La formula del dubbio nei processi matrimoniali canonici

Raffaello, la piccola sacra famiglia, olio su tela (1518-1519), Museo del Louvre, Parigi

Introduzione

È la formula del dubbio a regolare i termini della controversia e a delineare i confini dell’attività istruttoria, garantendo quindi che l’acquisizione delle prove segua il criterio di pertinenza rispetto al capo stabilito. Con il presente contributo, pertanto, oltre a illustrare la portata di essa formula, cui si ricollega il consolidato principio della sua non modificabilità, sarà affrontata anche l’ipotesi eccezionale della mutatio che, ponendosi in deroga al  can. 1514, rende suscettibile di modifica il dubbio, anche se già precedentemente concordato.

Inquadramento sostanziale e processuale della formula del dubbio

In materia di processi volti all’accertamento della nullità del matrimonio, il can. 1513 §1 enuncia che: “Si ha la contestazione della lite, quando con un decreto del giudice si definiscono i termini della controversia, desunti dalle richieste e dalle risposte delle parti”. Dal presente dato normativo, pur non emergendo evidentemente una definizione sostanziale di formula del dubbio, è possibile comunque ricavarne il contenuto  dalla sua collocazione processuale, nella fase appunto della contestatio litis.

Quest’ultima, di matrice romanistica, coincide con il momento della pronuncia del decreto che stabilisce il capo (o i capi) da trattare in istruttoria e, più precisamente, dopo che sia stata opportunamente valutata la posizione assunta dall’altra parte, in merito ad esso. Infatti, secondo il can. 1676 §5: “La formula del dubbio deve determinare per quale capo o per quali capi è impugnata la validità delle nozze”. Il contraddittorio, inoltre, è garantito già nel momento antecedente alla litis contestatio, atteso che il Vicario Giudiziale, dalle conclusioni del libello, articola una proposta di dubbio, cui segue la fissazione del termine di quindici giorni, entro il quale alla parte convenuta e al Difensore del Vincolo è data facoltà di presentare osservazioni o di sollevare eccezioni.

 Alcuni esempi di formula del dubbio

Per chi si approcciasse per la prima volta a questa disciplina, esempi di formule potrebbero essere le seguenti: “Se consti la nullità del matrimonio per aver escluso entrambe le parti il bene della prole (can. 1101 §2)” oppure: “Se consti la nullità del matrimonio per grave difetto di discrezione di giudizio da parte attrice (can. 1095 n. 2) e per incapacità ad assumere gli oneri matrimoniali da parte convenuta (can. 1095 n. 3)”, oppure ancora: “Se consti la nullitá del matrimonio per grave difetto di discrezione di giudizio da parte attrice (can. 1095 n. 2)  o, in subordine, per aver ella escluso la indissolubilità del vincolo (can. 1101 §2)”.

In quest’ultimo caso, la subordinazione è dovuta alla chiara incompatibilità tra i due capi, quali l’incapacitas e la simulatio, richiedendo la seconda un’integra idoneità volitiva (consistente nel velle non), assente  invece nella prima. A tal proposito, autorevoli Autori, a giusta ragione, rilevano che la questione di compatibilità non possa essere avanzata al momento della concordanza del dubbio, poiché non essendoci ancora certezza circa la fondatezza dei capi, non potrebbe neppure sussistere il problema relativo alla loro compatibilità o meno[1].

Discorso a parte merita il Tribunale Apostolico della Rota Romana in cui, a seguito del Rescritto sul compimento e l’osservanza della nuova legge del processo matrimoniale, datato 7 dicembre 2015, è stata reintrodotta la formula del dubbio generica, che si esprime  in tal modo: “An constet de nullitate matrimonii, in casu”. Questa, dal carattere onnicomprensivo, conferisce maggior rilievo alle risultanze probatorie emerse nel corso del processo,  piuttosto che al nomen iuris con cui la si qualifica[2]. Su di essa, tuttavia, ci soffermeremo specificamente nel prossimo articolo.

La modifica del dubbio

Il can. 1514 stabilisce che: “I termini della controversia una volta stabiliti non possono essere validamente mutati, se non con un nuovo decreto, per una causa grave, ad istanza di una parte dopo aver udito le altre parti ed averne soppesato le ragioni”. Con il decreto, infatti, che determina il contenuto della lite, vi è la trasformazione della domanda che da provvisoria diviene ufficiale e, dunque,  definitiva [3]. Da ciò discende che il mutamento dei controversiae termini, non rientrante nei cinque casi previsti dalla disposizione normativa in questione, risulti illegittimo [4].

Infine, va precisato che il canone non specifica, neppur sommariamente, le ipotesi di gravità, in forza delle quali la parte possa instare per tale mutatio, soffermandosi il Legislatore invece solo sulle modalità della richiesta, rimettendo quindi al prudente apprezzamento del giudice la valutazione dei casi in cui essa possa esser concessa.

Annotazioni conclusive

Atteso che, come poc’anzi detto, è a discrezione del giudice stabilire la sussistenza o meno della grave causa indicata nel can. 1514, bisogna sempre prevenire – per ragioni di prudenza e di tutela del rigore giudiziale – il rischio di una troppo agevole ammissione di tutte quelle istanze di modifica del dubbio, alle quali siano sottese perlopiù ragioni di economia processuale, che non motivi effettivamente gravi. Ci si chiede, pertanto, se sia possibile rinvenire un punto di equilibrio che sappia coniugare il fine pro rei veritate, cui è naturalmente vocato il processo canonico, con le necessarie e ben note esigenze di economia. A nostro parere, la risposta al quesito risiederebbe nel fatto che quest’ultime sono idonee a giustificare la modifica della formula del dubbio, ma solo se associate ad evidenti emergenze probatorie, che di tale modifica costituiscono il fulcro essenziale.

Note

[1] Cfr. H. Franceschi, La relazione tra incapacità ed esclusione nelle cause di nullità, Relazione per il settimo corso di aggiornamento in Diritto matrimoniale e processuale canonico, p. 10

[2] Cfr. F. Heredia Esteban, Il dubbio generico nel Tribunale della Rota Romana, in Ius Ecclesiae, Vol XXXIII – N.1- 2021, p. 51

[3] Sul punto, si consiglia la lettura del richiamato articolo:  P. Moneta, La determinazione della formula del dubbio e la conformità della sentenza nell’Istr. Dignitas Connubii, in Ius Ecclesiae, 18 (2006), p. 417- 438

[4] Cfr. G.P. Montini, Alcune questioni in merito al can. 1514, in Periodica 92 (2003), p. 309

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”

(San Giovanni Paolo II)

 

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Federica Marciano di Scala

Federica Marciano di Scala, avvocato della Rota Romana-avvocato civilista.

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