Le migrazioni sono il più grande fenomeno di massa del secolo. Solo nel 2022 i migranti nel mondo sono stati circa 300 milioni, ovvero un abitante della terra ogni trenta. I push factors della mobilità umana sono del tutto eterogenei. C’è chi sceglie di migrare in cerca di lavoro, soldi, benessere sociale, habitat climatici migliori. C’è chi è costretto a migrare a causa di guerre, regimi politici repressivi, persecuzioni e disastri ambientali, sperando di trovare altrove condizioni favorevoli per l’esercizio dei diritti fondamentali.
Migrazioni e diritto
Quale che sia la forma e la modalità utilizzata, i flussi migratori hanno trasformato e stanno trasformando la società. La convivenza di diverse etnie, lingue e costumi si riflette anche sulle regole che disciplinano i rapporti sociali nei territori di accoglienza. Pertanto, gli ordinamenti giuridici sono chiamati a (re)agire dinanzi alle sfide poste dai migranti. L’azione dei legislatori civili è prevalentemente di tipo emergenziale. La difficoltà di gestire improvvisi ed ingenti numeri di persone si traduce nella individuazione di luoghi e tempi nei quali circoscrivere le possibilità di movimento di chi arriva.
Migrazioni, culture e religioni
Tuttavia, contestuale allo spostamento fisico è la migrazione del bagaglio sociale, culturale, giuridico e religioso che definisce i tratti identitari della persona dovunque si trovi e, di conseguenza, i parametri di azione all’interno della comunità di accoglienza. L’incrocio tra culture non può risolversi nella predominanza dell’una sull’altra, ma l’inevitabile (e necessario) ‘meticciamento’ chiede risposte.
La reazione degli ordinamenti civili
L’ordinamento secolare si mostra più preoccupato per la difesa del territorio e dei valori sui quali esso si fonda che per la tutela delle persone che, talvolta per mera fatalità, approdano sulle coste italiane. L’attenzione è concentrata sulle dinamiche criminali connesse alla mobilità dell’uomo e si traduce in una serie di divieti che incidono non solo sulla libera circolazione ma anche sulla libera espressione delle identità. In tal senso la prospettiva antropocentrica del diritto cede il posto alle logiche di sicurezza e di protezione nazionale.
L’intervento dei diritti religiosi
In un simile contesto le religioni possono realizzare un’importante funzione promozionale della persona. Esse indirizzano i comportamenti e le azioni dei fedeli sia nella dimensione privata che pubblica, determinando una sovrapposizione tra sistemi giuridici. I precetti di fede possono offrire soluzioni che non esauriscono i propri effetti soltanto all’interno del contesto confessionale, ma coinvolgono anche chi non è fedele. In questa prospettiva rilevano alcuni istituti del diritto canonico ed islamico.
Ius canonicum migrantium
La dimensione teologica cattolica delle migrazioni ha favorito diverse riforme della Curia Romana culminate nella istituzione del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. L’introduzione di una pastorale specifica si è tradotta altresì nell’elaborazione di uno statuto giuridico del migrante comprensivo di una serie di norme che tutelano la persona in gran parte degli ambiti di vita.
L’Islam migrante
I precetti coranici evidenziano che i migranti rappresentano un’occasione positiva di contatto tra comunità di partenza e comunità di arrivo e non un fattore di disgregazione. Il pregiudizio maturato nel corso del tempo nei confronti dei fedeli islamici potrebbe essere superato dalla rilettura di alcuni istituti giuridici che si mostrano compatibili con l’ordinamento italiano nell’ottica di tutelare le diversità più che alimentare antagonismi.
Migranti e minoranze religiose: modelli di accoglienza a confronto
Anche le confessioni religiose di minoranza contribuiscono alla definizione di una tutela dei migranti. Un confronto tra alcuni modelli di accoglienza rileva il grado di incidenza che i diritti religiosi possono offrire nell’elaborazione di concreti strumenti di gestione della mobilità umana. In tal modo lo Stato dovrebbe essere incentivato ad una cooperazione volta ad individuare condivise strategie di azione che tutelino la persona a prescindere dal suo status e dalla sua condizione.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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