I libri penitenziali, fonti di diritto

penitenziali
Miniature con scene prese dagli Atti degli Apostoli, 1340 circa

Il sistema dei libri penitenziali, noto come paenitentia taxata, ebbe origine nel VI secolo tra gli irlandesi e gli scozzesi, diffondendosi nel continente europeo nel VII secolo e rimanendo in vigore fino quasi al XII secolo. Questo sistema, nato dalla vita monastica delle isole britanniche, era legato al pentimento che nei popoli germanici e celtici precedeva l’applicazione del diritto, escludendo l’intervento dei tribunali civili.

La paenitentia taxata, non era solo un’evoluzione della disciplina penitenziale pubblica antica, ma includeva caratteristiche distintive:
1. Confessione segreta dei peccati: Il penitente confessava i propri peccati al padre confessore in segreto.
2.  Assegnazione della penitenza: Il confessore stabiliva una penitenza (paenitentia taxata).
3. Adempimento della penitenza: Il penitente doveva completare la penitenza assegnata o pagare una penitenza materiale, come la liberazione di uno schiavo o l’offerta di beni.
4. Riconciliazione con la Chiesa: Dopo l’adempimento della penitenza, il penitente veniva riconciliato con la Chiesa e i suoi peccati erano perdonati.

A differenza dell’attuale disciplina della penitenza, dove la confessione segreta è seguita dall’assoluzione e poi dall’adempimento della penitenza, nel sistema della paenitentia taxata l’efficacia dell’assoluzione rimaneva sospesa fino all’adempimento della penitenza. Questo riflette una differenza significativa rispetto alla disciplina penitenziale odierna.

La disciplina e la letteratura penitenziale dei libri penitenziali erano un’espressione della cultura e della mentalità dei popoli celtici e germanici, che univano diritto, morale e fede. Non vi era una chiara distinzione tra diritto civile ed ecclesiastico; entrambi regolavano differenti aspetti della stessa struttura sociale.

Fonti di diritto

I libri penitenziali possono essere considerati fonti di diritto canonico, contenendo annotazioni di trasgressioni e le relative penitenze. Non si limitavano ai peccati morali, ma includevano anche offese alla salute e prescrizioni igieniche. Spesso annotavano la trasformazione della penitenza in sanzioni pecuniarie o altre prestazioni di servizio, e a volte il penitente poteva pagare una terza persona per adempiere alla penitenza al suo posto.

Questi libri si distinguevano dalle liste di peccati presenti nelle lettere di San Paolo, negli scritti di Sant’Agostino o Cesario d’Arles, nonché dai canoni penitenziali dei concili. Erano diversi anche dalle norme punitive nei capitularia dei franchi o nel diritto statale, che prevedevano compensazioni pecuniarie ma non punizioni per le mancanze ecclesiastiche. Non si possono assimilare neppure ai manuali per confessori del XIII secolo, che seguivano la disciplina della confessione auricolare stabilita dal Concilio Lateranense IV del 1215.

Il periodo di massimo splendore dei libri penitenziali va dalla metà del VII secolo fino all’VIII secolo, periodo in cui i libri penitenziali possono essere distinti in un gruppo continentale e uno insulare. Tra i primi vi è il Paenitentiale Cummeani, mentre tra i secondi, i libri penitenziali del gruppo di San Colombano. La riforma carolingia segnò l’inizio del declino di questi testi.

In sintesi, i libri penitenziali  sono una testimonianza significativa della disciplina penitenziale medievale, rivelando molto sulla cultura, la morale e le strutture sociali dei popoli. Questi testi regolavano non solo la vita religiosa, ma avevano anche un impatto sull’ordinamento sociale dell’epoca.

Note

P. Erdő, Storia delle fonti del diritto canonico, Marcianum Press, Venezia 2008, pp. 60-69

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Maria Cives

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