Pino Procopio, 1954, matrimonio di un fantino
Nel m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI), papa Francesco ribadisce che con la riforma non si vuole favorire la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, consentire ai fedeli di sanare la situazione personale irregolare in cui si trovano a vivere ed aiutare quell’enorme numero di fedeli che desiderano fare chiarezza sulla validità o meno del loro stato matrimoniale, ma che spesso per vari motivi, tra cui la distanza fisica o morale, non riescono ad accostarsi alle strutture giuridiche della chiesa.
Tutto ciò è reso possibile avendo come guida la legge suprema della salvezza delle anime (can. 1752) da verificare sempre con rigore nella concretezza e diversità delle situazioni, e come intenzione principale quella di tutelare e difendere l’indissolubilità del matrimonio, dell’accertamento della verità attraverso lo strumento giuridico, che è permeato di uno stile pastorale da non confondere con una benevolenza che tradisce la verità.
In questo solco si pone l’importanza da avere non solo verso la parte attrice, ma anche verso la parte convenuta nella fase pregiudiziale in vista di un eventuale iter processuale, il che significa per un verso valorizzare la natura pastorale dei processi e al contempo ribadire l’importanza dell’iter processuale giudiziale quale via necessaria per trattare le cause di nullità.
Il coinvolgimento delle parti ed in specie della parte convenuta
Leggendo con attenzione gli artt. 1-5 delle Regole Procedurali del MIDI, dove si parla dell’indagine pregiudiziale o pastorale si evince che se ben compiuta costituisce la via migliore per aiutare le parti a rivedere possibili errori nella loro visione soggettiva di una loro controversia, a motivare un sano confronto con la visione dell’altra parte e comprendere gli obiettivi del processo ecclesiale e le sue procedure, che sono pensate non per complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità.
È risaputo che la decisione di avviare una causa di nullità di un matrimonio si pone in un momento delicato della vita di un fedele, in quanto tale decisione richiede di riflettere sul passato, sulla dinamica che ha portato alla celebrazione delle nozze, sull’inizio, lo svolgimento e la conclusione della vita matrimoniale. Per cui, una volta compiuta la decisione innescata dalla crisi della vita coniugale i coniugi o uno di loro, solitamente inizia ad assumere informazioni su come poter eventualmente intraprendere un iter di nullità del proprio matrimonio chiedendo ad amici, o ad un sacerdote o un servizio di curia preposto a ciò o al legale che ha curato la separazione. Le parti, inoltre, potrebbero accedere ad un esperto in diritto canonico o ad una struttura stabile di ascolto e consulenza giuridico-pastorale in cui ascoltare la parte richiedente, ma anche l’altra parte diviene un momento significativo per avviare un sereno e corretto discernimento.
Le regole procedurali del MIDI
A tal riguardo l’art. 1 delle RP del MIDI costituisce una base sufficiente per coinvolgere la parte convenuta, laddove, richiamando i cann. 383 e 529, ricorda quali compiti del vescovo, in aiuto ai parroci, quello di seguire con sollecitudine e animo apostolico i fedeli coinvolti in un fallimento coniugale. In questa sollecitudine si può vedere l’attenzione e la premura di una Chiesa in uscita che va in cerca anche di quei fedeli che, sebbene non abbiano pensato o ritenuto necessario rivolgersi a strutture giuridiche-pastorali, deve poter annunciare il messaggio della bellezza di essere famiglia e favorire una maggiore e più personalizzata integrazione nella comunità cristiana.
Non di rado, infatti, tali fedeli sentono compromessa l’esperienza di salvezza nelle loro vite in quanto non sono compresi dalla Chiesa o non riescono a perdonare se stessi o l’altro coniuge in merito alle responsabilità di quanto accaduto. Pertanto, alla luce di questo è estremamente importante compiere un serio discernimento per coglierne la differenziazione oggettiva delle situazioni che presentano i singoli casi, evitando che tale discernimento sfoci in un soggettivismo da parte degli interessati o dell’intuizione dell’operatore pastorale che li accompagna.
A tal riguardo Giovanni Paolo II ammoniva che «piegare la legge canonica al capriccio o all’inventiva interpretativa, in nome di un “principio umanitario” ambiguo ed indefinito, significherebbe mortificare, prima ancora della norma la stessa dignità dell’uomo»[1]. Si comprende, allora, come compiere un serio discernimento preprocessuale comporta da parte dell’operatore pastorale e/o di un esperto (nel caso di una consulenza giuridico-pastorale) esortare i coniugi a collaborare sinceramente “adoperandosi per la verità oggettiva”. Tuttavia «esortare le parti ad adoperarsi a favore della verità significa aiutarle a comprendere che la decisione sul proprio matrimonio non è estrinseca alla realtà ultima sulla propria vita e non può essere frutto di compromesso artificioso» [2].
Tentativo di approccio non conflittivo con la parte convenuta
Spesso sia nell’azione pregiudiziale del primo ascolto, che nella fase giudiziale si assiste a una certa leggerezza nel coinvolgere la parte convenuta, in quanto non si riesce a compiere opportuni tentativi nel promuovere la partecipazione della parte convenuta o di far recedere dalla sua assenza in giudizio (cfr. art. 138 § 2 della Dignitas connubii).
Come sappiamo «l’assenza dal giudizio è una sanzione che il giudice decreta per la parte convenuta: questa sanzione permette di proseguire nel giudizio, perché nessuna attività della parte convenuta può frustrare il legittimo e sacrosanto diritto al processo giudiziale di chi ha introdotto legittimamente la causa (cfr. can. 221 § 1). L’assenza dichiarata permette la prosecuzione spedita del processo e questo può fare piacere sia alla parte attrice sia ai ministri del Tribunale, che possono sentirsi sollevati dal non avere più a che fare con la parte convenuta (…). L’esperienza insegna che accompagnare una citazione con una lettera indirizzata alla parte, in cui si spiega anzitutto la disposizione processuale tecnica in parole adeguate alla parte destinataria, se ne illustrano le conseguenze, si invita alla collaborazione e se ne mostrano i vantaggi nella ricerca della verità, unico fine del processo, può realmente incitare la parte a non cadere nell’assenza o, se del caso, a recedere dalla stessa. Certamente tale scelta del tribunale non deve sostituire l’atto processuale né precederlo, ma accompagnarlo, eventualmente seguirlo; non deve mistificare la realtà, nasconderla o travisarla, ma spiegarla» [3].
Da queste parole si può evincere quanto sia importante l’attenzione di un maggiore coinvolgimento della parte convenuta nel discernimento previo in quanto, fugando ogni malintesa compassione e pregiudizio di nullità, avendo in comune con la fase giudiziale la ricerca della verità, può veramente essere di sostegno in un iter processuale aiutando i coniugi a giungere al giudizio di nullità con uno spirito giusto ed evitando atteggiamenti esacerbati di conflittualità di coppia all’interno del processo che andrebbe a scapito «sia della serena ricerca della verità sia, in definitiva, della stessa salus animarum delle parti coinvolte in giudizio» [4].
Continua…
Note
[1] Giovanni Paolo II., Discorso alla Rota Romana, 29 gennaio 1993, in AAS 85 (1993), 1259.
[2] O.R. Grazioli, Gli sviluppi della mediazione familiare. Aspetti civili e canonici, Roma 2017, 90.
[3] G.P. Montini, Il processo di nullità matrimoniale. La partecipazione della parte convenuta tra diritto e realtà, in “Rivista di Scienze Religiose. Pontificio Seinario Regionale Pio XI – Molfetta” 21 (2017/1), 68.
[4] M. Ferrante, La mediazione nel nuovo processo matrimoniale canonico, (a cura di) P. Mazzumato, Mediazione familiare e diritto del minore alla bigenitorialità. Verso una riforma dell’affidamento condiviso, Torino, Giappichelli Editore, 2019, p. 197.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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