La sentenza di nullità matrimoniale: tra ricerca della verità e cura pastorale, brevi riflessioni giuridico-pastorali (2 pt.)

nullità
Banksy, Famiglia nel mirino, 2003

Da una sentenza giusta alla cura pastorale

Continuiamo con la trattazione dell’articolo che avevamo trattato il mese scorso e che potete trovare QUI.

«L’esigenza del fedele di vivere nella verità e la sua dignità nel fare scelte di senso nella sua vita reclamano una Sentenza giusta, frutto di una corretta applicazione della Legge e di una corretta interpretazione dei fatti. Farsi carico della irripetibilità del caso concreto e, allo stesso tempo, riaffermare attraverso il Processo i valori sottesi alla Comunità esige che il Giudizio includa, in modo irrinunciabile, la qualità della decisione stessa, ossia la sua corrispondenza non solo alla Legge, ma anche alla verità» [9].

A tal riguardo Giovanni Paolo II nell’Allocuzione alla Rota del 1990 ricordava il diritto delle persone a non esser ingannate con una Sentenza di nullità in contrasto con l’esistenza di un vero Matrimonio, seppur emessa con le migliori intenzioni: «L’Autorità ecclesiastica (…) prende atto, da una parte, delle grandi difficoltà in cui si muovono persone e famiglie coinvolte in situazioni di infelice convivenza coniugale, e riconosce il loro diritto ad essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale. Non dimentica però, dall’altra, il diritto, che pure esse hanno, a non essere ingannate con una Sentenza di nullità che sia in contrasto con l’esistenza di un vero Matrimonio. Tale ingiusta dichiarazione di nullità matrimoniale non troverebbe alcun legittimo avallo nel ricorso alla carità o alla misericordia. Queste, infatti, non possono prescindere dalle esigenze della verità (…) se non facendo violenza alla verità e minando, in tal modo, l’unico fondamento saldo su cui può reggersi la vita personale, coniugale e sociale» [10].

Non si prescinde dalla verità

Da queste parole si evince come in sede di decisione giudiziale la carità, la misericordia non possono prescindere dalla verità dalla quale sono inseparabili, fondamento per la vita personale, coniugale e sociale. Per cui, al fine di garantire una giusta considerazione delle esigenze di giustizia e di quelle pastorali sarà sempre necessario fugare tentazioni “pastoraliste” [11] e non perdere di vista che in ogni attività giuridico-canonica non esiste una vera pastorale che sia disgiunta dalla verità. In tal modo si sarà capaci di accompagnare, discernere (missione dei giudici) e integrare i fedeli, non vedendo nei processi delle carte, ma delle persone con grandi speranze nel sentirsi integrate nella comunità cristiana, dopo un matrimonio naufragato.

Per una pastorale giudiziale integrata capace di prevenire nullità

In ragione di ciò, credo che in questo momento storico ecclesiale in cui l’istituto matrimoniale sia in crisi e le separazioni superano di gran lunga le richieste di nullità matrimoniale, la mancanza di fede e l’indifferenza religiosa dilagano appare urgente poter far in modo che le sentenze oltre che essere scritte in modo comprensibile e secondo una ratio giuridica siano scritte, anche, secondo una adeguata modalità per essere utilizzate da operatori pastorali, al fine di compiere sulle decisioni dei giudici un discernimento pastorale successivo, qualunque sia l’esito del processo.

Tra questi operatori pastorali devono esserci anche coloro che preparano i fidanzati al matrimonio, la cui formazione deve riguardare anche la dimensione giuridica del matrimonio, nonché l’analisi e lo studio di casi concreti trattati nelle cause di nullità matrimoniale. Così facendo si porrà in atto una vera pastorale giudiziale integrata che coinvolga realmente e concretamente operatori del diritto e operatori della pastorale con il fine di poter presentare il matrimonio in tutta la sua bellezza e prevenirne la sua invalidità. Non è più tempo, dunque, di non tenere in debito conto i dati statistici dei Tribunali ecclesiastici che rilevano un contesto socio culturale complesso e difficile evidenziando un particolare malessere, volontario o involontario, di coloro che decidono di celebrare un matrimonio cristiano.

Una maggiore attenzione

È fortemente auspicabile, dunque, una maggiore attenzione dei vescovi della Chiesa nell’investire in una seria e permanente formazione degli operatori e nel ripensare l’impostazione dei percorsi di preparazione al matrimonio, così come verificare se davvero ciò che viene proposto ai fidanzati, corrisponda ai loro bisogni concreti. Inoltre, un’altra situazione da evidenziare è il fatto che in molti pastori ed operatori pastorali vi è la percezione che la crisi di tanti matrimoni e del loro fallimento risieda nella sola mancanza di fede dei fidanzati che scelgono il matrimonio cristiano più per natura sociale che religiosa. Tuttavia, sebbene questa situazione sia reale, come riferisce il canonista e vicario giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo, mons. Paolo Bianchi, le crisi matrimoniali e il loro fallimento, non si pone tanto sul piano della mancanza della fede, bensì sul versante antropologico [12].

Tale affermazione è sostenuta dai dati statistici dei tribunali ecclesiastici. A tal riguardo Bianchi in un suo saggio scrive: «La contropartita empirica si ha considerando che il fallimento di molti matrimoni (e la loro eventuale nullità) si produce più per un deficit di carattere antropologico che per motivi di carattere religioso. Con l’espressione motivi di carattere antropologico si intendono a titolo di esempio: gravi forme di disagio psicologico o di immaturità, intenzioni contrarie ad aspetti cardine dell’istituto matrimoniale (prole, indissolubilità, dovere di fedeltà), mancanza di lealtà nei confronti dell’altra parte. Anche solo uno sguardo alle statistiche dei tribunali ecclesiastici – pur con le variabili che dipendono da ogni singola situazione locale – lo comprova» [13].

In conclusione

Alla luce di queste chiare parole, c’è da chiedersi: se la maggior parte della cause di nullità vengono introdotte per i capi di nullità sinteticamente presentati da Bianchi come poter prevenire matrimoni potenzialmente nulli? Come mai, molti dei nostri nubendi, si approssimano alla celebrazione del loro matrimonio in una condizione di fragilità psicoaffettiva o con intenzioni non conformi alla dottrina sul matrimonio cristiano? Credo che la risposta sia da ricercare in un nuovo cambio di mentalità capace di favorire una maggiore pastorale del vincolo ed il coinvolgimento reale di operatori della pastorale e quelli della giustizia nell’azione missionaria della Chiesa, così come prevede la riforma voluta dal Santo Padre con il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus, ma che da questo punto di vista vede ancora timidi tentativi “a macchia di leopardo” forieri spesso di un pregiudizio o diffidenza (da superare) dell’importante rapporto tra diritto e pastorale e altre discipline. In ragione di ciò si può ben sperare che la realizzazione di adeguati itinerari di tipo catecumenali, tanto auspicati da papa Francesco, possano essere di aiuto ai futuri sposi nel fare chiarezza dentro di sè e a superare alcune fragilità psicoaffettive, nonché decidersi, senza riserve, per un matrimonio cristiano.

Note

[9] A. Catta, Definitività della decisione giudiziale e centralità della persona, «Apollinaris» 90 (2017/2), p. 364.

[10] Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 18 gennaio 1990, «AAS», 82 (1990), nn. 4-5, pp. 874-875.

[11] Non dirado potrebbe capitare come giudici di trovarsi dinnanzi ad una persona in buona fede che ha fatto ricorso al tribunale nella speranza che la dichiarazione di nullità di un’unione precedente gli apra le porte alla possibilità di celebrare un vero matrimonio con la persona con cui convive e, spesso, ha anche dei figli, nel non raggiungere la certezza morale circa la nullità dobbiamo (siamo tenuti) a dare una sentenza negativa.

[12] Cfr. A. Vanzi, Cause di nullità matrimoniale e preparazione al matrimonio canonico: è possibili istituire una fase “pos-giudiziale” come risorsa per la pastorale matrimoniale?, «Sentieri Teologici Livornesi» 3 (2022), p. 74.

[13] P. Bianchi, Esclusione della sacramentalità del matrimonio, Aspetti sostanziali e probatori, «Ephemerides Iuris Canonici» 53 (2013), p. 56.

 

Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit

(San Giovanni Paolo II)

 

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Emanuele Tupputi

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