Il mutamento della pena canonica della sospensione nel nuovo Libro VI

Eugen Napoleon Neureuther, case di Roma vicino trinità dei monti, olio su cartoncino, 1873, museo nazionale di Stoccolma

La pena della sospensione: prima e dopo

La Chiesa ha il compito soprannaturale di portare gli uomini alla salvezza. Nessuno può essere costretto ad entrare nella Chiesa, come pure nessuno può essere costretto a rinunciarvi. Chi invece, liberamente vi entra e liberamente vuole rimanervi, deve riconoscere la funzione, la natura e la missione che la Chiesa ha ricevuto dal suo Fondatore. Ogni fedele, se vuole rimanere nella comunione ecclesiale, deve rimanere nell’unità di fede, di culto e di disciplina. La Chiesa non può restare indifferente a comportamenti che ledano appunto tale comunione. Tra i mezzi con cui la Chiesa reagisce davanti ai comportamenti che mettono in pericolo la comunità, va annoverata la pena. Essa è il termine più ricorrente per indicare le sanzioni penali con cui la Chiesa punisce i delitti. C’è un legame stretto tra delitto e pena. Il diritto penale canonico distingue tra pene medicinali ed espiatorie. Esistono tre pene medicinali: la scomunica, l’interdetto e la sospensione. Questo contributo si concentrerà sulla sospensione. L’obiettivo del nostro contributo, sarà quello di capire cosa intendevamo per sospensione con il legislatore del 1983 e cosa sia diventata oggi con il legislatore del 2021.

La sospensione nella mens legislatoris del 1983

Il Codice, secondo il principio costantemente seguito nel libro VI di non dare definizioni, essendo questo compito della dottrina, non del legislatore, non ci offre una definizione di sospensione. Essa può essere intesa come una censura [1]. Il titolo IV del libro VI sulle sanzioni penali nella Chiesa è intitolato De poenis aliisque punitionibus, (le pene e le altre punizioni). Esso è diviso in tre capitoli. Nel primo il legislatore tratta delle censure, nel secondo delle pene espiatorie e infine il terzo prende in considerazione i rimedi penali e penitenze [2]. La sospensione [3], simile alla scomunica, è una pena antichissima, la quale nel precedente Codice manteneva la doppia natura di pena medicinale e punitiva, viene ora qualificata soltanto come pena medicinale. Per il legislatore dell’83 la sospensione (can. 1333) poteva essere comminata soltanto i chierici (can. 1333 § 1: Suspensio, quae clericos tantum afficere potest). Il Calabrese spiega che la destinazione della pena ai soli chierici è, pero, di diritto positivo, ma non deriva dalla natura stessa della sospensione. La lettura del canone 1333 ci esplicita gli effetti della stessa; priva dei seguenti beni:

  • a) Alcune o tutte le attività connesse con la potestà di ordine, intesa qui come potestà di celebrare il culto. Ad esempio, sospensione della celebrazione dell’Eucaristia.
  • b) Alcune o tutte le attività connesse con la potestà di governo. Ad esempio, sospensione dall’attività di statuire leggi.
  • c) Alcune o tutte le attività, alcuni o tutti i diritti connessi con un certo ufficio, per esempio, nell’ufficio del parroco, la predicazione liturgica o l’assistenza ai matrimoni oppure la percezione dei redditi del beneficio.

La sospensione nella mens legislatoris del 2021

Con la promulgazione della Costituzione Apostolica Pascite Gregem Dei, Papa Francesco ha riformato il libro VI del Codice di Diritto Canonico, ora intitolato: le sanzioni penali nella Chiesa [4]. L’aggettivo “penale” specifica la natura di queste sanzioni, mentre il Codice del 1983 ne faceva a meno. Sono penali, ovvero conseguenti e in risposta ai delitti. Tuttavia, nonostante questa precisazione nel testo del Libro VI, è ancora la parola pena a prevalere: essa compare 116 volte in questo senso, cioè tante volte quante nel Libro VI del 1983. Curiosamente, il legislatore del 2021 ha usato l’espressione “sanzione penale” solo cinque volte, cioè due in più rispetto al 1983, quando compariva solo tre volte: nel canone 1311 (ora 1311 § 1), nel canone 1312 § 2 e nel Titolo III della Prima Parte. Solo una volta il termine compare al plurale per designare le pene previste dal canone 1336 § 2-4 (can. 1365).

De sanctionibus poenalibus in Ecclesia, la variazione è significativa, principalmente dal punto di vista dottrinale, perché – come già fece il Codice orientale promulgato nel 1990- intende precisare che i canoni del libro riguardano unicamente il sistema penale, e non quello disciplinare concernente condotte non propriamente costitutive di reato, che sono presenti anche in altri libri del Codice. In realtà, la correzione del titolo del libro sesto serve a indicare la diversa prospettiva con cui è vista ora la materia, superati i tentennamenti presenti ai tempi della composizione del libro VI promulgato nel 1983.

L’estensione della pena anche ai laici

Trattando della pena della sospensione, il legislatore del 2021 la estende anche ai laici. Tale estensione raggiunge finalmente la proposta che sorse già durante i lavori di revisione del codice dell’83. Nella commissione preparatoria qualcuno voleva infatti estendere ai laici la pena della sospensione per il fatto che oggi i laici possono essere titolari di uffici veri e propri, ma la commissione, decise di riservare la sospensione ai chierici. Dalla lettura del canone, si desume che, la sospensione non sia più destinata ai soli chierici, ma a tutti i fedeli. Il che vuole dire che, nel sistema vigente attuale tale pena va applicata anche ai laici, perché essi con il Vaticano II sono stati resi partecipi di alcuni uffici ecclesiastici, per esempio quello di giudice, e possono ricevere i ministeri istituiti di accolito e lettore, nonché ministri straordinari della comunione, del battesimo, della predicazione e dell’assistenza ai matrimoni. Per quanto riguarda gli effetti della sospensione, quelli elencati dal legislatore del 1983 rimangono invariati.

Qualche breve precisazione

L’oggetto della sospensione può evidentemente ricavarsi sia dalle norme, sia dalla sentenza o dal decreto infliggenti o dichiaranti la pena (can. 1334 § 1). La sospensione generale da tutte le attività della potestà di ordine e della potestà di giurisdizione e da tutte le attività e da tutti i diritti connessi con un ufficio può venir statuita solo dalla legge e non anche dal precetto (can. 1334 § 2). Inoltre, non sono mai oggetto di sospensione (can. 1333 § 3), gli uffici e gli atti della potestà di giurisdizione che non sono nell’ambito di competenza dell’autorità che statuisce la sospensione. Ad esempio, un presbitero religioso che sia parroco e superiore di una comunità può venire dal Vescovo sospeso dall’ufficio di parroco, ma non da quello di superiore.

Per concludere

Una delle notevoli novità introdotte dal legislatore del 2021 è che la sospensione non concerne più solamente i chierici. Infatti, si ammette che la sospensione sia applicabile anche ai laici, dal momento che l’indicazione del can. 1333 § 1 secondo cui essa può riguardare solo i chierici è scomparsa dal can. 1333 § 1 dell’83. Questa estensione della sospensione anche ai laici è stata proposta da tempo e ha la sua ragion d’essere se si considera che la pena può colpire l’esercizio di uffici e cariche nella Chiesa, e che il numero di laici che li ricoprono è in aumento. Basti pensare alla stessa Curia romana, dove il fenomeno si è intensificato negli ultimi anni (negli organi stabili del Sinodo dei Vescovi, nei dicasteri, negli uffici stampa).

Note

[1] Sull’origine storica del termine censura si può consultare: V. De Paolis – D. Cito, Le sanzioni nella Chiesa, commento al codice di diritto canonico libro VI, 2ed., Coll. Manuali, n. 8, Città del vaticano, UUP, 2008, 197-198.

[2] Aa.Vv., Le pene e altre punizioni, in Quaderni di diritto ecclesiale (cur), Aggiornamento al codice di diritto canonico commentato, testo e commento del nuovo libro VI in vigore dall’8 dicembre 2021, Àncora, 2021, 27-39.

[3] Sull’uso del termine sospensione nel diritto canonico si rimanda a: U. Rode, La sospensione imposta di carattere non penale, in Periodica 109 (2020), 273-312, qui 274-280.

[4] Cfr. A. Borras, Le nouveau droit pénal général (cc.1311-1363), nihil novi sub sole?, in Studia canonica 56 (2022), 245- 277, qui 246-247.

 

Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit

(San Giovanni Paolo II)

 

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Bienvenu Diouabaka - Ntondele

Sacerdote dell’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi, comunemente chiamato "Padri Trinitari", si è laureato all’Università Marien Ngouabi di Brazzaville (Reppublica del Congo), presso il dipartimento di Filosofia, ottenendo nel 2009 un Master di Livello II in Metafisica e storia della filosofia. Nel 2019 ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Urbaniana, con voto “Summa cum Laude”, con la tesi “La Fonction conciliatrice du juge à la lumière du can. 1446”. Nel 2021 ha conseguito la licenza in utroque iure presso la Pontificia Università Lateranense e nel 2024 ha difeso la tesi di dottorato in diritto canonico e civile (Utrumque Ius),presso la medesima Università, dal titolo: "Ufficio del giudice. Approccio comparato tra l'ordinamento canonico e alcuni ordinamenti di Civil law ( più specificamente gli ordinamenti congolese e quello italiano), con voto “Summa cum Laude”. È in particolare studioso del diritto comparato, del diritto della vita consacrata, del diritto processuale canonico e del diritto penale canonico. È anche appassionato dell’esegesi biblica.

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