La giustizia penale nella Chiesa
Si terranno nel mese di febbraio e di aprile presso la Pontificia Università della Santa Croce in Roma due importanti momenti di aggiornamento sulla giustizia penale nella Chiesa, organizzati dalla Facoltà di Diritto Canonico. Si tratta di una tavola rotonda che si terrà il 29 febbraio 2024, sul tema “Il dovere di denunciare i delitti di abusi” alle ore 16 presso l’aula del Senato Accademico “Benedetto XVI” dell’Università.
Un secondo appuntamento riguarda il 28° Convegno di studio dal titolo “La giustizia penale nella Chiesa: tutela della vittima e garanzie dell’imputato”, che si terrà in due giorni (10 e 11 aprile 2024) presso l’Aula Magna “Giovanni Paolo II” dell’Università.
Gli incontri proposti dalla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce sono un’occasione propizia di dialogo e confronto di carattere scientifico tra diversi illustri professori che sono impegnati in Dicasteri della Santa Sede o in diversi Atenei su un tema molto attuale e delicato. Pertanto, abbiamo posto qualche domanda al professore Davide Cito, Ordinario di Diritto Penale Canonico presso la Pontificia Università della Santa Croce e Vice Rettore dell’Università, nonché uno degli organizzatori degli eventi di formazione e che ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato.
Professore, come nasce l’idea di questi due significativi appuntamenti di formazione e aggiornamento? Quali i temi che verranno trattati?
Il diritto penale canonico ha assunto negli ultimi due decenni una rilevanza notevole nella vita della Chiesa e per la sua complessità richiede un’attenzione e un aggiornamento costanti per poter affrontare in modo adeguato le procedure. Quanto alle tematiche che verranno focalizzate nei due appuntamenti da lei richiamati, quello di febbraio è una tavola rotonda che si centra su un tema molto delicato ossia l’obbligo di denuncia degli abusi sia all’interno della Chiesa che nei confronti dell’Autorità civile. Il secondo è, invece, il Convegno annuale della Facoltà di Diritto Canonico che tratterà di alcuni aspetti del processo penale canonico tenendo conto di due valori molto significativi: la tutela della vittima e le garanzie dell’imputato.
Sicuramente una svolta nella lotta agli abusi è stato l’incontro sulla tutela dei minori promosso dal Papa nel febbraio 2019, quale è stata la risposta della Chiesa per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili?
L’incontro di Febbraio 2019 è stato sicuramente un punto di svolta perché ha coinvolto tutti i Presidenti della Conferenze Episcopali del mondo attorno alla tematica della protezione dei minori e delle persone vulnerabili. In seguito a tale evento vi sono state sia novità legislative, quali ad esempio il m.p. Vos estis lux mundi, che si centra soprattutto sulla segnalazione di determinati delitti o comportamenti e che è stato riconfermato nel 2023, ma soprattutto un cambiamento di atteggiamento e una presa di coscienza più attenta nei confronti delle persone più esposte agli abusi, favorendo “buone pratiche” nei comportamenti ecclesiali.
Da alcuni anni stiamo osservando diversi cambiamenti e progressi nel trattamento dell’abuso sessuale nel Diritto Canonico. Quali sono, secondo lei, le chiavi del nuovo Libro VI del Codice? Qual è la sua valutazione complessiva di questa riforma del Codice?
La normativa sull’abuso sessuale da parte dei chierici ed oggi anche da parte di chi svolge una funzione o dignità nella Chiesa ha integrato la stringata normativa del can. 1395 §2 del CIC1983 con provvedimenti che rappresentano la centralità della tutela e difesa dei minori e delle persone vulnerabili, e che sono state incorporate nel nuovo Libro VI del Codice interamente riformato nel 2021. Il nuovo Libro VI è soprattutto un forte richiamo alla responsabilità dei Pastori nei confronti di comportamenti che feriscono non solo delle vittime innocenti ma causano scandalo e sconcerto tra i fedeli, mostrando che l’uso dell’intervento sanzionatorio, quando necessario, non risulta estraneo ma al contrario aiuta a proteggere la Chiesa e la sua vita di fede e di carità. Complessivamente si tratta di uno sforzo che ha coinvolto molte componenti ecclesiali in tutto il mondo per avere uno strumento giuridico adeguato al servizio della Chiesa e della sua missione.
Uno degli ambiti in cui si è verificato un significativo cambiamento di mentalità è quello del cosiddetto abuso di autorità: come si fa a capire se questo tipo di abuso, certamente complesso da individuare, è esistito? Come si pone il Codice di Diritto Canonico di fronte a questo tipo di abuso, cosa che prima non faceva?
Il tema dell’abuso di autorità è stato richiamato inizialmente da papa Francesco come un elemento che spesso precede l’abuso sessuale, in quanto si tratta di un uso distorto della posizione di potestà o di funzione che uno detiene e che ha ricadute nella vita dei fedeli perché approfitta della fiducia non solo umana ma spirituale riposta, per ottenere vantaggi illegittimi a danno di queste persone. È stato poi il m.p. Vos estis lux mundi che lo ha stabilito nell’art. 1 §1 a) i, come circostanza specifica e punibile, accanto alla violenza o alla minaccia, nel quadro della costrizione a compiere o subire atti sessuali. L’indicazione di Vos estis lux mundi è stata poi incorporata nel can. 1395 §3 del Codice e ripresa in modo identico nella versione definitiva di VELM del 2023. Va precisato che l’abuso di autorità cui si riferisce VELM o il can. 1395 §3 non è un concetto generico a se stante ma piuttosto una modalità che esclude la consensualità all’atto sessuale patito o compiuto da un soggetto adulto non vulnerabile, e che si affianca alle due modalità già presenti nel Codice, vale a dire la violenza o le minacce. Il testo di VELM e del Codice riprende in modo quasi testuale dall’art. 609 bis del Codice penale italiano sotto la rubrica “violenza sessuale”.
Il 25 Marzo 2023, dopo quasi quattro anni di sperimentazione, consultati gli episcopati e i dicasteri della Curia romana, Papa Francesco ha promulgato definitivamente le procedure per prevenire e contrastare il fenomeno degli abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica, mediante il motu proprio Vos estis lux mundi, entrato in vigore il 30 aprile 2023. Quali sono le principali novità apportate nella nuova versione della normativa per favorirne una «migliore applicazione»? Quali progressi, grazie a questo motu proprio, si sono compiuti in questi anni nella lotta agli abusi nella Chiesa?
Innanzitutto, si potrebbe dire che la prima novità riguarda l’ambito di applicazione delle norme relative al nuovo motu proprio VELM che viene esteso in caso di segnalazione, oltre ai chierici e ai membri di Istituti di vita consacrata o di Società di vita apostolica, anche ai moderatori delle associazioni internazionali di fedeli riconosciute o erette dalla Sede Apostolica. In secondo luogo, si è cercato di armonizzare i testi normativi che disciplinano questi delitti, vale a dire il Codice, il m.p. Sacramentorum sanctitatis tutela il il m.p. Vos estis lux mundi. In questo senso, nell’art. 1 §1 a) ** ritroviamo affiancate in VELM tre tipologie di vittime di abuso: minore, persona che abitualmente ha un uso imperfetto di ragione o un adulto vulnerabile. Si sostituisce poi il temine “pedopornografico” con pornografia di minori o di persone che abitualmente hanno un uso imperfetto della ragione, ampliando n tal modo le vittime di tale delitto non solo ai minori ma anche ad altri soggetti deboli. Per quanto concerne l’obbligo della segnalazione essa ora riguarda il chierico, il membro di un Istituto di vita consacrata o di una Società di vita apostolica. A tale proposito va segnalato che l’eccezione rispetto all’obbligo di segnalazione riguardante il chierico è solo se la sua conoscenza rientra nell’esercizio del foro interno. Nella versione precedente del motu proprio l’eccezione riguardo ai chierici era più estesa dell’ambito del foro interno e proteggeva i chierici per quanto era stato loro confidato in ragione del “sacro ministero” in senso in generale. Inoltre, non si prevede più per i non chierici un esercizio del foro interno.
Nel testo si precisa che «è compito dell’Ordinario del luogo dove sarebbero avvenuti i fatti procedere a norma del diritto secondo quanto previsto per il caso specifico». Può spiegare qual è il ruolo degli ordinari?
Gli Ordinari continuano ad avere un ruolo di primo piano nella segnalazione e nella trasmissione delle notizie di delitto indicate nell’art. 1. Tuttavia, a differenza della prima versione del motu proprio che non dava indicazioni in merito (art. 2 §3), l’Ordinario del luogo dove sarebbe accaduto il fatto delittuoso prevale nel titolo di competenza l’Ordinario proprio della persona segnalata, salva diversa intesa tra i due Ordinari (art. 2 §3 attuale).
In termini generali, qual è il ruolo delle sanzioni penali nella Chiesa e in relazione alla vita dei fedeli? Le situazioni incresciose degli ultimi anni, ad esempio il fenomeno degli abusi, hanno riportato l’importanza del diritto penale nella coscienza della Chiesa?
Credo innanzitutto che le situazioni incresciose da lei richiamate, e tra queste il triste fenomeno degli abusi, hanno evidenziato la sofferenza il danno e lo scandalo di tante persone vittime di comportamenti contrari al Vangelo, che chiedono alla comunità cristiana, e segnatamente ai Pastori, di prendersi cura di queste vicende anche attraverso lo strumento penale che è diretto a cercare di sanare le ferite causate dai delitti, dal momento che, come indica il can. 1311 §2 le pene canoniche mirano alla: «reintegrazione della giustizia, la correzione del reo e la riparazione dello scandalo»
Nell’accezione comune si guarda molto alla funzione punitiva della legge penale e poco alla funzione risanatrice e rieducatrice, soprattutto dal punto di vista morale, nei confronti del condannato. C’è nel Codice di diritto canonico un collegamento tra irrogazione della sanzione e Misericordia?
Poiché la salus animarum è la suprema legge della Chiesa non potrebbe il diritto penale canonico discostarsi da questo paradigma imitando altre concezioni della funzione della pena. Del resto, il can. 1312 §2 indica che possono essere stabilite pene purché congruenti con il fine soprannaturale della Chiesa. In questo senso la reintegrazione della giustizia, la correzione del reo e la riparazione dello scandalo sono un cammino da percorrere non un provvedimento fine a se stesso. Tutte le persone coinvolte in un delitto, compresa la comunità ecclesiale, sono chiamate a far sì che al male provocato da un delitto, si risponda con la logica salvifica della riparazione e del risanamento.
Professore, le comunità cristiane cosa possono fare per arginare il fenomeno degli abusi sui minori?
Con la consapevolezza che il male si può sempre presentare, la cura delle buone pratiche, la formazione in uno stile pastorale di vero servizio, attento e rispettoso, favorisce senz’altro la nascita e lo sviluppo di ambienti in cui crescere nell’amore verso Gesù e i fratelli che è la risposta più efficace al rischio di abusi e di comportamenti contrari al Vangelo.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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