Il 27 febbraio 2025 presso la Pontificia Università della Santa Croce si è tenuta la VII giornata interdisciplinare di studio, organizzata dal Centro Studi Giuridici della Facoltà di diritto canonico.
Il discorso è stato avviato dal Rettore della Pontificia Università, il professor Fernando Puig, mediante un riferimento all’atmosfera in cui è costretta a vivere una famiglia oggi: tra pregiudizi, quali quello formulato da Friedrich Nietzsche che “la fedeltà familiare sarebbe come una catena dorata che ci illudiamo di amare, mentre ci tiene prigionieri delle condizioni sociali”, e congetture, simili a quella sviluppata da Jean Bronsart che riteneva il matrimonio “essenzialmente limitante per la libertà individuale. I legami convenzionali sono forme di malafede”.
Dopo aver illustrato questo quadro generale, piuttosto cupo e privo di speranza, il prof. Franceschi sottolineò l’irriducibilitá della fedeltà ad una convenzione sociale o ad una forma di oppressione e la sfida che si presenta a noi oggi nel battere tali concezioni. Con tale obiettivo ci si è avviati all’apertura di un intenso e proficuo scambio di idee in materia.
La fedeltà come atto d’amore
La prima a prendere la parola fu la professoressa Inés Lloréns, membro del Centro Studi Giuridici e professoressa della facoltà di diritto canonico. Essa approfondì innanzitutto lo scopo che si era prefissato il Centro di Studi con questa giornata, ovvero quello di proporre una nuova sensibilità giuridica circa il valore aggiunto che la famiglia e il matrimonio possono offrire alla Chiesa.
La famiglia è sempre stata infatti e sempre sarà, parte centrale del disegno di Dio. Nella nostra cultura occidentale il valore per eccellenza è la libertà. Vogliamo essere liberi in generale, ed essere liberi di amare in particolare. Un pensiero sbagliato che si sarebbe sviluppato in contemporanea al valore di libertà, sarebbe il connotato negativo attribuito alla fedeltà. Essa viene giudicata come un obbligo imposto dall’esterno, invece che essere compresa per quello che è in realtà, ovvero qualcosa di proprio e naturale, che si sviluppa parallelamente alla nostra esigenza di amore.
La fedeltà è dunque un legame che nasce da un atto d’amore e di libertà, è una promessa d’impegno che nasce in un momento determinato. Il cammino che si deve affrontare non sarà sempre semplice, si incontreranno degli ostacoli, ma è proprio questa la peculiarità e la bellezza: un uomo e una donna che decidono di superare insieme queste difficoltà. La bellezza della realtà coniugale e la verità attraggono per loro stesse, ergo anche la fedeltà.
Fondamenti biblici della fedeltà coniugale
Il secondo relatore, il professor Giuseppe De Virgilio, trattò la tematica dei fondamenti biblici della fedeltà coniugale. Il filo logico del suo discorso si snoda attraverso tre semplici parole, fede, fiducia e fedeltà, ed il loro significato nella Bibbia.
Nella Bibbia il soggetto della fede è sempre Dio. Egli è colui che è fedele per eccellenza e per sempre. Dio non viene mai meno alla sua fedeltà. La fedeltà matrimoniale non sarebbe pertanto una scelta che fa l’uomo, bensì una risposta vocazionale alla fedeltà di Dio. “Siamo fedeli perché lui per primo è stato fedele con noi” dice il professor De Virgilio, e prosegue poi affermando che “la fedeltà è una sfida che noi abbiamo davanti. La sfida della fede.”
Per illuminare sul significato di tali affermazioni vennero forniti vari esempi, dell’Antico (la fedeltà di Abramo, la fedeltà all’alleanza) e del Nuovo Testamento (nei Vangeli viene descritta la fedeltà di Maria, di Giuseppe suo sposo, la fedeltà di Giovanni Battista al progetto di Dio). Siamo fedeli perché rispondiamo alla fedeltà di Dio. Ed in base a questa affermazione dove si collocano precisamente la realtà del matrimonio e della famiglia? Essi vengono posti nel progetto vocazionale di Dio, ovvero vengono intesi come vocazione. Facendo ciò la vita matrimoniale si inserisce in uno specifico progetto divino.
Si giunge pertanto alla conclusione che la fedeltà non sia imposta estrinsecamente, bensì parte di un progetto vocazionale sviluppato da Dio. La fedeltà coniugale farebbe parte del dinamismo responsoriale che diventa dinamismo fiduciale.
Le ferite della fedeltà coniugale, da un punto di vista psichiatrico
Dopo aver appurato quanto precede, si è passati alla trattazione dell’argomento da un punto di vista psichiatrico, ovvero come comportarsi dopo che è stata infranta la promessa di fedeltà realizzata durante il matrimonio e come procedere da quel momento in avanti.
La Dottoressa Mariolina Ceriotti Migliarese ha spiegato i passi necessari da percorrere per poter giungere ad un eventuale guarigione della coppia. Fondamentale per questo percorso è la disponibilità al cambiamento nei coniugi e l’umiltà nell’accettare i consigli di un terzo. Innanzitutto, bisogna riconoscere che il tradimento è un fatto ingiusto e la parte che ha subito l’ingiustizia necessita che ciò si riconosca.
Dopo aver affrontato il vulnus relazionale i coniugi vengono incoraggiati a parlare del loro primo incontro, del momento in cui si sono innamorati. Da lì in poi insieme all’esperta si procede ad individuare quando e per quale motivo è avvenuta la rottura della relazione e del rapporto di fiducia. Ciò che è bene tenere a mente è che in ogni caso, anche alla fine del percorso intrapreso, nulla potrà tornare come era prima del tradimento.
La fiducia, elemento fondante del matrimonio, si è spezzata ed il matrimonio di conseguenza è finito, perché tradendo la fiducia della promessa non è più aggiustabile. Quello che si può provare a fare è fondare un nuovo matrimonio su basi nuove. La decisione, presa da entrambi i coniugi, di continuare in un percorso di guarigione, deve essere frutto di una scelta consapevole, ovvero entrambi si devono prefigurare le conseguenze delle potenziali scelte a loro disposizione: possono scegliere di proseguire insieme in un percorso di guarigione oppure possono anche scegliere di separarsi, ma in entrambi i casi devono immaginare la loro vita come sarebbe dopo aver preso tale decisione.
Il compito dell’esperto è aiutarli a vedere perché la loro relazione costituisca un unicum. Ci si innamora di una persona che è unica e specifica, e la sua configurazione è una configurazione che fa stare bene quando la si incontra, che permette all’altro di crescere e di evolversi. Il tradimento è dunque una dolorosa occasione di crescita, l’opportunità per un nuovo inizio. Realizzare ciò costituisce il punto di partenza per far si che le nuove dinamiche che si vanno a creare tra i coniugi siano dinamiche sane e non più patologiche.
Antropologia giuridica della fedeltà nel matrimonio e nella famiglia: l’amore tra uomo e donna esige la fedeltà
Dalla prospettiva psicologica si è in un secondo momento passati a trattare la visione antropologica giuridica della fedeltà nel matrimonio e nella famiglia grazie al professor Héctor Franceschi.
Molti oggi vedono la fedeltà come un giogo, come una limitazione della libertà. Ma in realtà tanti diventano addirittura schiavi della loro libertà per paura di impegnarsi. L’atto del consenso comporta un donarsi oggi, qui ed ora, nella totalità della propria condizione maschile e femminile.
Condividere il coniuge con un’altra persona sarebbe un’ingiustizia gravissima, dato che la fedeltà non è semplicemente un’esigenza estrinseca stabilita dal diritto canonico, bensì è frutto della caratteristica interpersonale della relazione coniugale. Si potrebbe pensare che la fedeltà perduri fintanto che perduri il vincolo coniugale, in quanto vincolo giuridico.
Ciò tuttavia non risulta vero, dato che due persone che si amano veramente, lo faranno anche dopo la morte. Così sarà anche la fedeltà. Se l’amore era vero sarà fedele fino alla fine dei giorni, ed anche di più. Espresso con le parole di Francisco De Hervido: “Dopo la morte saranno cenere. Ma come cenere si ameranno.” La fedeltà non sarebbe dunque caratteristica della natura umana, dal punto di vista antropologico. La monogamia è frutto della cultura. Ma l’amore tra uomo e donna è per sua natura fedele ed esige la fedeltà.
Difesa della fedeltà nel diritto matrimoniale canonico
Mons. Francesco Viscome, Prelato Uditore del Tribunale della Rota Romana, ha fornito il suo apporto alla discussione, illustrando la difesa della fedeltà nel diritto matrimoniale canonico: da una prospettiva legale, dottrinale e giurisprudenziale.
La domanda che ha costituito il nucleo centrale del suo intervento era se oggi ha ancora senso difendere la fedeltà, soprattutto quella matrimoniale e quali sono i modi per difendere tale fedeltà. Nella nostra epoca moderna viene fornita un’allettante falsa alternativa alla fedeltà, ovvero l’autonomia.
C’è chi ritenendo di essere autonomo e di conseguenza libero, non tiene tuttavia in considerazione il fatto che l’autonomia spesso degenera fino a diventare solitudine. Il soggetto diventa privo di legami e diviene spogliato di ciò che di umano possiede. Si ha dunque, anche a dispetto di una cultura fortemente avversa, il permanere del valore della fedeltà. La prima possibilità fornitaci per difenderla sarà una nuova inculturazione (evangelizzazione) ed il favor iuris di cui gode il matrimonio. Inoltre, è necessario recuperare anche l’istituto della separazione dei coniugi. Un’altra possibilità sarebbe quella di fare riferimento all’istituto della riconciliazione, mediante il quale si chiama tutta la comunità cristiana ad assumere un ruolo da protagonista.
Infine l’ultima parte della giornata ha ottenuto una degna chiusura grazie all’intervento del professor Miguel A. Ortiz, il quale ha affrontato il tema delle linee guida per un’efficace comprensione della fedeltà nella preparazione del matrimonio.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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