L’otto per mille, origine e funzionamento

IRPEF
Giotto, San Francesco predica agli uccelli, basilica superiore di Assisi, 1290-1295 circa

 

L’Origine

In passato la Chiesa provvedeva al sostentamento del clero attraverso il sistema beneficiale, ovvero un regime di benefici annessi ai singoli uffici ecclesiastici. Dall’insieme dei beni i titolari degli uffici traevano i mezzi necessari per il loro sostentamento. Naturalmente il reddito beneficiale variava a seconda della grandezza delle diocesi e dunque in alcuni casi, in cui i chierici non riuscivano ad ottenere un giusto sostentamento tramite i soli mezzi beneficiali, interveniva lo Stato con i supplementi di congrua. Essi erano delle integrazioni mirate a garantire un minimo dignitoso per il sostentamento di tutti. Si può osservare come già in tempi passati si era formato un sistema di collaborazione tra lo Stato e la Chiesa che è stato portato avanti anche in tempi moderni.

Il meccanismo della Congrua è stato portato avanti anche all’interno dei Patti Lateranensi del 1929 che andavano a disciplinare i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica. Si dovette attendere l’anno 1984, più precisamente il 18 febbraio, giorno di sottoscrizione dell’Accordo di Villa Madama tra la Repubblica italiana, rappresentata dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi, e la Santa Sede, rappresentata dal Segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli, per un nuovo sistema di sostentamento del clero. In tale accordo era stato delineato in modo chiaro in che modo dovesse avvenire da quel momento in avanti il sostegno dello Stato nei confronti della Chiesa, ovvero un sistema basato sulla devoluzione da parte dello Stato di una frazione del gettito totale IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) alla Chiesa cattolica, alle altre confessioni religiose che hanno un’intesa con lo Stato italiano, oppure allo Stato stesso, in base ad un scelta espressa dal cittadino nella dichiarazione dei redditi.

Il fondamento giuridico

E’ stata data attuazione all’accordo di Villa Madama del 1984, mettendo in pratica la quota di imposta sui redditi soggetti irpef attraverso gli articoli 47, 48 e 49 della legge n.222 del 20 maggio 1985 in materia di “Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”.

L’articolo 47 stabilisce gli ambiti di destinazione della frazione del gettito IRPEF, ovvero viene chiaramente definito che esso deve “essere impiegato per scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa Cattolica. Le destinazioni di cui al comma precedente vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”.

All’interno dell’articolo 48 si trova un ulteriore specificazione dei fini per i quali l’otto per mille deve essere utilizzato. Da parte dello Stato “per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali”; da parte della Chiesa cattolica “per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo”.

Infine, nell’articolo 49 si stabilisce che: “Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall’autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell’importo deducibile di cui all’articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all’articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche”.

Oltre all’accordo di Villa Madama del 1984 e alla legge n.222 del 1985 che fanno espresso riferimento alla Chiesa Cattolica, dobbiamo osservare anche le Intese che lo Stato italiano ha concluso nel corso degli anni con le confessioni religiose diverse da quella cattolica. L’articolo 8 della Costituzione italiana che afferma che tutte le Confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge e che hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. Tale articolo stabilisce inoltre che i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Al momento sono dodici le confessioni religiose che hanno sottoscritto un’intesa con lo Stato italiano.

Calcolo dell’otto per mille

Ogni cittadino contribuente, quando fa la dichiarazione dei redditi, ha il diritto di decidere a quale dei tredici beneficiari destinare la sua frazione di otto per mille, apponendo la sua firma nella casella dedicata all’istituzione prescelta. Il cittadino può tuttavia unicamente scegliere il beneficiario e non anche il fine per il quale la propria quota verrà impegnata. Da parte dello Stato invece vi deve essere la determinazione delle entrate IRPEF, dell’otto per mille, la conta del numero di firme e infine la distribuzione dell’accantonamento del gettito tra i vari enti. Il contribuente tuttavia può anche decidere di non esercitare questa opzione di destinazione dell’otto per mille. In tal caso anche l’otto per mille dell’IRPEF dei soggetti che non hanno sfruttato l’opzione di scelta, oppure non sono esonerati dalla dichiarazione dei redditi, verrà distribuita tra i soggetti beneficiari in base alla percentuale delle scelte compiute dagli altri contribuenti.

Soggetti beneficiari dell’accantonamento IRPEF e le loro finalità

  1. Lo Stato: Come stabilito dall’art. 48 della legge 222/85 lo Stato in quanto beneficiario dell’accantonamento del gettito ha tre specifiche finalità per il suo impiego: interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati; conservazione di beni culturali; ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica.
  2. La Chiesa cattolica: Anche per essa vengono stabiliti nello stesso articolo sopra nominato le diverse finalità di impiego di questa imposta, tra cui: esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.
  3. Assemblee di Dio: confessione religiosa che destina i suoi fondi esclusivamente a interventi sociali ed umanitari anche a favore dei Paesi del terzo mondo.
  4. Unione Chiese Cristiane Avventiste del settimo giorno: ha l’obbligo di utilizzare le somme a lei destinate per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all’estero, sia direttamente sia attraverso un ente costituito ad hoc.
  5. Chiesa Evangelica Valdese: Le somme ottenute da questa comunità religiosa devono essere impiegate per scopi di carattere sociale, assistenziale, umanitario o culturale, sia a diretta gestione della Chiesa Evangelica Valdese, attraverso gli enti aventi parte nell’ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazione e internazionale. Tali somme non devono dunque essere impiegate per fini di culto, per il mantenimento dei pastori e delle attività cultuali della chiesa.
  6. Chiesa Evangelica Luterana: la somma è destinata per legge al sostentamento dei ministri di culto, a specifiche esigenze di culto e di evangelizzazione e a interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all’estero, da condursi direttamente o attraverso le Comunità ad essa collegate, in base alla legge 520/1995, artt. 26 e 27.
  7. Unione Comunità Ebraiche italiane: i fondi ottenuti sono destinati alla tutela degli interessi religiosi degli Ebrei in Italia, alla promozione e conservazione delle tradizioni e dei beni culturali ebraici, con particolare riguardo alle attività culturali, alla salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale, nonché ad interventi sociali ed umanitari volti in special modo alla tutela delle minoranze contro il razzismo e l’antisemitismo.
  8. Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa meridionale: utilizza le somme a lei destinate per il mantenimento dei ministri di culto, per la realizzazione e manutenzione degli edifici di culto e di monasteri, per scopi filantropici, assistenziali, scientifici e culturali, che sono da realizzare anche in paesi esteri.
  9. Chiesa Apostolica in Italia: impiega l’accantonamento dell’IRPEF a lei destinato per interventi sociali, culturali ed umanitari, anche a favore di altri Paesi esteri.
  10. Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia: per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all’estero.
  11. Unione Buddhista Italiana: Per interventi culturali, sociali ed umanitari anche a favore di altri paesi, nonché assistenziali e di sostegno al culto.
  12. Unione Induista Italiana: Per sostentamento dei ministri di culto, esigenze di culto e attività di religione o di culto, nonché interventi culturali, sociali, umanitari ed assistenziali eventualmente pure a favore di altri paesi.
  13. Istituto Buddista italiano Sola Gakkai: Per la realizzazione delle finalità istituzionali dell’Istituto e delle attività indicate all’articolo 12, comma 1, lettera a) della legge 28 giugno 2016 n.130 nonché ad interventi sociali e umanitari in Italia e all’estero, ad iniziative per la promozione della pace, del rispetto e difesa della vita in tutte le forme esistenti e per la difesa dell’ambiente.

Per concludere

Bisogna precisare che per quanto riguarda le intese con gli avventisti e con le ADI, negli articoli 30 e 21 si stabilisce che tali confessioni si sostengono grazie alle offerte volontarie dei fedeli, che vanno ad essere impiegate per il sostentamento dei ministri di culto, di missionari e per specifiche esigenze di culto ed evangelizzazione. Una detrazione dall’imponibile IRPEF la troviamo anche nell’intesa con gli ebrei. Tuttavia essa varia leggermente dai casi sovra citati dato che si basa su un contributo obbligatorio che gli iscritti alle singole comunità ebraiche sono obbligati a pagare. Essi, in quanto membri di queste comunità, sono tenuti al versamento di un contributo in ragione della propria capacità contributiva.

Si può notare come sussista una differenza nel trattamento tributario e una possibilità di detrazione riservata specificamente agli ebrei. Tale differenziazione trova la sua giustificazione nel fatto che le Comunità israelitiche non si limitano a soddisfare le esigenze di culto dei propri aderenti, bensì svolgono un ruolo fondamentale in settori come l’assistenza e l’istruzione, punti chiave per la valorizzazione dell’identità etnico-culturale ebraica, come riconferma anche l’articolo 29 della stessa intesa. Per la confessione ebraica non è dunque prevista la ripartizione della quota pari all’otto per mille del gettito annuale IRPEF, dato che non avrebbe alcun senso per una confessione che si basa non su erogazioni liberali, bensì su contributi posti per legge (lo Statuto) a carico degli appartenenti alle comunità.

Fonti

  1. STUDI GIURIDICI XXVIII, Il sostentamento del clero. Nella legislazione canonica concordataria italiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1993, pp. 21-29.
  2. Legge n.222 del 20 maggio 1985, in https://presidenza.governo.it/USRI/ufficio_studi/normativa/L.222_20.5.1985.pdf
  3. Le intese con le confessioni religiose, in https://presidenza.governo.it/USRI/confessioni/intese_indice.html
  4. Accordo tra l’Italia e la Santa Sede e le successive Intese di attuazione, in https://presidenza.governo.it/USRI/confessioni/accordo_indice.html
  5. Otto per mille su Agenzia delle entrate, in https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/scelte-8-5-e-2-per-mille-irpef-2022/8-per-mille-cittadini
  6. V. PARLATO, Le intese con le confessioni acattoliche, I contenuti, G. Giappichelli editore, Torino, 1996, seconda edizione, pp. 103-114.
  7. G. FUBINI, Prime considerazioni sull’intesa ebraica, in Il diritto ecclesiastico, I, 1988, p. 134.
  8. R. BOTTA, L’intesa con gli israeliti, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 1987, p. 114.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

  

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Chiara Gaspari

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