La parte convenuta nella fase dell’indagine pregiudiziale o pastorale in vista di una nullità matrimoniale [2° parte]

Orazio Barbagallo, la famiglia, acrilico su tela, 2019

Attenzioni da aversi nel coinvolgimento della parte convenuta nella fase pregiudiziale

Continuiamo con la seconda parte del contributo QUI relativo alla parte convenuta nella fase dell’indagine pregiudiziale o pastorale. Il punto di partenza per attivare un fruttuoso coinvolgimento della parte convenuta mi sembra che possa essere il testo presente negli artt. 1-5 delle Regole procedurali del MIDI in cui si evidenziano alcuni obiettivi nel discernimento pregiudiziale e che riguardano anche la parte convenuta. Questi obiettivi da perseguire sono: informare, consigliare e mediare.

Informare

È fuori dubbio che nella fase previa il primo passo da compiere è l’informazione da farsi alla parte convenuta relativa alle intenzione della parte attrice di intraprendere un discernimento pastorale e giudiziale, segnalando la distinzione tra nullità e inesistenza del matrimonio. Tuttavia, bisogna essere consapevole e realisti poiché si potrebbero presentare un ventaglio di variabili in cui la parte convenuta potrebbe essere totalmente disinteressata all’iter processuale a seguito dei rapporti critici tra i coniugi, o della divergenza circa l’interesse religioso della parte convenuta e di una situazione presente tra le parti in relazioni agli effetti civili.

Al di là di queste variabili sarà comunque importante fornire alla parte convenuta delle informazioni utili avvertendola ad es.: sulla permanenza perpetua di alcuni legami familiari derivanti dal matrimonio putativo (specie se ci fossero dei figli), sulla natura solo dichiarativa della nullità matrimoniale, trattandosi di un accertamento che non vuole colpevolizzare nessuno ma fare verità circa l’individuazione del motivo per cui si possa sostenere una convinzione che il matrimonio sia sorto senza i requisiti richiesti, fugando in tal modo l’idea che un eventuale nullità matrimoniale offra una salvo condotto per ripetere un male fatto, consentendo di contrarre nuove nozze.

Altra informazione da dare deve essere quella di fornire indicazioni minime relative allo svolgimento del processo e ai suoi diritti processuali e le posizioni che egli potrà poi assumere. Questa fase di informazione potrebbe essere utile a ben predisporre la parte convenuta così come ad acquisire informazioni dal suo punto di vista sul motivo che di fatto ha potuto segnare la fine dell’unione. Inoltre in questa interlocuzione si potrebbe riuscire ad avere la sua disponibilità a partecipare al processo, includendo informazioni sul foro competente o del luogo in cui poter essere ascoltato con i propri testimoni, in modo tale da favorire sempre la partecipazione ed evitare la sua assenza nel processo.

Consigliare

Accanto a queste informazioni andranno messi in atto anche dei consigli verso la parte convenuta come il confidare nella bontà che può compiere l’accertamento processuale, cosi come il bene che può trarre nel rivedere quelli che furono i presupposti della relazione coniugale. Non è da escludere il consiglio di affrontare il fallimento coniugale non nella prospettiva di una nullità, ma in quella del riavvicinamento (ove possibile) incoraggiando l’eventuale recupero del rapporto matrimoniale, o promuovendo un discernimento pastorale e spirituale, mediante un accompagnamento di terapia di coppia o favorire una riconciliazione interpersonale, pur quando non sia possibile ristabilire l’unione, per porre basi serie prima di affrontare un eventuale processo. Pertanto nell’eventuale incoraggiamento di un iter processuale sarà importante avvertire le parti che gli obiettivi da perseguire non saranno quelli soggettivi ma quelli di verità e giustizia.

Mediare

Infine, in questa fase previa nel porre attenzione alla parte convenuta bisognerà compiere anche un’opera di mediazione per una migliore gestione dell’eventuale processo, facendo leva sul possibile litisconsorzio, ove previsto in modo espresso ai cann. 1676 (per i processi ordinari) e 1683 (per i processi più brevi), nonché sul valore delle dichiarazioni concordi delle parti per la prova piena (attualmente riformulato in termini positivi al can. 1678). Da questi due nuovi canoni si può cogliere l’importanza di un approccio alla parte convenuta nella fase previa.

La principale è costituita dall’obiettivo di promuovere nella parte convenuta l’opzione di aderire alla causa proposta dall’altro coniuge, sempre se ci siano i presupposti. Tale obiettivo racchiude un ventaglio di situazioni, nel definire le quali è imprescindibile scegliere il criterio di maggiore interesse processuale. Tale criterio non può essere altro che quello circa lo svolgimento dei fatti. È la concordanza sostanziale sui medesimi ciò che di fatto conta e più interessa. Pertanto, se le parti debitamente incoraggiate a sostenere la personale verità soggettiva risultassero coincidenti su fatti rilevanti utili ad accertare l’esistenza o meno della nullità, si sarebbe riusciti a facilitare i successivi accertamenti processuali.

Tuttavia si deve tener presente che l’accordo tra le parti che la riforma propone non significa rimettere la soluzione alle parti, ma incoraggiare la retta comprensione del contraddittorio nella preparazione della causa, che eviterà l’assenza della parte convenuta, permettendo di scegliere tra i motivi di nullità, quello di più facile accertamento, facilitando altresì, se si danno i requisiti, la possibilità di compiere il processo più breve o almeno la brevità del processo ordinario.

Si comprende, dunque, che un giudizio all’altezza della vita e missione della Chiesa deve includere la corrispondenza della decisione con la verità. E per verità non può intendersi altro che la reale esistenza dei fatti enunciati nelle dichiarazioni. La coincidenza ragionevole tra le parti sullo svolgimento reale dei fatti costituisce però un criterio concreto sull’estensione e completezza dell’accertamento da fare, fermi restando i conosciuti richiami ad evitare che le parti finiscano per essere giudici in causa propria [1].

Strategie operative

Alla luce di quanto esposto, il discernimento pastorale previo al processo per un discernimento più qualificato offerto alle persone coinvolte in fallimento coniugale meriterebbe maggiore attenzione in dottrina e nell’azione della pastorale giudiziale, in prospettiva direttamente pratica, con strategie operative concrete, un maggiore coinvolgimento tra la via veritatis e la via caritatis, una formazione continua e integrata per gli operatori sia della pastorale che della giustizia.

Attualmente, in qualità di coordinatore di un Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie circa l’importanza dell’attenzione da avere verso la parte convenuta nella fase pregiudiziale o pastorale posso attestarne la validità e la necessità in quanto molto spesso si è constato come il coinvolgimento della parte convenuta, debitamente informata e consigliata, ha favorito dei benefici nell’introdurre con serenità e celerità la richiesta di dichiarazione della nullità matrimoniale o nel ripristino della vita coniugale mediante una mediazione familiare o ancora un accompagnamento pastorale e un integrazione dei rispettivi coniugi uniti in una nuova unione, non essendo stato possibile avviare un iter processuale.

Inoltre, appare opportuno evidenziare la potenzialità della riforma del processo matrimoniale, con il quale il Santo Padre ha «conferito maggior equilibrio al sistema della disciplina processuale, rendendo più evidente la portata pastorale del Processo, che si realizza pienamente solo quanto porta a compimento la sua natura di discernimento, sia pure estremamente specializzato. L’importanza dell’intervento novatorio si spiega considerando che il momento che più chiaramente esprime la funzione pastorale del Processo si colloca nella fase introduttiva, che oggi ha assunto la forma e la disciplina dell’indagine pastorale pregiudiziale.

Prima ancora che nella decisione, è nella fase previa che si colloca il momento di discernimento più delicato, sia per la persona che per l’esito del processo. Dalla prima fase dipende la qualità della scelta di una revisione esistenziale, attraverso i mezzi di ricerca della verità. (…) Il discernimento previo, se correttamente eseguito, favorisce lo svolgimento delle dinamiche di discernimento endo-processuale e di quelle successive che derivano dall’efficacia esecutiva della Sentenza» [2].

Note

[1] Cfr. M.J. Arroba Conde, L’attenzione alla parte convenuto nella fase previa, in “Monitor Ecclesiasticus” 133 (2018), 81.

[2] A. Vincitore, Il processo matrimoniale luogo di discernimento ecclesiale specializzato, in “Apollinaris” 92 (2019), 117.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Emanuele Tupputi

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