La condizione nel consenso matrimoniale: una breve disamina del can. 1102 CIC

condizione
Scuola romana, XVIII sec. matrimonio di Santa Caterina, olio su marmo

Tipologie di condizione e relativi effetti giuridici

Come noto, la condizione è uno dei possibili vizi del consenso matrimoniale. Essa consiste in una circostanza incerta, da cui si fa dipendere l’accettazione del matrimonio, tanto unilateralmente quanto bilateralmente [1]. Durante la vigenza del Codice del 1917, erano previste diverse conseguenze giuridiche a seconda del tipo di condizione apposta al consenso matrimoniale: per esempio, si distingueva tra condizione possibile e impossibile, tra condizione turpe e onesta, tra condizione necessaria e contingente e tra condizione risolutiva e sospensiva [2].

Attualmente, il Codice giovanneo-paolino del 1983 non prevede più tali distinzioni, mantenendo solamente quella tra condizione de futuro e condizione de praeterito vel de praesenti (cfr. can. 1102 CIC-83). Secondo la dottrina e la giurisprudenza, si ha condizione di futuro quando l’evento incerto da cui si fa dipendere il consenso nuziale deve ancora realizzarsi [3]. Viceversa, se si tratta di una circostanza già verificatasi nel passato o nel presente ma di cui si ignora l’esistenza, si ha rispettivamente una condizione de praeterito o de praesenti [4].

Ciò premesso, secondo la vigente normativa, non si può contrarre validamente il matrimonio sotto condizione futura, indipendentemente dal tipo della stessa (cfr. can. 1102 § 1 CIC-83). La ratio di tale norma risiede nel fatto che «il matrimonio richiede un’adesione totale, senza riserve», ragion per cui «subordinare questa integrale adesione ad una qualche circostanza […] sembra contraddire la sua specifica natura, degradarla e renderla indegna di un vero matrimonio» [5].

Di contro, se si contrae matrimonio sotto condizione di presente o di passato, il matrimonio sarà valido o meno a seconda che esista o no ciò su cui si fonda la condizione (cfr. can. 1102 § 2 CIC-83). Tuttavia, l’apposizione di questo tipo di condizione è lecita solo previa licenza scritta dell’Ordinario del luogo (cfr. can. 1102 § 3 CIC-83), anche se la mancanza di tale licenza non priva la condizione del suo potenziale effetto invalidante [6].

Differenza tra la condizione ed altre figure

La condizione non deve però essere confusa con altre figure giuridiche, che, a differenza sua, non costituiscono un atto positivo di volontà [7]. In primo luogo, non va confusa con la causa contrahendi, che non è un atto positivo di volontà, bensì il motivo per cui viene prestato il consenso matrimoniale [8]. In secondo luogo, la condizione non coincide col modus, ossia con l’onere che ci si impegna ad adempiere e che accede ad un consenso matrimoniale già perfetto [9].

Inoltre, la condizione differisce dal postulato o prerequisito, il quale consiste nella circostanza da cui dipende la decisione di sposarsi in astratto e non il successivo atto di volontà verso la comparte concreta [10]. Ancora diversa dalla condizione è la demonstratio, cioè la qualità in base alla quale si opta per una determina comparte [11].

Infine, la condizione non deve essere confusa con l’errore causam dans, il quale consiste nella falsa persuasione circa un determinato fatto, mentre la condizione presuppone uno stato di dubbio nel nubendo [12]. Per giunta, nel caso dell’errore causam dans, l’invalidità del matrimonio deriva dalla mancanza dell’oggetto voluto in maniera diretta e principale, mentre nel caso della condizione è la volontà del soggetto ad irritare il matrimonio [13].

Aspetti probatori della condizione

Al fine di provare la condizione, occorre dimostrare l’esistenza di una volontà attuale oppure virtuale del nubendo fino al momento del consenso, nonché la mancata revoca di tale volontà prima delle nozze [14]. Al riguardo, la prova della condizione avviene in via diretta ed indiretta. La prova diretta consiste nella confessione giudiziale o stragiudiziale di colui che ha apposto la condizione [15].

Invece, la prova indiretta si ottiene attraverso il criterium aestimationis ed il criterium reactionis, vale a dire appurando sia il grado di importanza che la parte attribuiva all’evento dedotto in condizione, sia il modo in cui la stessa parte ha reagito alla scoperta dell’avveramento della condizione [16].

Bibliografia

[1] Cfr. Cfr. A. D’AURIA, Il Matrimonio nel diritto della Chiesa, Città di Castello (PG), 2007, pp. 224-225.

[2] Cfr. ivi, pp. 225-226.

[3] Cfr. ivi, p. 226.

[4] Cfr. ivi, pp. 226-227.

[5] P. MONETA, Il matrimonio condizionato nella realtà di oggi, in “Ius canonicum”, XXXIX (1999), n. 3, p. 673.

[6] Cfr. D’AURIA, Il matrimonio, p. 228.

[7] Cfr. TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PUGLIESE E DI APPELLO PER L’ALBANIA, coram Giuseppe PICA, sentenza del 20 marzo 2014, in “Ius Ecclesiae”, XXVIII (2016), pp. 144-145, nn. 9-11.

[8] Cfr. ivi, p. 145, n. 10.

[9] Cfr. ibidem.

[10] Cfr. ibidem.

[11] Cfr. ibidem.

[12] Cfr. ibidem.

[13] Cfr. coram FALTIN, decisio diei 3 iunii 1998, in RRDec., vol. XC, p. 435, n. 3.

[14] Cfr. coram STANKIEWICZ, decisio diei 13 decembris 2001, in RRDec., vol. XCIII, p. 793, n. 21.

[15] Cfr. ivi, p. 794.

[16] Cfr. coram STANKIEWICZ, decisio diei 30 ianuarii 1992, in RRDec., vol. LXXXIV, p. 18, n. 14.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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