La Didascalia Apostolorum, frontespizio in siriaco
Una fonte del diritto canonico antico
La nostra riflessione sulle prime fonti delle comunità cristiane si affaccia, in questa nostra nuova riflessione, sulla Didascalia Apostolorum. Da un punto di vista cronologico, è considerata la terza opera fondamentale dopo la Didachè e la Traditio Apostolica (Cfr. Péter Erdö. “Storia delle fonti del Diritto Canonico”).
Scritta in Siria verso il 230, la Didascalia è un’opera di genere canonico-liturgico che raccoglie diverse indicazioni destinate a una comunità mista composta da uomini, donne, bambini, vescovi, diaconi, laici, vedove, orfani e forestieri.
Il testo, ora conservata in traduzioni siriache e in parte in latino, fu scritto in greco da un vescovo che chiaramente aveva una certa esperienza nell’arte medica:
«Pertanto, come un medico compassionevole, guarisci tutti quelli che peccano. E distribuisci con abilità, e offri la guarigione come rimedio delle loro vite. E non essere pronto a eliminare i membri della chiesa, ma usa la parola delle fasce e le ammonizioni delle fomentazioni e gli impacchi dell’intercessione. Ma se l’ulcera va in profondità e diminuisce la sua carne, nutrila e contrasta l’azione con una medicina curativa. E se ci fosse sporcizia all’interno, puliscila con una medicina amara, cioè con una parola di rimprovero. Ma se la carne fosse troppo gonfia, riducila e contrasta l’azione con una medicina forte, cioè con la minaccia di un giudizio. Ma se ci fosse la cancrena, cauterizza con marchi di ferro, cioè con incisioni di un severo digiuno, taglia via e sgombra la sporcizia dell’ulcera. […]» (cap. X).
Struttura della Didascalia Apostolorum
L’opera si divide in un proemio e 26 capitoli anche se, curiosamente, il testo parla di 27 capitoli.
Il proemio ci dà alcune importanti informazioni: in primo luogo, riguardo al fatto che la Didascalia è stata composta dopo che Paolo, Giacomo e altri apostoli si sono riuniti a Gerusalemme decidendo di scrivere una serie di norme comunitarie e di fede (la Didascalia appunto).
In secondo luogo, ci viene chiarificato che la Didascalia è il risultato di questa riunione e che, della diffusione del documento finale di questo incontro, è incaricato Clemente “nostro compagno” e gli insegnamenti sono rivolti ai “cristiani nazorei (nazareni) che siete sotto al sole”.
“Quello che voi ascolterete” (Proemio) è quello che dovrà essere imparato con cura; la precisazione sembra intendere che le comunità leggessero pubblicamente questi testi, con relativa ricompensa di vita eterna per chi li accogliesse o allontanamento per chi invece facesse resistenza.
I fedeli, “piantagione di Dio e vigna santa”
Il primo capitolo si rivolge ai fedeli: “piantagione di Dio e vigna santa”, l’esortazione è di obbedire a Dio. Dopo questo ordine si presentano tutta una serie di raccomandazioni: fuggire e astenersi da ogni fraudolenza e immoralità, non bramare le cose di un altro uomo, non desiderare la moglie di un altro, né il suo domestico o la sua domestica, perché chi desidera è già condannato come ladro o adultero.
La didascalia chiama in causa anche il Vangelo, in cui si dice non più solo “non commettere adulterio”, ma “chi guarderà la moglie del suo vicino per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” perché Gesù Cristo è venuto a rinnovare, confermare e portare a compimento il Decalogo.
L’obbedienza a Dio ammette una sola legge, semplice, vera e amabile: “Qualsiasi cosa odi che ti sia fatta da uno, tu non farla agli altri”. Il testo passa quindi agli esempi: se tu non vuoi che tua moglie venga guardata anche tu non guardare quella di un altro.
Tre tematiche della Didascalia: vescovi, vedove e digiuno
La Didascalia è ricca di contenuti che meriterebbero di essere esposti tutti singolarmente, ma per una più facile lettura, ci limiteremo a toccare solo tre temi: i Vescovi, le vedove e il digiuno.
Scorrendo tra i capitoli ci si accorge subito che i vescovi sono continuamente menzionati proprio perché, al tempo della Didascalia, il loro ruolo fondamentale si sta delineando, quale pastore di un gregge in cui sacerdoti e diaconi sono i primi e più stretti collaboratori.
Tra le tante ammonizioni e richiami fatti ai vescovi si trova l’invito fatto ai vescovi a non essere amanti degli guadagni disonesti, preferendo uomini che si lascino imbrogliare. Non devono amare le ricchezze, pensare male di nessuno, essere bugiardi. Non devono essere iracondi, amare lo scontro, il potere, le falsità.
Al contrario, ogni vescovo deve comandare, ammonire e insegnare con saggezza e in modo pragmatico, deve essere imparziale, attento nelle sue valutazioni e sapendo riconoscere chi è malvagio per allontanarlo. Deve essere socievole con tutti, pur mantenendo la sua imparzialità quando chiamato a giudicare.
Altro tema importante per la Chiesa primitiva che inizia a muovere i primi passi, è il ruolo delle vedove.
Come anche nella Traditio Apostolica, la Didascalia si occupa ampiamente delle vedove e a tal proposito, a modo di esempio, riporto un piccolo stralcio in cui leggiamo che «una vedova deve sapere che essa è l’altare di Dio e deve stare costantemente a casa e non girovagare o corra in giro tra le case dei fedeli per ricevere denaro o doni. L’altare di Dio non va in giro, ma è fisso in un posto» (Cap. XV) perché coloro che si comportano così non sono degne di Colui che le ha chiamate e, nella riunione dell’assemblea, la domenica, non sono mai attente: si addormentano o sussurrano, così che a causa loro anche altri sono distratti. Quelle che sono così, «entrano vuote in chiesa ed escono ancora più vuote, perché non ascoltano ciò che viene insegnato o letto» (Cap. XIV).
Ancora un tema importante in questo testo riguarda il digiuno. Il digiuno è certamente esercizio di austerità ma è collegato con la carità.
Il frutto economico della privazione del cibo o di altri beni non deve arricchire colui che digiuna, ma deve servire per aiutare il prossimo bisognoso così come indicato al capitolo V della Didascalia:
«I cristiani devono dare ai poveri quanto, grazie al digiuno, è stato messo da parte» (Cap.V).
È facile vedere, anche in quest’opera, l’interesse delle prime comunità cristiane a formarsi come realtà strutturate, dottrinalmente, liturgicamente, nell’organizzazione ministeriale, nella gestione economica-caritativa e da li a breve anche nello sviluppo edile e nell’arte cristiana.
“Cum charitate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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