Domenico Bernino, il Tribunale della S. Rota Romana, Roma, 1717, Marocchino Marrone, Biblioteca Sergio Rossetti
Lo scorso 2 marzo, con il Motu Proprio Munus Tribunalis, il Pontefice ha apportato modifiche alla Lex Propria del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Sostanzialmente la modifica ha ragioni di armonizzazione dovuta alla precedente riforma della Curia romana, in specie lessicali. Tuttavia, il Motu Proprio offre uno spunto di riflessione circa le competenze del Supremo Tribunale e particolarmente per il contenuto dell’art. 6 riformato, che modifica il precedente art. 35, 5° della precedente Lex Propria, ovvero il nuovo dettato, che così recita: «Signaturae Apostolicae quoque est rectae administrationi iustitiae invigilare, et speciatim: […] 5° approbare erectionem tribunalium cuiusvis generis a pluribus dioecesanis Episcopis constitutorum».
Natura del Supremo Tribunale
In un intervento forse riduttivistico, Mons. Grocholewski, affermava che la Segnatura è Tribunale soltanto in parte, infatti metà del suo lavoro essa lo svolge non come Tribunale ma come organo amministrativo riguardante l’attività giudiziaria della Chiesa [1]. Ad ogni modo, comunque, la definizione non appare certamente errata, in considerazione di quanto il Diritto universale afferma della Segnatura, particolarmente nel distinguo che il Codice applica nella definizione della Rota Romana – che inquadra, per così dire, ontologicamente – nel can. 1443 C.J.C. e la Segnatura Apostolica, appunto che invece inquadra dal punto di vista funzionale al can. 1445 §1 C.J.C., anzi plurifunzionale.
E dunque appare quasi naturale dover definire, finalmente, la Segnatura Apostolica sì come Supremo Tribunale appunto, ma altrettanto come Dicastero plurifunzionale. Con la promulgazione della norma del 2008 – Antiqua Ordinatione, di Benedetto XVI – la Segnatura è innanzitutto un collegio giudicante costituito da Cardinali e Vescovi, di nomina pontificia, cui potrebbero essere affiancati altri chierici senza il carattere episcopale [2]. In generale, tale collegio giudica in turni formati da cinque giudici, ma è prevista anche una nuova facoltà introdotta dalla Lex propria vigente che il Prefetto possa costituire turni di soli tre membri.
In sintesi, potremmo dire che oggi la Segnatura, secondo la Lex propria vigente, possiede tre campi di competenza: una competenza più propriamente giurisdizionale o giudiziaria, descritta nell’art. 33; vi è poi un compito di natura prettamente amministrativa, anch’esso però di natura contenziosa, descritto nell’art. 34; vi è infine un compito di carattere disciplinare, che attiene alla vigilanza sulla corretta amministrazione della giustizia nella Chiesa. Se volessimo fare un paragone con gli istituti della giustizia civile, diremmo che la Segnatura svolge nel contempo i compiti che l’ordinamento civile italiano assegna alla Corte di Cassazione, al Consiglio di Stato ed al Ministero della Giustizia.
A questo proposito mi sembra doveroso rilevare come questa struttura, che affianca ad una competenza prettamente giudiziaria un’altra di carattere meramente amministrativo, è ancora oggi – o pare esserlo – oggetto di discussione. Giova notare come non manchino anche riserve di carattere pratico-funzionale. Una delle questioni di maggior urgenza è costituita dalla mancata costituzione dei tribunali amministrativi locali, richiesta dal VII principio direttivo della riforma del Codice [3] praticamente disatteso dal Codice fino ad oggi, pur con qualche tentativo infelice.
Competenze specifiche (primo ambito)
Quanto alle competenze del Supremo Tribunale, volendo riferirsi alla Lex propria, esse si ricavano facilmente dall’art. 33, in questa sede tuttavia – brevitatis causa – vorremmo soffermarci solo su alcuni punti, come ad esempio l’accezione di “supremo”. Tale tribunale, infatti, giudica anche altre controversie amministrative che sono ad esso deferite dal Romano Pontefice o dai Dicasteri della Curia Romana, come pure conflitti di competenza tra i medesimi Dicasteri, dunque la Segnatura – eccezion fatta per la risoluzione di un possibile conflitto di competenza tra tribunali locali – agisce in qualità di tribunale supremo unicamente nei confronti della Rota Romana. Di conseguenza, mentre può cassare una sentenza della Rota Romana, ovvero risolvere affermativamente una querela di nullità relativa ad una sentenza rotale, non può fare altrimenti nei confronti di un tribunale locale, verso cui ha facoltà di indirizzo al competente tribunale superiore.
Secondo ambito
Un secondo ambito di competenza riguarda il contenzioso-amministrativo. Si tratta di ricorsi interposti, nel termine perentorio di sessanta giorni utili, contro atti amministrativi particolari emanati o confermati dai Dicasteri della Curia Romana, ogni volta che si ritenga che l’atto contestato abbia violato una qualsiasi legge in procedendo vel in decernendo. In tutti questi casi, oltre al giudizio sull’eventuale illegittimità dell’atto, è previsto anche – non d’ufficio ma solo ad istanza della parte – un possibile provvedimento circa il risarcimento del danno cagionato dall’atto illegittimo.
A tale proposito si deve necessariamente specificare che la determinazione del risarcimento del danno è ovviamente un provvedimento subordinato alla dichiarazione eventuale dell’illegittimità, mancando la quale verrebbero a mancare i presupposti della determinazione del danno. Inoltre, va ovviamente sottolineato che – per utilizzare il linguaggio del Codice – è possibile intentare il ricorso in via esclusiva nei confronti di un atto amministrativo singolare, individuare, dunque semper uti singuli, se proveniente da un Dicastero o Organismo della Curia Romana, per emanazione diretta o per semplice conferma. Non sarà – ad esclusione – possibile ricorrere in Segnatura contro un atto amministrativo, seppur singolare, seppur individuale, di un Ordinario del Luogo, per cui sarà necessario in assoluto, il ricorso gerarchico.
Interessante l’aspetto della violatio legis in procedendo vel in decernendo. Mentre è sufficientemente chiaro il primo caso – ovvero la violazione di una norma procedurale – meno lo è il secondo. Se, infatti, un Dicastero romano può dare un giudizio in funzione dell’opportunità, della congruità, della prudenza della materia oggetto dell’atto amministrativo ed ha il potere di confermarlo o di cassarlo, oppure di emendarlo [4], la Segnatura può solamente stabilire se una legge sia stata o meno violata. A tal proposito, potremmo citare ad esempio i casi di rimozione di un parroco [5]; certamente non è compito della Segnatura entrare nel merito della bontà o dell’opportunità della decisione del Vescovo, ma solo verificare che non ci sia stata violazione della legge sostanziale o procedurale. Evidentemente, in fine, non è passibile di ricorso una decisione del Pontefice né di un atto che Egli abbia approvato in forma specifica.
Compiti rispetto ad altri tribunali
Partendo dall’art. 6 del Motu proprio Munus Tribunalis, comprendiamo anzitutto il primo dei compiti del Supremo Tribunale nei confronti dei tribunali inferiori, ovvero il dovere/diritto di approbare erectionem tribunalium cuiusvis generis a pluribus dioecesanis Episcopis constitutorum, a fronte dell’approvazione dei tribunali interdiocesani, prima citati nell’art. 35, 5° della Lex propria. Ma non solo, permangono tutti gli obblighi legati alla vigilanza, dettati dal medesimo articolo riformato. In primo luogo il dovere diritto di sancire delle azioni disciplinari nei confronti di qualunque operatore dei tribunali inferiori, dei quali – fra l’altro – ha facoltà di prorogarne la competenza. Inoltre, può ricevere richieste per la trattazione di una determinata causa presso la Rota Romana sin dalla prima istanza, domande riguardanti la dispensa da una legge processuale, per la quale sono del tutto incompetenti i Vescovi diocesani e qualsiasi richiesta di grazia relativa all’amministrazione della giustizia. Ex cann. 1420 §4, 1445 C.J.C. è l’unico Tribunale in grado di dispensare gli operatori dei tribunali dai titoli accademici richiesti dal Codice di Diritto canonico.
Si fa notare che, prima dell’attuale riforma, la Segnatura – visto il Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus – era competente alla promozione nonché all’approvazione di Tribunali che potremmo definire egualmente interdiocesani, ma formati da Diocesi non appartenenti alla medesima provincia ecclesiastica. Tale competenza si considera mantenuta, essendo di fatto l’attuale art. 6 del Munus Tribunalis estensivo rispetto alla capacità di approvare. Effettivamente è superata, invece, quella nota interpretatica della Segreteria generale della Conferenza Episcopale italiana del 20 luglio 2016 nella quale si specificava che rimaneva libera – con il solo obbligo di comunicazione – l’erezione di tribunali interdiocesani fra Diocesi della medesima provincia ecclesiastica. Ad oggi, infatti, anche per questi ultimi si rende necessaria l’approvazione del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
In conclusione
Resta pacificamente concorde che il compito del Supremo Tribunale non si esaurisca nella mera vigilanza o repressione, ma piuttosto sia ben più esteso alla sempre viva promozione della retta amministrazione della giustizia, sempre nel rispetto del ruolo proprio dei tribunali ecclesiastici, evitando di sostituirsi ad essi e fornendo ad essi l’aiuto necessario perché possano svolgere il loro servizio di un’amministrazione appropriata della giustizia.
Per concludere, potremmo dire che il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, per la sua secolare esperienza, si rende ben consapevole della perenne giuridicità del rapporto umano, ma pure del suo compito sempre vivo di solerte applicazione dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza, al fine di individuare sempre gli eccessi di potere e le violazioni delle leggi, ma consapevole che non ergo Deum nostrae iustitiae similem cogitemus [6] ha sempre ben chiaro che «Il raffronto tra la giustizia divina e umana vale di per sé ad ammonirci che i nostri giudizi sono fallibili; onde dobbiamo andar cauti, specialmente nel pronunciare condanne […] Nella suprema giustizia […] la giuridicità si congiunge con la misericordia. Così noi, volendo specchiarci in quella, dovremo tener presente che il diritto segna soltanto un limite, ma entro questo limite deve esercitarsi la carità» [7].
Note
[1] Cfr. I Tribunali, in Aa.Vv., La Curia Romana, Città del Vaticano 1990, 397.
[2] Cfr. BENEDETTO PP. XVI, Litterae apostolicae motu proprio datae quibus Supremi Tribunalis Signaturae Apostolicae lex propria promulgatu: Antiqua ordinatione, in AAS, C (2008), 513-538.
[3] Cfr. Communicationes 1, 1969, 77-85.
[4] Cfr. can. 1739 C.J.C.
[5] Cfr. C. Lanni, Provvedimenti amministrativi disciplinari e jus defensionis, Città del Vaticano 2020. Qui si può trovare un’ampia disquisizione sul caso.
[6] Agostino, PL XXXIII, 461.
[7] G. Del Vecchio, Giustizia divina e giustizia umana, in Il Simbolo, vol. XIII, 1956, 110.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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