permette di proteggere la indissolubilità del matrimonio, affinché la celerità delle procedure non sia dai fedeli mal identificata con una giustizia approssimativa e facilmente pro vinculo. Compito, infatti, dell’attività pastorale è anche quello di guidare alla comprensione e alla accettazione di una pronuncia talvolta non conforme ai propri desiderata.
Il principio pastorale dell’accoglienza dei fedeli
Posto che, come poc’anzi detto, il Pontefice ha affermato che in capo al fedele sussiste un diritto all’accoglienza e all’accertamento della nullità del vincolo, che non consiste nel diritto alla nullità del matrimonio, la cui natura è indissolubile, le procedure sono da considerarsi come porta verso tale proprietà essenziale. Per tale ragione, di protezione cioè dell’indole propria del sacramento, il giudice è esortato ad agire con prudenza, nell’accertamento della verità, applicando così la Giustizia con il richiamo alla visione realistica delle dinamiche umane.
Peregrinantes in spem
In ultimo, Papa Francesco, utilizzando il riferimento all’accertamento giudiziario che fa luce sulle difficoltà dell’uomo, considera i protagonisti del processo come “Peregrinantes in spem“, poiché in continua ricerca della Giustizia salvifica che potrà lenire le ferite personali. E ciò sarà possibile solo se, con prudenza e carità cristiana, aiutando le parti a superare inutili e spesso nefaste conflittualità interpersonali, si manifesti verso di esse accoglienza e gratuità materiale ed umana.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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