Come sempre accade in questi casi, ovvero quando le condizioni fisiche del Sommo Pontefice sembrano precarie, tanto da far temere per la sua vita, ecco che si palesano le più fantasiose speculazioni. Tuttavia, a noi canonisti non interessa il chiacchiericcio, bensì analizziamo le norme e cerchiamo di interpretare quelle che lasciano spazio per poterlo fare. In questo breve articolo, vogliamo evidenziare tre problematiche che, se da un lato non vanno ad inficiare un futuro conclave, da un altro sarebbe quantomeno opportuno correggere per evitare speculazioni.
La Costituzione Apostolica che regola la vacanza della Sede Apostolica e le norme per l’elezione del Romano Pontefice è la Universi Dominici Gregis, promulgata da San Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996. Il documento ha subito poche variazioni nel corso degli anni, l’ultima in ordine temporale è quella apportata da papa Benedetto XVI con il motu proprio Normas nonnullas e ci si aspettava che, data la mole di cambiamenti intercorsi nei 12 anni di pontificato di papa Francesco, specialmente dopo la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, anche questo documento venisse riformato e aggiornato ai cambiamenti fatti fino ad oggi.
Alcune problematiche di non poco conto
È necessario da studiosi far emergere tutte quelle lacune o quelle norme che possono in un certo qual modo creare problematiche o momenti di stallo, seguendo come linea direttrice quello che prescrive il can. 218: “Coloro che si dedicano alle scienze sacre godono della giusta libertà di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti, conservando il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa”. In particolare, da un’attenta lettura in questi mesi, dobbiamo evidenziarne tre, una in particolare ci pare doveroso evidenziarla con particolare solerzia giacché in un futuro conclave potrebbe causare non pochi problemi.
I Cardinali Assistenti
L’art. 235 § 3 della Cost. Apost. Praedicate Evangelium dice: “Nell’adempimento degli uffici assegnati, il Cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa è aiutato, sotto la sua autorità e responsabilità, da tre Cardinali Assistenti, di cui uno è il Cardinale Coordinatore del Consiglio per l’economia e gli altri due sono individuati secondo la modalità prevista dalla normativa circa la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice”. Il documento a cui si riferisce l’art. 235 § 3 appena citato, è la Cost. Apost. Universi Dominici Gregis, la quale al n. 7 del capitolo II dice: “La Congregazione particolare è costituita dal Cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa e da tre Cardinali, uno per ciascun Ordine, estratti a sorte tra i Cardinali elettori già pervenuti a Roma. L’ufficio di questi tre Cardinali, detti Assistenti, cessa al compiersi del terzo giorno, ed al loro posto, sempre mediante sorteggio, ne succedono altri con il medesimo termine di scadenza anche dopo iniziata l’elezione”.
Secondo la Universi Dominici Gregis i tre Cardinali Assistenti devono essere sorteggiati ogni tre giorni, tuttavia la Praedicate Evangelium ne contempla almeno uno ex officio, ovvero il Coordinatore del Consiglio per l’economia, incarico ricoperto ad oggi dal Card. Reinhard Marx, che è ascritto all’ordine dei presbiteri, ergo essendo lui ex officio membro della Congregazione particolare, si dovranno sorteggiare i restanti due Cardinali tra quelli ascritti all’ordine diaconale ed episcopale. In effetti vi è una imprecisione, poiché la Praedicate Evangelium come abbiamo visto contempla un membro fisso di questo “triumvirato” mentre la Universi Dominici Gregis prescrive che questi tre Cardinali debbano essere sorteggiati ogni tre giorni.
Il numero massimo dei Cardinali elettori
Al capitolo II della Costituzione Universi Dominici Gregis al numero 33, viene specificato: “Il numero massimo di Cardinali elettori non deve superare i centoventi”. La norma è lapidaria, vi è un numero massimo di 120 elettori e non può essere superato, tuttavia, se esaminiamo oggi il numero dei Cardinali elettori (137), ci accorgiamo che la soglia limite dei 120 è stata largamente superata, come è possibile ci sarebbe da chiedersi.
La risposta, che avevamo già dato per un altro caso simile QUI, è che essendo il Romano Pontefice il Supremo Legislatore, egli non è tenuto a rispettare le leggi che egli stesso emana, dunque, possiamo pensare che al momento della creazione di nuovi Cardinali che superino la soglia prescritta, egli abbia fatto una deroga alla legge, anche senza averla solennemente affermata o messa per iscritto. Cosa che invece fece tutte le volte il Santo papa Giovanni XXIII: “Qua de causa, iam a primo Consistorio a Nobis habito, Sacri Collegii membrorum numerum auximus, praescriptis derogantes Canonis 231” (Per questo, fin dal primo Concistoro da Noi celebrato, Abbiamo aumentato il numero dei membri del Sacro Collegio, derogando a quanto previsto dal canone 231) [1]. Non rispettare la soglia massima ovviamente non comporta alcuna problematica relativa alla validità o liceità del conclave. Pertanto, ci teniamo ad evidenziarla in quanto è necessario aggiornarla.
L’obbligatorio quorum dei due terzi nella elezione del Romano Pontefice
Con la Lettera apostolica data Motu Proprio dell’11 giugno 2007 De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis, papa Benedetto XVI, abrogando alcune norme prescritte al numero 75 della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis ha ristabilito la norma, sancita dalla tradizione, secondo la quale per la valida elezione del Romano Pontefice è sempre richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti dei Cardinali elettori presenti. Una seconda modifica come abbiamo detto sopra, è intercorsa con Normas Nonnullas, la quale al n. 75 stabilisce:
“Se le votazioni di cui ai nn. 72, 73 e 74 della sopramenzionata Costituzione non avranno esito, sia dedicato un giorno alla preghiera, alla riflessione e al dialogo; nelle successive votazioni, osservato l’ordine stabilito nel n. 74 della stessa Costituzione, avranno voce passiva soltanto i due nomi che nel precedente scrutinio avevano ottenuto il maggior numero di voti, né si potrà recedere dalla disposizione che per la valida elezione, anche in questi scrutini, è richiesta la maggioranza qualificata di almeno due terzi di suffragi dei Cardinali presenti e votanti. In queste votazioni, i due nomi che hanno voce passiva non hanno voce attiva.”
Se analizziamo attentamente questa norma, dopo un certo numero di scrutini senza esito positivo, i due nomi più votati andranno a quello che oggi possiamo definire un vero e proprio “ballottaggio”. Attenzione però, ciò che emerge è che non ci si potrà più discostare dal votare altri candidati rispetto i due nomi più votati, dunque uno dei due dovrà necessariamente essere eletto papa, tuttavia lo potrà essere solo ed esclusivamente se raggiunge il quorum dei due terzi, che ad oggi con 137 Cardinali elettori è 91. A parere di chi scrive, questa norma rischia di essere pericolosa per il solo fatto che in questo modo il conclave rischierebbe di protrarsi all’infinito e senza la benché minima possibilità di poter tornare indietro. Poiché non si potrebbero votare altri nomi se non i due più votati nell’ultimo scrutinio e al contempo uno dei due per essere eletto dovrebbe per forza ottenere i due terzi dei voti. Ci chiediamo, e se i due terzi non si riuscissero ad ottenere?
In conclusione
Certamente da credenti vogliamo sperare che questo non avvenga mai, tuttavia essendo giuristi e volendo evitare che possa verificarsi uno stallo, ci pare doveroso modificare l’articolo 75 e permettere almeno in questo caso l’elezione del Romano Pontefice con la maggioranza semplice.
Note
[1] Giovanni XXIII, De suburbicariarum dioecesium regimine in AAS 54 (1962), p. 257.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
©RIPRODUZIONE RISERVATA