Il ministero della guarigione e della liberazione
L’attenzione pastorale della Chiesa locale si estrinseca, nelle sue molteplici forme, attraverso un’attenzione a quei fenomeni che non solo interrogano profondamente la coscienza, ma anche toccano la sensibilità e colpiscono, o addirittura turbano l’individuo.
Tra questi vi è il caso dell’azione straordinaria del maligno, che si può estrinsecare attraverso manifestazioni che sfuggono alle regole naturali per proiettarsi in un ambito che la teologia e il magistero considerano preternaturali, ossia oltre le leggi scientifiche. Le motivazioni per cui ciò avvenga sfuggono alla nostra comprensione, tuttavia, tanto la Sacra Scrittura, quanto la Tradizione, insegnano che il dominio del diavolo non è mai definitivo e che il Bene, di cui Dio è l’artefice, è infinitamente superiore al male.
Di questa vittoria è esempio chiaro il ministero, che la Chiesa ha ricevuto da Cristo stesso, di esorcizzare, liberare e guarire, ossia di esercitare con diversi gradi di autorità il risanamento della creatura colpita e ferita dall’azione del maligno.
Gli esorcismi e le preghiere di guarigione e liberazione
Più precisamente, gli esorcismi, in particolare quelli definiti maggiori (per distinguerli dalle preghiere che vengono recitate prima dell’amministrazione del Battesimo), sono sacramentali (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1673), ossia preghiere liturgiche con cui si scaccia il demonio, comandandogli di interrompere gli attacchi che sferra solitamente (ma non esclusivamente) nei confronti di un individuo.
Data la delicatezza della materia, che richiede anche una previa “diagnosi differenziale” rispetto a molto più diffusi disagi psichici o psichiatrici, la Chiesa ha riservato ai Vescovi e ai presbiteri dotati di apposita licenza (appunto, gli esorcisti) il ministero di esorcizzare (can. 1172 CIC).
Per le preghiere di guarigione e liberazione, il discorso è differente: si tratta sempre di orazioni con le quali si domanda la vittoria di Cristo sul male e sui suoi influssi, ma sono dirette a ottenere più genericamente la salute fisica e/o spirituale, senza che vi sia un atto di autorità nei confronti di potenze maligne.
I rischi di abuso e le cautele
Come si percepisce, il rischio di abusi è altissimo ed è legato a una certa spettacolarizzazione, promossa anche dai mezzi di comunicazione sociale. Alcune volte vi è alla base una fede miracolistica, altre volte un uso distorto dei carismi ricevuti, altre ancora da un atteggiamento individualizzante e accentratore da parte di un leader.
La Chiesa, come madre, deve farvi fronte, soprattutto per evitare che i propri figli più deboli (e magari davvero bisognosi di un supporto qualificato, sia di tipo ecclesiale, che di tipo medico) cadano nelle mani di ciarlatani o, comunque, di soggetti incompetenti. L’ultimo atto è dato dal decreto dei Vescovi di Sicilia QUI, i quali, il 14 maggio scorso, hanno deliberato una serie di misure che ribadiscono e attuano le prescrizioni del diritto universale in materia di esorcismi e di preghiere di guarigione e di liberazione.
In un lungo preambolo si ricorda il legame tra sacramento e sacramentale, intendendo quest’ultimo come segno che, ad imitazione del primo, è volto a ottenere un sostegno spirituale che dispone a ricevere la Grazia. Poi, si ribadisce che la prima vittoria sul male si ottiene con una sana vita spirituale e che l’azione straordinaria del demonio è limitata a casi particolari, che devono essere attentamente studiati.
Tra gli abusi più diffusi in Sicilia, vi è la commistione tra devozione e superstizione, che porta alcuni fedeli a rivolgersi indistintamente a chierici, religiosi o laici per ottenere esorcismi e liberazioni da infestazioni; vi è anche l’azione di alcuni sacerdoti che recitano esorcismi senza l’apposita licenza del Vescovo competente; infine, in alcune celebrazioni eucaristiche, si procede a preghiere di liberazione o guarigione senza adeguata preparazione e senza la cautela rispetto a possibili fenomeni, non sempre di natura preternaturale, ma legati all’impressionabilità degli astanti, di bestemmie, parolacce…, con grave scandalo.
Il decreto dei Vescovi di Sicilia
Le norme prevedono, in primo luogo, il divieto per chi non ha ricevuto l’Ordine sacro di pronunciarsi su possibili azioni straordinarie del maligno, come possessioni, vessazioni, ossessioni, infestazioni; in secondo luogo, per non indurre a gravi (e spesso immotivati) odi, si fa divieto a chiunque di rivelare il sospetto di avere subito malefici e, soprattutto, il presunto colpevole; in terzo luogo, si ribadisce la liceità di elevare a Dio preghiere per la guarigione propria o altrui.
Si tratta, in quest’ultima ipotesi, di espressioni della propria pietà religiosa, oltre che un meritevole compimento di un’opera di misericordia spirituale: ciononostante, essendo spontanee ed estranee ai libri liturgici approvati, saranno da definirsi atti non liturgici.
Le preghiere di liberazione comunitarie, poi, contenute in appendice al Rito degli Esorcismi, potranno essere recitate solo sotto la guida di un sacerdote. Di conseguenza, a chi è privo dell’Ordine sacro è fatto assoluto divieto di organizzare e presiedere celebrazioni di guarigione previste dal Benedizionale.
Sono ripetuti i divieti generali di utilizzo dell’esorcismo maggiore o di qualsiasi altra preghiere imperativa contro il maligno da parte di laici o chierici privi di licenza espressa, compreso l’Esorcismo composto da Leone XIII, nonché il principio di gratuità che orienta la pastorale della Chiesa. Si proibiscono, inoltre, l’esorcismo e le preghiere di guarigione nei confronti di membri presenti nell’albero genealogico.
Altre cautele
Quali cautele ulteriori, si fa divieto di ammettere persone possedute a preghiere di liberazione, per evitare lo scandalo tra i fedeli, riservando questi atti al solo esorcista in un contesto privato; si impone un clima di sobrietà e serena devozione alle liturgie, senza cadere nell’isteria e in gesti scomposti e spettacolari.
Sempre prudenzialmente, si vieta ai sacerdoti di esplicitare che una determinata Messa è specifica per la guarigione o la liberazione, dal momento che ogni celebrazione eucaristica è fonte di grazia, sicché la liberazione o la guarigione possono solo essere individuate come intenzioni particolari. Nel territorio siciliano, infine, si prescrive che, prima della celebrazione di liturgie comunitarie di liberazione, sia ottenuto un permesso scritto da parte del Vescovo diocesano competente.
Il mistero della sofferenza e l’azione salvifica
Le norme sopra indicate si pongono come saggio limite a derive che, nello spettacolarizzare il male, alla fine lo esaltano in una prospettiva quasi manichea. Come ricordava l’Istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la guarigione, emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2000, la Chiesa è continuatrice della missione di Cristo di sanare l’uomo nella sua interezza e i carismi, posti a servizio dell’utilità comune, sono strumenti attraverso cui si manifesta la misericordia di Dio per la persona sofferente.
Proprio per questo, sono da evitare forme di appropriazione del carisma, che legano più all’individuo attraverso cui sono operati segni, che non a Colui che realmente agisce, cioè il Signore. La garanzia dell’autenticità del dono di Grazia, dunque, è data dalla docilità alle direttive dei Sacri Pastori, i quali hanno il compito di proteggere il gregge a loro affidato da Cristo contro l’azione di possibili mercenari, tra i quali, purtroppo, talvolta, si annidano anche fedeli che, in violazione delle norme della Chiesa, abusano dei mezzi, come i sacramentali, distorcendone la finalità e compromettendone l’utilità.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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