Bottega di Giovan Battista Foggini, 1700 circa, busto in marmo raffigurante probabilmente Sant’Andrea Corsini
Il ruolo del pastore nell’indagine pregiudiziale o pastorale
Con il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus del 2015 papa Francesco riformando alcuni canoni del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio ha operato, non solo una semplificazione della procedura, ma anche una rivisitazione dei criteri dell’amministrazione della giustizia in questo tipo di giudici.
A tal riguardo, il Proemio del testo normativo parla esplicitamente di “una conversione della strutture ecclesiastiche” facendo salvo l’indiscusso principio cardine della riforma ossi la difesa dell’indissolubilità del matrimonio e della verità dell’accertamento attraverso lo strumento giudiziario. Inoltre, nel contesto del MIDI si menzionano come obiettivi da raggiungere la pastoralità, l’accessibilità e la vicinanza delle strutture ecclesiastiche nonché la gratuità delle procedure per le parti interessate. Appare utile precisare che parlare di prossimità significa facilitare la vicinanza non solo materiale, ma anche spirituale del ricorso agli organi ecclesiastici di quei fedeli, feriti da un amore smarrito, cosi come richiamare la responsabilità e centralità del Vescovo.
Egli in quanto pastore e giudice dei fedeli a lui affidati è tenuto ad andare incontro a coloro che necessitano di cure pastorali, predisponendo strutture pastorali e designando operatori competenti per l’attuazione di una efficace servizio giuridico pastorale specializzato o indagine pregiudiziale o pastorale che, alla luce degli articolo 1-5 delle Regole Procedurali del MIDI, al sui interno dovrà garantire competenze sia in materia di diritto canonico, sia in materia di altre discipline: psicologiche, civili, antropologico-culturali e simili.
Centralità del Vescovo nei confronti delle fragilità matrimoniali
Tra i criteri che hanno dato origine alla riforma del processo sulla nullità matrimoniale troviamo proprio la centralità del Vescovo, il quale con la riforma viene invitato ad essere segno della potestà sacramentale e ad avere un maggiore coinvolgimento della sua persona «nella gestione della giustizia ecclesiastica in virtù della quale assicurare una maggiore vicinanza degli organi giudiziari ai fedeli» bisognosi di una speciale cura pastorale. Quest’ultima con il precipuo scopo di alimentare una cultura dell’incontro unita ad un sano discernimento e ad un’efficace e diligente arte dell’accompagnamento pastorale. Accompagnamento che non dovrà soccombere alla cultura del veloce con soluzioni fondate su apparenze e non sulla verità, pena la riduzione ad un accompagnamento con terapie controproducenti, utili solo a fasciare ferite ma non a sanarle.
Dall’analisi dei primi articolo delle RP si evince come ogni Vescovo deve garantire nella propria diocesi un particole servizio di consulenza o indagine pregiudiziale, che costituisce il “primo passo che i vescovi sono chiamati a compiere” a favore dei fedeli in difficoltà, separati o divorziati come sollecitudine pastorale in forza del can. 383 § 1 (espressamente richiamato nell’art. 1 RP) e che condivide con i parroci (cfr. can. 529 § 1). Si comprende, dunque che il Vescovo è competente e responsabile nel predisporre la consulenza nei confronti delle famiglie ferite.
Responsabilità del Vescovo nell’indagine pregiudiziale: scelta delle persone ritenute idonee
La norma prescrive che l’Ordinario del luogo, in virtù di un atto di responsabilità pastorale legata alla sua potestas regiminis ordinaria, ha il compito di individuare e scegliere le persone idonee che devono compiere l’indagine pregiudiziale o pastorale e di provvedere ad un idoneo servizio per i fedeli che dubitano della validità del loro matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo (cfr. art. 2 RP). Inoltre, atteso che l’indagine è di natura sia pastorale che giuridica, l’art. 3 precisa che le persone ritenute idonee dall’Ordinario del luogo devono avere competenze anche se «non exclusive iuridico-canonicis» (art. 3 RP), tra di esse vengono menzionate il parroco, il sacerdote che ha preparato i coniugi ed altri chierici, consacrati o laici.
Questa disposizione normativa se da un lato sembra preferire un approccio aperto con un’attenzione alla persona al fine di «offrire un’attenzione umana più profonda e articolata della semplice preparazione tecnico-canonica», da un altro verso crea delle criticità in quanto «non offre criteri sicuri per stabilire quali siano i soggetti abili a svolgere l’indagine pregiudiziale o pastorale». Ma questa indeterminazione può essere superata dalle opportune indicazioni puntualizzate nell’Istruzione della Congregazione dell’Educazione Cattolica, relativa agli studi di Diritto Canonico, e dal fatto che nella voluntas Legislatoris, la pastorale familiare, che deve collaborare con il servizio giuridico-pastorale, dovrebbe sempre più giovarsi dell’apporto e della collaborazione di operatori preparati non solo dal punto di vista di sensibilità pastorale, ma anche giuridico-canonica.
Inoltre, sembra opportuni evidenziare che la precisazione usata nel testo normativo «lascia intendere che le competenze richieste devono essere di più ampia natura e, comunque, rientrare nella categoria della ecclesialità». Per cui, sebbene la norma nella sua formulazione faccia intendere che le persone ritenute idonee dall’Ordinario del luogo possano non avere competenze giuridico-canoniche, ciò non significa che fra queste non ci siano esperti in diritto canonico, dal momento che in questa prima fase di ascolto bisognerà recepire non solo la situazione attuale del fedele che richiede una consulenza, per verificare la presenza di un possibile vizio del consenso, di eventuali impedimenti a contrarre le nozze, di un possibile difetto di forma della celebrazione, ma anche di elementi utili che possono indurre ad una richiesta di nullità matrimoniale nelle forme richieste dal diritto, tra cui quella più breve e, se il caso (cfr. art. 5 RP), aiutare il fedele nella stesura del libello.
Alla luce di quanto detto si evince dai primi tre articoli delle Regole procedurali che la centralità del Vescovo, in quanto giudice nato, è riconosciuta non solo per alcuni specifici interventi richiesti dalla riforma (come il processus brevior, cfr. cann. 1683-1687 MIDI in cui ha competenza peculiare, esclusiva e inderogabile), ma anche nell’essere il primo responsabile e promotore nell’offrire un servizio di accompagnamento, uno strumento pastorale e una specifica forma di aiuto e consulenza verso quei fedeli che si trovano in situazioni matrimoniali difficili o richiedono una verifica sulla validità del loro matrimonio. Un esempio concreto per organizzare al meglio un servizio giuridico-pastorale è costituito dal Regolamento del Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati dell’Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie di cui abbiamo già parlato QUI.
Continua…
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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