Marc Chagall, Gli sposi e la torre Eiffel, 1934
Contenuto e portata del bonum coniugum
La formulazione del can. 1055 § 1, norma di apertura della materia matrimoniale, attribuisce forte centralità al concetto di bonum coniugum: esso è tanto radicato nella essenza del patto matrimoniale, da costituire una realtà intrinsecamente connessa allo stesso. Il Legislatore, infatti, avvalendosi della locuzione ordinazione del matrimonio al bene dei coniugi, vuole indicare che quest’ultimo appartiene alla sostanza del patto coniugale e non è un elemento ad esso giustapposto, ab extra[1]. Inoltre, bene dei coniugi e generazione ed educazione della prole non solo sono poste sul medesimo piano, ma risultano essere categorie tra loro complementari, laddove la prima si integra e si perfeziona nella seconda.
L’effettivo contenuto del concetto di bonum coniugum è stato oggetto di intensa indagine da parte della Dottrina canonistica, impegnata a delineare estensione e portata di un nucleo concettuale che abbraccia integralmente l’istituzione matrimoniale. Sul tema, fondamentale è uno degli insegnamenti di Benedetto XVI, per cui, nell’adempimento dei doveri di cui al bonum coniugum, marito e moglie sono chiamati a “volere sempre e comunque il bene dell’altro, in funzione di un vero e indissolubile consortium vitae”[2].
Ad oggi, pertanto, la Dottrina concorda nel ritenere che il bonum coniugum si sostanzi nella integrazione di vita tra gli sposi su una molteplicità di aspetti esistenziali, di natura psichica, fisica, spirituale, intellettuale; tale integrazione, in una prospettiva di costante dinamismo, mira al raggiungimento pieno dell’amore sponsale e al perfezionamento umano e cristiano della famiglia[3]. In questa prospettiva, gli sposi devono cooperare per il bene reciproco, per la realizzazione di un vero consortium vitae et amoris coniugalis[4].
Il dialogo tra scienza medica e giuridica
Ciò posto, l’indagine canonistica circa portata, contenuto ed effettiva attuazione del bonum coniugum assume rilievo, tra l’altro, nell’ambito del can. 1095 n. 3, con particolare riferimento, quindi, ai procedimenti di nullità matrimoniale per l’incapacità di uno o di entrambi i coniugi ad assumere e ad attuare esso, bene sostanziale del matrimonio.
L’accertamento giudiziario richiede la cooperazione sinergica tra scienze giuridiche e scienze medico legali-canonistiche, dal momento che l’eventuale sentenza di nullità matrimoniale si fonderà anche sull’accertamento diagnostico-peritale del presupposto di fatto, di matrice psichiatrico-disfunzionale, della invocata incapacità.
A tal fine, Perito e Giudice dovranno impostare un corretto “dialogo”, per cui il primo individuerà la presenza di situazioni personologiche disfunzionali; il secondo, al termine della istruttoria, stabilirà se le conclusioni peritali vadano effettivamente ricondotte all’ambito di applicazione della specifica normativa[5].
I caratteri delle cause di natura psichica incidenti sul bonum coniugum
Fondamentale, innanzitutto, sarà l’accertamento della antecedenza del disturbo e del suo collegamento causale con la incapacità del soggetto ad assumere i doveri di cui al bonum coniugum per la validità del consenso. A tal fine, tra i vari momenti in cui l’esame peritale si articola, senz’altro ruolo chiave è assunto dalla cd. anamnesi della parte, ossia la raccolta dettagliata di informazioni sulla biografia familiare e personale (sia fisiologica che patologica), per la ricostruzione del quadro medico. Allo stesso modo, durante i colloqui clinici sarà importante per il Perito indagare in primo luogo sui trascorsi del periziato, antecedenti alla conoscenza con il partner, tra cui i periodi di infanzia e adolescenza, poiché già in questi momenti storici possono radicarsi i traumi che generano l’ attuale disfunzione.
A ciò va aggiunta un’analisi approfondita sul vissuto concreto della relazione di coppia, a partire dal rapporto prenuziale, sino al momento successivo alla rottura del coniugio. Per evitare infatti automatismi tra accertamento di una disfunzione psichica e incapacità al bonum coniugum, l’indagine sullo stato di salute della parte dovrà necessariamente calarsi nello specifico ambito della relazione coniugale. Chiaramente, compito del perito è segnalare se la causa della rottura del matrimonio vada effettivamente ravvisata in una problematica già presente all’atto del consenso, atteso il rischio non remoto di confondere il fallimento del matrimonio con la reale incapacità della parte ad assumere e ad attuare i doveri di cui al bonum coniugum.
In linea con l’insegnamento di San Giovanni Paolo II, il Perito, conformemente ai principi della antropologia cristiana, verificherà se alla parte faccia capo quella capacità, almeno minima, a integrarsi con il coniuge[6] e a stabilire con questi un sano rapporto interpersonale, per quanto qui rileva, con riferimento ai contenuti del bonum coniugum[7]. Soltanto tale capacità è infatti correlata all’essenza del matrimonio ed è quindi idonea a influire sulla validità del consenso.
L’incapacità ad assumere i doveri di cui al bonum coniugum, quindi, dovrà eziologicamente ricollegarsi a disfunzioni psichiche antecedenti al matrimonio, tanto gravi da intaccare quella soglia minimale di idoneità del soggetto a intessere un rapporto equilibrato col partner elettivo. Al contrario, gli aspetti personologici che influiscono solo sul perfezionamento della vita coniugale, favorendone o meno la riuscita, non incidono sull’essenza del consortium e quindi non spiegano alcun effetto invalidante sul consenso prestato[8].
Il nucleo comune delle cause di incapacità alla realizzazione del bonum coniugum
Si segnala poi che sono stati individuati, secondo i criteri della psicopatologia cd. classica, una serie di disturbi psichici, potenzialmente idonei a incidere nei termini appena visti sulla capacità del soggetto ad assumere i doveri di cui al bonum coniugum. A titolo meramente esemplificativo, senz’altro non esaustivo, possono annoverarsi i disturbi di personalità, le nevrosi, le psicosi, le dipendenze patologiche, i disturbi del comportamento alimentare[9]. Quanto qui preme evidenziare è il tratto saliente che accomuna ciascuna delle forme incidenti sulla capacità al bonum coniugum.
Indipendentemente dalla classificazione nosografica della problematica psichica, il soggetto incapace non è in grado di attuare quel costante moto nei confronti del coniuge, nel comune obiettivo di cooperare per il reciproco benessere fisico, psichico, materiale e spirituale. La disfunzione personologica, accertabile in sede peritale, impedisce che il soggetto si apra fisiologicamente all’altro; la conseguente incapacità matrimoniale sul piano del bonum coniugum farà sì che la parte non possa transitare dal piano individualistico della esistenza, a quello della relazionalità coniugale, che presuppone la coesistenza con un soggetto riconosciuto di pari dignità e al cui bene auspicabilmente si è sempre protesi[10].
Note
[1] Errázuriz C. J., Il senso e il contenuto essenziale del bonum coniugum, in Ius Ecclesiae, 22 (2003), p. 577.
[2] Benedictus PP. XVI, Allocutio: Ad Romanæ Rotæ Tribunal, 26 ianuarii 2013, in AAS, CV (2013), p. 170.
[3] Cfr. Catozzella F., I presupposti per una adeguata comprensione del bonum coniugum in una recente sentenza rotale, in Ius Ecclesiae, 26 (2014), p. 621.
[4] Cfr. D’Auria A. Il matrimonio nel diritto della Chiesa, Città del Vaticano, 2007, pp. 27-28; cfr. Barbieri C., L’incapacità al bonum coniugum: profili psichiatrici, in Aa.Vv. Il bonum coniugum, Città del Vaticano, 2021, p. 216.
[5] Sul “dialogo” tra Giudice e Perito, cfr. Martín De Agar J. T., Giudice e Perito a colloquio, in Aa.Vv L’incapacità di assumere gli oneri essenziali del matrimonio, Città del Vaticano, 1998, pp. 187-196.
[6] Cfr. Ioannes Paulus PP. II, Allocutio: Ad Tribunal Rotæ Romanæ iudiciali ineunte Anno, 29 ianuarii 2005, in AAS, XCVII (2005), 164-166.
[7] Cfr. Franceschi H., Il contenuto di giustizia del bonum coniugum: riflessioni sul confine tra incapacità e simulazione, con particolare riguardo alla Giurisprudenza coram Caberletti, in Aa.Vv. Iustitia et Sapientia in humiltate. Studi in onore di Mons. Giordano Caberletti, Città del Vaticano, 2023, p. 171.
[8] Ibid.
[9] Per una competa individuazione e analisi dei disturbi incidenti sulla capacità al bonum coniugum cfr. Barbieri C., L’incapacità al bonum coniugum: profili psichiatrici, cit., pp. 219-244.
[10] Cfr. Barbieri C., L’incapacità al bonum coniugum: profili psichiatrici, cit., pp. 243-244.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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