Il matrimonio come patto e sacramento

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Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.

Il can. 1055, posto in apertura del titolo VII del libro IV del Codex Iuris Canonici, esprime una duplice essenza del foedus coniugale, che è contemporaneamente naturale e sacramentale.

Sono le parole del Cristo, riportate nel Vangelo secondo Matteo, nel contesto di una querelle sul ripudio, ammesso dalla legge mosaica, a riconnetterne le proprietà essenziali alla stessa creazione dell’uomo e della donna:

Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio.

È il diritto divino naturale a sancire l’indissolubilità e, ancor prima, l’unità.

Il rilievo del battesimo sul patto matrimoniale

Eppure, fin dall’epoca apostolica, la Chiesa si è interrogata sulla differente capacità dei battezzati e dei non battezzati di contrarre un’unione matrimoniale.

Essendo il battesimo ianua sacramentorum, attraverso cui i fedeli ricevono il perdono dei peccati, sono rigenerati come figli di Dio e incorporati, anche giuridicamente, nella Chiesa, la sua previa amministrazione spiega effetti determinanti sulla disciplina di tutti gli altri sacramenti, matrimonio incluso.

Ne sono prova i seguenti canoni:

can. 1055 §2 CIC – tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento.

can. 1056 CIC – Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento.

Can. 1086 §1 CICÈ invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta, e l’altra non battezzata.

Si delinea, perciò, la fondamentale distinzione tra matrimonio sacramentale e non sacramentale, ratum e non ratum, il primo tra due battezzati, il secondo tra una parte battezzata e un’altra non battezzata o tra due non battezzati.

Come è ben sintetizzato nell’allocuzione di Pio XII agli sposi novelli, del 22 aprile del 1942, il consenso degli sposi cristiani è un “nodo divino”, restaurato, dopo la caduta, al suo originario valore mediante il mistero dell’Incarnazione del Figlio: l’ufficio della natura è così trasnaturato in sacramento e diviene segno dell’unione di Cristo con la Chiesa.

La sacramentalità del matrimonio nella teologia paolina

Nel Nuovo Testamento, la teologia paolina è particolarmente chiara nell’esprimere la sacralità del vincolo coniugale, come si può leggere nella Lettera agli Efesini:

Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso.

L’Apostolo delle genti non si limita a porre come paradigma di retta morale tra coniugi il rapporto di donazione totale del Cristo con la Chiesa, ma giunge a configurarlo come essenza stessa della sacramentalità del patto tra gli sposi.

Ciò è reso dall’ultima parte della pericope, quando San Paolo utilizza il vocabolo greco μυστήριον-mysterium, che, nell’Oriente cristiano è il termine tecnico per indicare appunto i sacramenti.

Inoltre, la teologia paolina non rappresenta un intervento isolato nel panorama biblico, inscrivendosi in un costante topos letterario, che affonda le proprie radici nella letteratura profetica e sapienziale dell’Antico Testamento e che si approfondisce e carica di valenze più propriamente mistico-spirituali nei Vangeli e nell’Apocalisse di San Giovanni.

Queste testimonianze dimostrano che, fin dai primi secoli della Chiesa, il legame matrimoniale assume una connotazione peculiare, non riducibile allo schema giuridico contrattuale, come nel mondo romano, ma configurabile soltanto nell’ordine della Grazia.

L’insegnamento del magistero e di San Tommaso d’Aquino

Il sacramento non è, dunque, un accessorio e neppure un elemento essenziale giustapposto ad altri nella complessiva struttura dell’istituto, ma una “caratterizzazione fondamentale che investe tutto il matrimonio nella sua integrità, immettendovi uno spirito nuovo, conferendo una speciale intensità a tutti gli elementi essenziali che lo contraddistinguono” e sublimando i reciproci impegni di fedeltà al livello sovrannaturale, oltre ogni debolezza umana, come insegna Gaudium et Spes, 48:

Per la sua stessa natura l’istituto del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l’uomo e la donna, che per l’alleanza coniugale « non sono più due, ma una sola carne » (Mt 19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l’intima unione delle persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono.

Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità.

Accanto a questa complessa realtà, che trova la sua fonte e il suo fine nell’opera salvifica di Cristo, si colloca il matrimonio naturale, che esprimerà un legame semipieno, secondo quanto è affermato dall’Aquinate nella Summa Theologiae:

Matrimonium non tantum est institutum in sacramentum, sed in officium naturae […] Et tamen etiam matrimonium tale est in aliquo modo sacramentum abitualiter: quamvis non actualiter, eo quod actu non contrahunt in fide Ecclesiae.

È, infatti, la sacramentalità attuale del matrimonio tra battezzati a determinarne l’indissolubilità assoluta, intrinseca – in virtù della quale non è ammesso un mutuo dissenso degli sposi in ordine al patto matrimoniale concluso – ed estrinseca – per cui nessuna potestas umana, sia civile che ministeriale, può dissolvere un matrimonio rato e consumato.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Andrea Micciché

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