Giorgio Vasari, Gregorio XI ristabilisce a Roma dopo Avignone la sede del papato, 1572-73, sala regia, Vaticano
Tra false collezioni e manomissioni di documenti pontifici
Nel IX secolo, la Chiesa si trovò ad affrontare problematiche di giurisdizione ecclesiastica e gestione dei beni, con un’assenza di soluzioni nell’antico materiale canonico dell’antichità. Ne abbiamo già largamente parlato QUI. La nascita delle collezioni falsificate fu conseguenza dell’insufficiente potere dei singoli vescovi nell’imporre norme generali. I conflitti emergenti fra differenti vescovi o fra vescovi e autorità civili non potevano essere risolti con la sola autorità episcopale.
Le collezioni canoniche del tempo antico non offrivano soluzioni pacificanti, mancando una tecnica di interpretazione regolamentare delle leggi. Inoltre, il malfunzionamento degli organi legislativi universali, a causa della crisi del Papato e delle divisioni politiche, ostacolò la convocazione di concili di più ampio respiro. Di conseguenza, non ogni disposizione poteva essere accettata come legge, ma solo quelle promulgate da un’autorità canonica con poteri legislativi. I falsari si sentirono nella necessità di redigere norme giuridiche apparentemente promulgate da un’autorità canonica, falsificando soprattutto decretali pontificie e capitolari regie.
I metodi più usati
Vennero utilizzate soprattutto l’interpolazione, modificando determinati passi di un documento autentico, e la manomissione dell’attributio del testo, sia col diretto cambiamento del testo, ad esempio attribuendo ad un Papa un testo di Sant’Agostino, sia usando la parola idem, di norma inserita per ribadire il medesimo autore, anche con testi in realtà di autore diverso. Non mancarono nemmeno falsificazioni di maggiore entità. Con testi redatti ex novo ed attribuiti poi ad un’autorità legislativa da tutti accettata. Fu usata di rado, invece, l’interpretatio, consistente nel partire da un testo effettivamente autentico, ma forzandone l’interpretazione nel senso voluto: poche norme tuttavia sono derivate dall’interpretatio.
Fra le più importanti false collezioni ricordiamo:
- La Collectio Hispana Augustodunensis, solitamente vista come la prima collezione falsificata. Contiene materiale nuovo, molte interpolazioni ed anche alcuni documenti completamente falsi.
- I Capitula Angiligrammmi. Opera di Angiligrammo, cappellano di Carlo Magno. Scopo dell’opera era impedire che le denunce contro i sacerdoti, specialmente contro i Vescovi, venissero giudicate da tribunali civili, difendendo l’immunità del clero.
- I Capitularia Benedicti Levitae. Il loro autore dice, nell’introduzione, di essere Benedetto Levita, diacono della diocesi di Mainz. Tre quarti dei documenti riportati sono falsi, e quest’opera cerca di falsificare anche capitolari civili.
- La Collectio Pseudo-Isidoriana, la più importante collezione canonica, del IX secolo. Scritta presumibilmente nella provincia ecclesiastica di Reims. La collezione si divide in tre parti. Nella sua seconda parte si trova la cosiddetta “Donazione di Costantino”, scritta intorno alla metà del VII secolo. Pur essendo un falso, questo documento ebbe un ruolo molto importante nelle controversie politiche fino al XV secolo. Attraverso questo atto, l’Imperatore Costantino avrebbe donato nel 314 al papa Silvestro I la giurisdizione civile su Roma, sull’Italia e sull’intero Occidente. Avrebbe onorato la Chiesa romana attribuendole i poteri e le dignità dell’Impero sì che il pontefice potesse portare insegne imperiali. Avrebbe espresso inoltre la volontà che il vescovo di Roma avesse il principatum sui patriarchi orientali, e, di conseguenza, su tutte le chiese del mondo. Lo scopo della Pseudo-Isidoriana era la riforma della disciplina della chiesa attraverso un rafforzamento dell’autorità papale, ottenuto con la limitazione del potere dei Metropoliti. L’autore voleva ridurre l’interferenza dei poteri laici nelle questioni ecclesiastiche, escludere processi civili a carico dei Vescovi, rafforzare il potere e l’autorità dei Vescovi ma contemporaneamente, diminuire quella dei Metropoliti, potenziando la nuova forma del Primate d’Occidente.
La diffusione e gli effetti della Collectio Pseudo-Isidoriana
All’epoca della sua comparsa, la Collectio Pseudo-Isidoriana inizialmente si diffuse principalmente nel territorio francese. Questo fatto riveste una particolare importanza poiché indica che tali documenti non furono introdotti con un intento centralizzante dalla Santa Sede tra le sue collezioni canoniche. Infatti, la loro menzione era rara nelle lettere pontificie. Tuttavia, con il passare del tempo e soprattutto a partire dalla riforma gregoriana, le decretali pseudo-isidoriane vennero progressivamente accettate anche a Roma. Questo processo fu così significativo che nel periodo compreso tra il XII e il XV secolo, tali documenti furono generalmente riconosciuti come ufficiali da tutte le istituzioni ecclesiastiche.
La Collectio Pseudo-Isidoriana ebbe un impatto profondo sulla struttura e sul funzionamento della Chiesa. Essa contribuì all’istituzione di nuovi istituti giuridici, tra cui la necessità di ottenere l’approvazione della Santa Sede sulle conclusioni dei concili provinciali, il divieto per il clero di citare in giudizio i vescovi e la definizione della giurisdizione del Primate. Questi sviluppi legali non solo influenzarono le relazioni di potere all’interno della Chiesa, ma ebbero anche un impatto duraturo sulla pratica e sulla teoria del diritto canonico.
L’influenza della Collectio Pseudo-Isidoriana si riflette ancora oggi nella normativa della Chiesa. Ad esempio, l’autorizzazione della Santa Sede per la convocazione di un concilio regionale, prescritta nel Codice di Diritto Canonico del 1917 (can. 281), e presente anche nel codice attualmente in vigore (can. 439), testimonia la persistente rilevanza di tali disposizioni nell’ordinamento canonico.
Bibliografia
P. Erdö, Storia delle fonti del Diritto Canonico, Marcianum Press, Venezia 2008, 78-83.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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