Ecclesiasticisti italiani a Napoli per ricordare la Prima Cattedra della disciplina, a 140 anni dal bando di concorso

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Il 2024 vede la celebrazione di una ricorrenza fondamentale per la scienza ecclesiasticistica: centoquarant’anni fa, l’Università “Federico II” di Napoli bandiva il concorso per la prima cattedra di diritto ecclesiastico in Italia.

Il vincitore della selezione fu Francesco Scaduto (Bagheria, 1858 – Favara, 1942), valente professore di origini siciliane, il cui programma di ricerca si caratterizzava per la rivendicazione dell’autonomia scientifica del diritto ecclesiastico, inteso come studio delle “leggi civili che riguardavano la materia ecclesiastica”. Egli era un attento osservatore degli eventi che avevano cambiato la storia dell’Italia e dell’Europa e comprendeva la necessità di individuare nel fattore giuridico le coordinate fondamentali per costruire un “diritto razionale”.

Ed è nel ricordo di questo “padre fondatore” della disciplina, che la Professoressa Maria d’Arienzo, attualmente titolare di quella “Prima cattedra” – oltre che Presidente dell’Associazione nazionale dei docenti universitari della disciplina giuridica del fattore religioso (ADEC) – ha organizzato un convegno svoltosi lo scorso 6 maggio presso l’Università degli Studi “Federico II”.

Una sede significativa

La scelta della sede, obbligata per il tipo di ricorrenza, è ancora più significativa, se si pensa che quest’anno si celebra l’ottavo centenario della sua fondazione. L’Università “Federico II” di Napoli, da sempre centro culturale di spicco del Meridione d’Italia e vivace faro di cultura nell’orizzonte europeo, fu istituita per volere dell’imperatore svevo di cui porta il nome, ed è la prima università “laica” e pubblica nel mondo, indipendente da corporazioni o da entità religiose.

L’iniziativa congressuale ha visto succedersi numerosi relatori, che hanno offerto un contributo nel ricostruire sotto diverse sfaccettature l’uomo, il giurista, il docente, il politico Francesco Scaduto, indagandone la profondità teorica, l’abilità pratica nella ricerca del compromesso, nonché le contraddizioni che non oscurano il prestigio della persona, ma lo umanizzano.

In altre parole, gli ecclesiasticisti italiani sono voluti tornare alla fonte, per trovare ispirazione, per confrontarsi con i Maestri, per recuperare argomentazioni, suggerimenti, motivazioni in un settore nevralgico del vivere sociale, come quello della tutela della libertà di coscienza e della regolamentazione del fenomeno religioso.

L’intervento della Presidente dell’ADEC, la Prof.ssa d’Arienzo 

La Presidente dell’ADEC ha messo in luce lo spirito dell’iniziativa nel suo intervento di sintesi, in cui ha auspicato il superamento dei sentimenti di nostalgia del passato e la prosecuzione delle ricerche con un rinnovato slancio per un futuro ancora tutto da scrivere.

Infatti, la disciplina del fenomeno religioso, oggi più che mai, deve tornare al centro della formazione del giurista e del professionista: in un mutato clima di promozione dei diritti fondamentali della persona, la libertà religiosa, la prima ad essere compiutamente teorizzata, è il perno attorno al quale sviluppare contributi originali e proposte concrete in una società sempre più multiculturale.

Oggi come ieri, l’insegnamento del diritto ecclesiastico costituisce una sfida: ai tempi di Francesco Scaduto, era necessario, da un lato, definire i confini tra questa materia e il diritto canonico, che stava attraversando una fase di crisi, dall’altro, tracciare la metodologia di indagine e di ricerca.

Il professore siciliano riuscì nell’intento, indicando nella costruzione di un sistema normativo la chiave di volta; oggi, nel pluralismo delle fonti e dei culti e nella compresenza di numerosi attori sociali, tra cui le minoranze etnico-religiose, l’idea di sistema sembra irrimediabilmente perduta.

Il diritto ecclesiastico e lo slancio verso il presente 

Eppure, l’esempio di Scaduto è un incoraggiamento a procedere con serietà e coraggio, con gli strumenti che la Costituzione e le Carte dei diritti offrono.

Se dopo l’Unità d’Italia e la breccia di Porta Pia, la definizione del diritto ecclesiastico in termini areligiosi – non necessariamente, antireligiosi – era l’opzione principale, nella contemporaneità, si deve riscoprire il valore della laicità inclusiva, che i Costituenti hanno introdotto nella filigrana della struttura della Repubblica italiana.

Secondo l’insegnamento di Francesco Scaduto, lo Stato deve porsi quale autorevole mediatore tra le istanze sociali, alcune delle quali fatte proprie dalle confessioni religiose: integrando il suo modello con i valori della Repubblica italiana, l’augurio è che tale mediazione che non sfoci in un’indebita compressione dei diritti dei singoli, ma tenda sempre a un armonico sviluppo della persona e ad un sapiente bilanciamento tra principî irrinunciabili della nostra cultura giuridica.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Andrea Micciché

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