Il ministero laicale di Catechista in “Antiquum ministerium” di Papa Francesco

Catechista ministero laicale

L’istituzione del ministero di Catechista

Con lettera apostolica in forma di Motu Proprio Antiquum ministerium del 10 maggio 2021 Papa Francesco ha instituito il ministero laicale di Catechista.

Con questo atto Papa Francesco rende il servizio del Catechista un servizio “stabile” alla Chiesa locale “secondo le esigenze pastorali individuate dall’Ordinario del luogo”, ma senza che ciò faccia perdere al servizio la propria indole: il ministero conserva tutta la sua natura laicale e va reso necessariamente in una dimensione ecclesiale, senza cadere nel clericalismo.

Il Catechista non è più semplicemente un soggetto che svolge un incarico per conto e su mandato di un ministro ordinato, ma è titolare di un ministero in forza del sacerdozio comune che deriva dai sacramenti dell’iniziazione cristiana, e partecipa, pertanto, al munus docendi in virtù di una vocazione specifica che Papa Francesco identifica nella custodia della “memoria di Dio” e nella comunicazione della “verità della fede”.

Nella valorizzazione del sacerdozio comune di tutti i fedeli e nell’avvertimento a non confondere l’ecclesialità del servizio con la sua clericalizzazione, si avverte una netta continuità anche con il magistero di San Giovanni Paolo II che, nella Esortazione Apostolica Christifideles laici del 30 dicembre 1988  scriveva che bisogna essere attenti a non fare confusione

tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale…”, interpretando arbitrariamente il concetto di «supplenza», «clericalizzando» e rischiando così “di creare di fatto una struttura ecclesiale di servizio parallela a quella fondata sul sacramento dell’Ordine” (n. 23).

Si passa dal “fare” il Catechista all’“essere” Catechista; e ciò non solamente a servizio di un gruppo di persone temporaneamente affidate, quanto piuttosto in modo stabile al servizio dell’intera Chiesa locale.

Il Sommo Pontefice istituzionalizza e chiarisce i tratti di un ministero laicale di fatto, definito come “antiquum” proprio perché radicato nella Scrittura nella Tradizione.

Così Papa Francesco apre il “Motu Proprio”:

Il ministero di Catechista nella Chiesa è molto antico. È pensiero comune tra i teologi che i primi esempi si ritrovino già negli scritti del Nuovo Testamento. Il servizio dell’insegnamento trova la sua prima forma germinale nei “maestri” a cui l’Apostolo fa menzione scrivendo alla comunità di Corinto” (n. 1).

La ministerialità laicale nel Concilio Vaticano II e nel dibattito post-conciliare

Il Concilio Vaticano II costituisce una tappa storica nella comprensione del laicato.

La Chiesa è il popolo regale, sacerdotale e profetico di Dio, al quale è affidata la missione di Cristo.

Questa missione è una missione nel mondo per la salvezza di tutti; la sua finalità è che “tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo” (LG 1).

La missione del Cristo, da lui affidata alla Chiesa intera, non è mai esclusiva soltanto dei chierici e i laici non sono solo i destinatari dei servizi pastorali.

Al contrario, la Chiesa si comprende al servizio della missione comune come l’unico popolo di Dio che esiste nei suoi tre stati, ma le cui membra beneficiano della stessa dignità in quanto battezzati (cf. LG 32).

La Costituzione sulla Chiesa definisce infatti così il termine di “laico”:

Col nome di laici si intende qui l’insieme dei cristiani ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso proprio della Chiesa; i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro specificità, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano” (LG 31, 1).

Ecco allora che, nella visione di una chiesa tutta ministeriale si comprende l’importanza del coinvolgimento dell’intera comunità cristiana nella ricerca, nella scelta, nella partecipazione al servizio che alcuni compiono a nome di tutti e in comunione con tutti.

L’intervento di Papa Francesco si pone perfettamente in linea con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II che rimise al centro il ruolo dei laici e della loro ministerialità, proponendo una visione ministeriale della Chiesa, fondata sul dato biblico.

Nel fermento post-conciliare, il Vescovo Luca Brandolini fu tra i primi studiosi italiani a riaccendere già negli anni settanta la discussione sulla ministerialità laicale e sull’importanza della stessa per una corretta e globale comprensione della missione salvifica della Chiesa (il suo contributo “Ministeri e Servizi nella Chiesa di oggi” costituisce, ancora oggi, un importante riferimento sulla tematica della ministerialità e del ruolo del laicato).

Luca Brandolini parte della premessa che “la Chiesa è la comunione di tutti i credenti nello stesso Spirito: comunione gerarchica, ma anche organica, che si esprime in una ‘corresponsabilità differenziata’, sempre in forza dello stesso Spirito, unico e multiforme nei suoi doni”, per arrivare ad affermare che “I ministeri sono servizi della Chiesa e che si compiono nella Chiesa; sono quindi squisitamente ecclesiali nella loro origine, nel loro contenuto e nella loro destinazione. Non si tratta di prestazioni personalistiche, affidate alla buona volontà dei singoli e tanto meno soggette all’arbitrio personale, ad una inventività incontrollata e ad una visione individualistica della missione cristiana nel mondo”.

In questa impostazione sul concetto di ministero riecheggiano le parole di San Paolo VI che nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (n. 60) parlando di evangelizzazione, chiarisce come “evangelizzare non è mai per nessun motivo un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale” e che “se ciascuno evangelizza in nome della Chiesa, la quale a sua volta lo fa in virtù di un mandato del Signore, nessun evangelizzatore è padrone assoluto della propria azione evangelizzatrice”.

Dette riflessioni si presentano ancora valide per la Chiesa di oggi, chiamata a riscoprire come l’esercizio del ministero laicale debba caratterizzarsi per una chiara ecclesialità di fine e di contenuto, seguendo così l’insegnamento di San Paolo: “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo” (Ef, 4, 11-12).

Se il ministero laicale non ha Cristo come contenuto e come fine, non è quindi un ministero veramente ecclesiale.

Identità, funzione e requisiti del Catechista alla luce del “Motu Proprio” Antiquum ministerium

Con il “Motu Proprio” Papa Francesco, nel parlarci del Catechista, prende le mosse non da ciò che il catechista è, quanto piuttosto da ciò che il catechista è chiamato a fare, quasi a sottolineare che ciò che il Catechista è nella Chiesa coincide con ciò che il Catechista fa a servizio della Chiesa.

Il Catechista, infatti, è chiamato in primo luogo a esprimere la sua competenza nel servizio pastorale della trasmissione della fede che si sviluppa nelle sue diverse tappe: dal primo annuncio che introduce al kerygma, all’istruzione che rende consapevoli della vita nuova in Cristo e prepara in particolare ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, fino alla formazione permanente che consente ad ogni battezzato di essere sempre pronto «a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza» (1 Pt 3,15)” (n. 6).

Il Catechista, nello svolgimento del proprio ministero, è testimone della fede, maestro e mistagogo, accompagnatore e pedagogo che istruisce a nome della Chiesa. È una identità, quella del Catechista, che comprende diverse competenze e che è in primo luogo possibile solo nella relazione con Dio, nello studio e nella vita comunitaria.

Una chiesa tutta ministeriale

La visione della Chiesa come mistero di comunione e una più avvertita considerazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo hanno contribuito a meglio porre in luce il ruolo del laicato nella Comunità ecclesiale.

Negli ultimi anni i laici hanno assunto più chiara consapevolezza della loro vocazione, che si esprime in una pluralità di compiti e di servizi per l’edificazione dell’intero popolo cristiano.

La partecipazione dei laici alla missione della Chiesa si fonda sulla loro partecipazione, grazie al battesimo e alla cresima, alla triplice funzione di Cristo, pastore, sacerdote e profeta.

Nella Costituzione sulla Chiesa, il Concilio spiega che i laici partecipano alla triplice funzione di Cristo “a loro modo” (LG 31). La partecipazione differenziata deve essere concretamente capita nel senso che tutti i cristiani partecipano alla funzione profetica del Cristo; tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo là dove si trovano.

Come osservava San Giovanni Paolo II,

La missione salvifica della Chiesa nel mondo è attuata non solo dai ministri in virtù del sacramento dell’Ordine ma anche da tutti i fedeli laici: questi, infatti, in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonché, per molti di loro, nel Matrimonio” (Esortazione Apostolica Christifideles laici, n. 23)

Ministeri ordinati e ministeri non ordinati (o laicali)

Per comprendere a pieno l’innovazione apportata da Papa Francesco al tema della ministerialità locale, ed anche al fine di una giusta collocazione sistematica del ministero di Catechista, occorre effettuare una preliminare distinzione tra i ministeri ordinati e non ordinati.

I ministeri ordinati sono quelli che derivano e si fondano sul sacramento dell’Ordine: sono l’episcopato, il presbiterato e il diaconato. Si tratta di ministeri tramandati dagli Apostoli e dai loro successori e vanno a costituire la gerarchia ecclesiale.

Dai ministeri ordinati si distinguono i ministeri non ordinati, che non sono radicati nel sacramento dell’Ordine ma nei sacramenti dell’iniziazione cristiana (in particolare il battesimo e la cresima) e che, proprio in ragione di ciò, vengono definiti anche “ministeri laicali”, perché affidati a fedeli laici e da loro esercitati per l’edificazione della Chiesa.

Tra i ministeri non ordinati (o laicali) si distinguono ulteriormente i “ministeri di fatto” – esercitati da cristiani che, senza una esplicita investitura della Chiesa, sono impegnati nell’animazione dell’ordine temporale e nella missione ecclesiale – dai “ministeri istituiti”, corrispondenti a quei servizi ecclesiali che la Chiesa riconosce ufficialmente e conferisce, con un apposito rito liturgico, sulla base delle attitudini che i fedeli hanno, in forza del battesimo, a farsi carico di speciali compiti e mansioni della comunità.

San Paolo VI, con il motu proprio Ministeria quaedam del 15.8.1972 ha istituito due ministeri laicali, il Lettorato (come ministero della Parola) e l’Accolitato (come ministero dell’Eucarestia e della carità), che costituivano pertanto gli unici due ministeri laicali istituiti (è peraltro solo del 10.1.2021 il motu proprio Spiritus Domini con il quale Papa Francesco, modificando il can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico, ha consentito l’accesso anche alle persone di sesso femminile ai ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato).

Con il motu proprio Antiquum ministerium Papa Francesco aggiunge un terzo ministero istituito, quello appunto del Catechista, a distanza di 49 anni da quando San Paolo VI, nel richiamato motu proprio Ministeria  quaedam, auspicava già l’istituzione di questo nuovo ministero.

In tal modo il Catechista, sino ad ora rientrante, al più, tra i “ministeri di fatto”, entra a far parte a tutti gli effetti all’interno dei ministeri istituiti, così ufficializzandosi un servizio che non riveste più il carattere della straordinarietà o occasionalità.

Con Papa Francesco il Catechista diviene ufficialmente espressione della comunione e della missione della Chiesa, appartenente alla sua normale struttura e alla ordinarietà.

Il “Motu Proprio” Antiquum ministerium in relazione al Codice di Diritto Canonico

Il Motu Proprio di Papa Francesco non introduce alcuna formale modifica al Codice di Diritto Canonico.

È, però, indubitabile che l’istituzione di questo nuovo ministero laicale porterà ad una rinnovata interpretazione di alcuni canoni, soprattutto se si tiene conto che quello del Catechista è il primo ministero laicale istituito relativo alla funzione di insegnare della Chiesa.

Gli unici canoni citati dal Motu Proprio sono innanzitutto il can. 774 §2 CIC (e quello speculare contenuto nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 618 CCEO) nonché il can. 774 §1 CIC (e lo speculare can. 617 CCEO) e ciò innanzitutto per ricordare che, al di là di una ufficiale istituzione, la sollecitudine della catechesi, sotto la guida della legittima autorità ecclesiastica, riguarda tutti i membri della Chiesa (non solo i Catechisti istituiti) e, primi fra tutti, i genitori che, secondo il diritto canonico, hanno un vero e proprio “obbligo” giuridico di formare i figli nella fede e nella pratica della vita cristiana, con le parole e l’esempio.

Papa Francesco, citando inoltre il can. 225 (cann. 401 e 406 CCEO), vuole sottolineare che l’impegno per l’annuncio divino della salvezza costituisce un vero e proprio diritto per il fedele laico, che viene in un certo qual modo riconosciuto e garantito con questo Motu Proprio nel quale si legge che “è necessario riconoscere la presenza di laici e laiche che in forza del proprio battesimo si sentono chiamati a collaborare nel servizio della catechesi”.

L’ulteriore e ultimo richiamo normativo è contenuto al n. 8 del Motu Proprio (can. 231 §1; can. 409 §1 CCEO), laddove il Pontefice richiama l’obbligo, per i laici designati ad un particolare servizio per la Chiesta, di acquisire una adeguata formazione.

Va infine sottolineato che la disciplina sulla istruzione catechetica (cann. 773-780) appare perfettamente coerente con l’istituzione del ministero laicale di Catechista, ed anzi fornisce una adeguata chiave di lettura di questo nuovo ministerium, laddove si fa riferimento alla “collaborazione” dei fedeli laici nella formazione catechistica di adulti, giovani e fanciulli (can. 776) e si parla del catechismo come di un “incarico” (can. 780), senza il quale non potrebbe comunque esserci alcun ministero.

Si tratta comunque di questioni che dovranno sicuramente essere oggetto di uno studio più approfondito.

Ulteriori profili canonistici dei ministeri laicali. Il Catechista tra munus, ministerium e officium.

Prima di questo “Motu Proprio” che lo ha istituito come ministerium, il Catechista rientrava tra i numerosi servizi offerti dai laici all’interno di una comunità, ed era pertanto riconducibile al concetto canonico di munus, tradizionalmente definito con il triplice significato di dono, compito e missione.

Per comprendere questo cambiamento, occorre premettere che, dal punto dell’ordinamento canonico, vi è una distinzione tra i concetti di munus (incarico, funzione, compito), officium ecclesiasticum (ufficio ecclesiastico) e ministerium (ministero), e che ciascun servizio prestato da un laico all’interno della Chiesa può essere ricondotto in uno di questi tre concetti.

In sintesi, un laico può assolvere un determinato incarico, assumere un determinato ufficio ecclesiastico ovvero compiere uno dei ministeri istituiti.

Alla base di tutto vi è comunque un munus e, andando più in radice, il munus battesimale, che fonda e struttura la comunione ecclesiale, secondo il can. 204 §1 CIC:

i fedeli di Cristo sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio della funzione (munus) sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo”.

Dal punto di vista canonico, pertanto, ciò che contraddistingue un fedele è la partecipazione alla vita divina, al munus stesso di Cristo e alla missione della Chiesa; e alla base, all’origine dei munera fidelium non c’è l’autorità ecclesiastica che conferisce una funzione, ma lo Spirito Santo, definito da Sant’Agostino come il Ditator fidelium, colui cioè che arricchisce i fedeli.

Va però tenuto distinto un semplice servizio svolto a favore della Chiesa da un ministero.

Chi compie un ministero istituito rappresenta in modo stabile la Chiesa e deve quindi portare avanti una formazione necessaria e adeguata per l’esercizio del ministero assunto e vivere in comunione con la Chiesa stessa, come chiaramente precisato anche da Papa Francesco nell’istituzione del ministero di Catechista.

Come detto, inoltre, un laico potrebbe anche assumere un officium ecclesiasticum, la cui disciplina è contenuta nel Titolo IX, Libro I del Codice di Diritto Canonico e che, sintetizzando, può essere definito come un incarico con servizi ben precisi, di natura ecclesiale, con finalità spirituale, oggettivamente definiti e organicamente armonizzati con l’ordinamento della Chiesa universale e della Chiesa particolare, e formalmente istituiti dalla competente autorità.

Un laico potrà quindi essere nominato, ad esempio, giudice, promotore di giustizia, difensore del vincolo, uditore, notaio, cancelliere della curia diocesana o economo diocesano.

Ciò premesso, può certamente concludersi che il ministerium laicale di Catechista, che pure presuppone un munus legato alla funzione di insegnare della Chiesa, non può essere ricompreso in un officium ecclesiasticum.

Il Catechista infatti, pur agendo per un “fine spirituale” (cfr. can. 145 § 1 CIC), non ottiene la provvisione canonica.

Non è presente, in altre parole, l’atto giuridico posto in essere dall’autorità competente per dare in amministrazione un ufficio ecclesiastico, come espressamente previsto dal codice di diritto canonico come requisito per il valido conferimento dell’ufficio stesso (cfr. can. 146-156 CIC).

Modello evangelico e idoneità al ministero mediante il dono di Dio

Va, in conclusione, ricordato che il modello che deve ispirare ogni ministero nella Chiesa è, in ogni caso, il modello evangelico: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27), dice il Signore.

Da questa lezione la ministerialità della Chiesa deve rinnovarsi continuamente, in modo che ciascuno possa vivere in autenticità di fede e di servizio il ruolo che, in forza dell’iniziazione cristiana e dei doni dello Spirito, è chiamato a svolgere. “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello spirito per il bene comune” (1 Cor 12, 7).

È il dono di Dio e l’azione dello Spirito Santo, vocazione e carisma, in definitiva, che rendono idonei al ministero, come afferma espressamente San Paolo nella Seconda lettera ai Corinzi: “la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza”.

L’idoneità al ministero conferita mediante il dono di Dio fonda la rilettura teologica del concetto di ministerium in termini di abilitazione al servizio, sia in chiave sacramentale che giuridica.

Riferimenti bibliografici

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“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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