La sentenza di nullità matrimoniale: tra ricerca della verità e cura pastorale, brevi riflessioni giuridico-pastorali (1 pt.)

Lucas Cranach detto il Vecchio, la bocca della verità, olio su tavola, 1520 circa, collezione privata

Valore della sentenza di nullità matrimoniale

La sentenza dichiarativa di nullità matrimoniale, come sappiamo, costituisce l’esito un percorso di un attento discernimento proprio della dinamica dialettica del processo canonico che conduce l’organo giudicante «a un’autorevole parola di verità sul vissuto personale, mettendo quindi in luce i percorsi che da lì si possono aprire» [1]. Ragion per cui ha una sua importanza e valore non solo giuridica ma anche formativa e pastorale al di là dell’esito pro vinculo o pro nullitate della decisione. Si tratta di un elemento importante, non sempre adeguatamente rilevato in tutta la sua portata che «promana dall’attività giudiziale diretta ad accertare la verità circa la validità o meno del Sacramento del Matrimonio e si pone sia come corollario della responsabilità giuridica nell’esercizio del munus iudicandi, sia quale espressione di una peculiare attenzione rivolta alle singole persone, al loro bene integrale» [2].

Questa sollecitazione che prende corpo durante il discernimento giudiziale al fine di fare luce sulla situazione delle parti che chiedono una verifica sulla validità del loro matrimonio, ha (o dovrebbe avere) sempre come esito un pronunciamento giusto che, basato sulla certezza morale e non su una certezza prevalente o probabilismo, avrà risvolti vincolanti nella vita delle parti, «dal momento in cui l’Autorità giudiziale ecclesiastica è stata da esse stesse fiduciariamente investita del giudizio diretto ad accertare la verità sull’esistenza del Matrimonio che hanno celebrato e di conseguenza a chiarire la loro condizione giuridica ed esistenziale, promuovendone così un più ampio beneficio umano, spirituale e morale.

Inoltre l’interesse che sia appurata la verità circa la natura sacramentale e giuridica del vincolo non riguarda solo le parti, ma riveste anche un evidente interesse sociale per la Chiesa stessa e per la società civile» [3]. Si comprende così che la salus animarum dei fedeli coinvolti in situazioni di crisi matrimoniale o di matrimoni falliti è tutelata dall’esplicazione di un giudizio di cui la Chiesa, interpellata, si fa carico nella sua missione di testimoniare ed accertare la verità ai singoli e alla Comunità intera.

L’obbligo di motivare la sentenza

In questo senso appare importante l’obbligo normativo di motivare una sentenza [4], così come il suo essere comprensibile per le persone coinvolte: ponendosi come momento di speciale rilevanza nel loro cammino umano e cristiano. L’importanza dell’obbligo di motivare la sentenza è significativa e fondamentale in quanto è finalizzato a scongiurare l’arbitrarietà della decisione e di rispondere alla necessità di comunicare ai destinatari della sentenza la relativa razionalità intrinseca ed estrinseca, le ragioni oggettive che caratterizzano il pronunciamento giudiziale (ossia l’iter logico con cui si previene alla decisione) volto a rendere giustizia nelle situazioni singolari ed irripetibili che ciascuna vicenda coniugale porta con sé.

Si tratta di quelli che la dottrina canonica, in particolare il prof. Llobell [5], nei suoi approfonditi studi sul tema, ha definito “motiva coram partibus”. Tale motivazione, poi, sarà in grado di far emergere molto più adeguatamente il valore formativo della sentenza ogniqualvolta potrà dirsi l’espressione della base dialettica della stessa decisione, idonea a fornire ragioni e risposte di quanto realizzato nella discussione giudiziale in virtù di regole condivise e non come il frutto di enunciazioni aprioristicamente inconfutabili.

Decidere il giusto

Per quanto testé brevemente riportato occorre ulteriormente precisare (circa l’obbligo della motivazione coram partibus) quanto sostiene il prof. Caberletti, il quale essendo stato Uditore rotale, in virtù della propria esperienza professionale, afferma: «Le motivazioni riportate nella sentenza stanno a provare un percorso nella storia delle persone, di queste evidenziandosi tutte le luci ed ombre, ma in tensione verso la verità, non astratta, bensì incarnata nella biografia di persone uniche nel loro vissuto. La sentenza deve evitare tanto il formalismo quanto il soggettivismo e pertanto solo se le sue motivazioni verranno dal Giudice raggiunte e dimostrate con razionalità dialogica, saranno assicurate la dignità istituzionale del matrimonio, la dignità processuale e la dignità delle persone. Il Giudice ecclesiastico, il cui dovere è pronunciare solo ciò che è giusto, deve agire con equità canonica, cioè con attenzione sia al fine soprannaturale di tutto l’Ordinamento sia alla singola persona» [6].

Da queste sagge parole si comprendere come stendere una sentenza richieda da parte del giudice competenza e capacità di non trascurare anche gli elementi che – emersi dall’Istruttoria – sembrano contraddire la tesi finale. Indipendentemente dall’esito del Processo, infatti, esso è strumentale ad una migliore integrazione nella Comunità, cosicché non ci si può esimere dal doveroso sforzo di redigere la sentenza in modo tale da essere efficace ed utile ai fini del discernimento successivo: «Giudicare è fornire ragioni idonee ad essere accettate perché sorrette da una prassi discorsiva, senza spazio all’arbitrarietà immotivata ed irrazionale» [7].

Inoltre, appare chiaro come una motivazione che attinga le ragioni del provvedimento giudiziale «da una struttura dialogica dell’iter decisorio consentirà un più efficace e pieno adeguamento al valore formativo rappresentato dai motiva. Questo perché dimostrerà le ragioni secondo le quali l’entità dei provvedimenti adottati, quali potrebbero essere, ad esempio, la richiesta di adempimento di oneri coniugali verso l’altro coniuge o verso i figli, esortazioni a riflettere su se stessi, a fare luce sulla propria condizione esistenziale, oppure l’apposizione del divieto di passare a nuove nozze, rappresentino in realtà una prospettiva che veicola in chiave giuridica la dimensione pastorale della sollecitudine volta al bene integrale delle persone coinvolte» [8].

Continua…

Note

[1] Francesco, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 27 gennaio 2022, «AAS» 114 (2022), p. 251.

[2] E. di Bernardo, Il valore formativo della motivazione della sentenza, «Apollinaris» 90 (2017), pp. 442-444.

[3] Ivi, p. 443-444.

[4] Sancito dal can. 1611 § 3 che impone di esporre i motivi in Diritto e in fatto che sono a fondamento della parte dispositiva della Sentenza; in modo più peculiare dall’Art. 96 §3 e 97 §2 delle “Norme Sacræ Romanæ Rotæ Tribunalis”, nonché dall’Art. 250, 2° della “Dignitas Connubii” e dall’Art. 20 §2 delle Regole procedurali del m.p. Mitis Iudex, che, riguardo il Processus brevior coram Episcopo, prevedono una esposizione, pur breve ma comunque ordinata, dei motivi della decisione. «Ciò al fine di allontanare ogni supposizione errata di deriva volontaristica in merito alla natura del Processo più breve davanti al Vescovo e di conseguenza per rimarcare il carattere di vero Provvedimento giudiziale della decisione pro nullitate con la quale si conclude questo tipo di Processo. In tale caso si tratta di vere decisioni, che non possono essere qualificate soluzioni sbrigative di carattere pseudo-pastorale, affidate all’intuito del Giudice Vescovo»: Ivi, p. 445.

[5] Cfr. J. Llobell, Sentenza: decisione e motivazione, a cura di C. Gullo – P. A. Bonnet, Il Processo matrimoniale canonico, LEV, Città del Vaticano, 1988, pp. 319-328.

[6] G. Caberletti, La motivazione della Sentenza canonica, a cura di P. Gherri, Decidere e giudicare nella Chiesa. Atti della Giornata canonistica interdisciplinare, Lateran University Press, Città del Vaticano 2012, pp. 281-282.

[7] M.J. Arroba Conde, Prova e difesa nel Processo di nullità del Matrimonio canonico. Temi controversi, Coll. Pro manuscripto, n. 12, Lugano, 2008, p. 64.

[8] E. di Bernardo, Il valore formativo della motivazione della sentenza, p. 453.

 

Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit

(San Giovanni Paolo II)

 

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Emanuele Tupputi

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