Fare i conti con l’esposizione informativa posteriore del teste

esposizione
Giorgio De Chirico, Piazza d’Italia con cavallo, 1970

La valutazione della prova testimoniale

In merito alla valutazione della prova testimoniale, riveste una particolare importanza determinare se il teste, tra il momento in cui apprese i fatti oggetto di deposizione e la produzione della testimonianza in aula, ha ricevuto qualche tipo di notizia riguardante i fatti da lui esposti e sui quali depone. In altre parole, quale sia stata «l’esposizione informativa posteriore» del teste in ciò che attiene l’oggetto della controversia, allo scopo di determinare se e in quale misura tale esposizione abbia potuto incidere sulla formazione e conservazione del ricordo, punto rilevante se si vuole approcciare scientificamente all’escussione testimoniale.

Il possibile inquinamento dei ricordi del teste

L’esposizione informativa posteriore rilevante è quella che riguarda l’oggetto della controversia nonché le parti contendenti. Siffatta esposizione può procedere, direttamente o indirettamente, da una delle parti. Non è strano che nelle cause il teste proposto da una parte abbia ricevuto da essa qualche informazione (anzi qualche interpretazione) riguardo i fatti sui quali deve deporre. La narrazione della parte al teste, ovvero, l’interpretazione da essa fornita in abstracto non dovrebbe contaminare il ricordo del teste (ad esempio, se un teste è chiamato a deporre sullo svolgimento della cerimonia nuziale e del banchetto, in abstracto il racconto o la lettura interpretativa posteriore a lui fatta dalla parte che lo propone sulla vicenda matrimoniale non dovrebbe compromettere ciò che il teste apprese in quel contesto).

Tuttavia in concreto determinate esposizioni informative potrebbero contribuire ad una rielaborazione del ricordo (ad esempio, la parte racconta al teste le sciagure del proprio matrimonio, i tradimenti della convenuta e come lei già sin dal giorno delle nozze era decisa ad escludere questo o quell’altro elemento, con il risultato che il teste magari inconsapevolmente può finire per esasperare certi dettagli della notte di nozze che altrimenti magari nemmeno racconterebbe).

L’influenza dell’esposizione mediatica nei racconti del teste

L’esposizione informativa rilevante può venire anche da altri contesti, come i mezzi di comunicazione o delle informazioni di massa che circolano in determinati ambiti. In determinate cause penali con una forte risonanza mediatica (si pensi ad esempio agli abusi compiuti su minori o persone vulnerabili), talune esposizioni possono essere in grado di compromettere fortemente l’originale purezza del ricordo. Si pensi a casi in cui il teste apprende dai mezzi di comunicazione o da un determinato contesto sociale delle informazioni che mettono in cattiva luce il reo o la vittima, magari fatti (addirittura veri) che nulla hanno a che vedere con i fatti in causa. Ad esempio: un laico membro del consiglio parrocchiale dovrebbe deporre come teste sul rapporto con un parroco imputato per delitti economici.

Prima della deposizione, piombano nel palcoscenico mediatico informazioni su scontri del suddetto prete con la comunità parrocchiale in una precedente parrocchia, notizie sul fatto che fu dimesso da un seminario, sul fatto che non ha pagato alcune sanzioni imposte dall’amministrazione comunale, oppure ancora, filtrano determinate informazioni ricavate in sede d’indagine previa, dove altre persone ascoltate in quella sede sollevano atteggiamenti autoritari o condotte di dubbioso rispetto della legge. Il teste, persino inconsapevolmente, potrebbe modificare il proprio ricordo, tendendo a diffidare da certe percezioni, rendendosi conto che esse si scontrano con altre informazioni già pubbliche, e dunque valutare esageratamente altri dettagli o a introdurre elementi nel racconto.

Una difficoltà oggettiva

Com’è naturale, evitare l’esposizione informativa posteriore è semplicemente impossibile. Il teste sempre sarà esposto a qualche tipo di informazione riguardo l’oggetto della controversia tra il momento di apprendimento dei fatti e il momento della deposizione. In altre parole, è impossibile che la prima ed esclusiva notizia circa la causa sia la citazione a comparire. L’ordinamento processuale prende certe cautele che permettono, fino ad un certo punto, di contemperare tale evenienza, come ad esempio il can. 1560, § 1 CIC, che stabilisce che i testimoni devono essere esaminati uno ad uno separatamente. Tuttavia, l’esposizione informativa posteriore è difficile da impedire totalmente. La soluzione non è tanto pretendere di impedirla, quanto tenerne conto allo scopo di valutare la testimonianza.

Quale soluzione?

In questo senso, il can. 1572 CIC, nello stabilire i parametri di valutazione delle testimonianze, stabilisce che occorre valutare la condizione e l’onestà del teste, se la deposizione è fatta per conoscenza propria (in modo particolare per aver veduto o udito personalmente, oppure in base alla propria opinione, per fama o per averlo udito da altri), se il testimone si mostra costante e coerente con sé stesso, ossia non mutevole, insicuro o dubbioso e infine se ci siano altri testimoni che confermino quanto il teste ha deposto o se ciò sia confermato da altri elementi di prova. Non viene indicato alcun riferimento verso le fonti dalle quali il teste ha appresso notizie sulla causa, il che potrebbe essere di aiuto allo scopo di determinare, nella misura del possibile, l’esposizione informativa posteriore.

Sarebbe dunque auspicabile che in ogni escussione si determini quale sia stata l’esposizione informativa posteriore del teste, ovvero, da quali fonti il teste ha appresso notizie della causa. Potrebbe auspicarsi un’integrazione dello stesso can. 1572 CIC e anche del can. 1563 CIC: esso prevede che, dopo la generalità, sia domandato al teste il rapporto con le parti. Sarebbe opportuno non limitarsi al rapporto con le parti, ma chiedere da quali fonti abbia appresso le notizie circa la causa. Naturalmente, una previsione del genere non è la soluzione magica all’esposizione informativa posteriore né impedisce l’attuazione di non pochi «bias» cognitivi, ma può essere un piccolo contributo per rendere sempre più epistemicamente affidabile un mezzo di prova così rilevante come la deposizione testimoniale.

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Marc Teixidor

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