Carl Spitzweg, Il guardiano notturno, 1870 circa
In diverse occasioni – durante il Pontificato attuale – si è sentito parlare di “commissariamento”, in maniera più o meno corretta, più o meno impropria da diverse fonti, soprattutto giornalistiche, riguardo a talune verifiche resesi necessarie in Istituti di Vita consacrata o in Diocesi dell’Italia e del mondo. Tuttavia, il termine genericamente utilizzato, in verità, nasconde una più minuziosa distinzione che cercheremo di proporre ed esplicare di seguito.
Conoscere per governare
Il primo istituto che andremo a presentare deriva – latamente – dalla Sacra Scrittura, laddove il Creatore ricerca, o per meglio dire osserva attentamente l’uomo che ha commesso quanto non gli era permesso, ovvero mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Nella domanda “Adamo dove sei?” [1], possiamo infatti ritrovare l’azione propria dell’Ispezione, ovvero quell’ in-spicere che dal latino sappiamo essere l’atto solennizzato del guardare agli oggetti ritenuti di volta in volta rilevanti e significativi per cogliere una dinamica reale e per superare una sfavorevole condizione informativa in cui chi esercita l’autorità opera. Dio – pur onnisciente – formalizza in forma contraddetta l’accertamento dell’accaduto poiché la ricostruzione del fatto e la rappresentazione delle sue ragioni da parte dell’uomo saranno rilevanti per una delibera in merito alle conseguenze: non solo sanzione per l’accertata violazione del divieto ma anche promessa e piano di redenzione. Diventa fondamentale e quasi sacralizzato il principio dell’Audi alteram partem [2].
Verifica di conformità
Dunque, si comprende che l’Ispezione risponde all’esigenza di una verifica di conformità di una determinata questione o vicenda a standard dettati per Legge, quasi sempre corredata anche dell’obiettivo di deterrenza rispetto alla non attuazione degli standard medesimi. Tale istituto è – certamente – una forma elementare della funzione anche amministrativa del conoscere tout court. Si noti, inoltre che oggi più di ieri l’esigenza di tale istituto giuridico si rende quanto mai attuale in particolare per l’ambito della amministrazione dei beni, all’interno del Diritto canonico.
Il mutuare elementi dell’Ispezione anche dal Diritto civile è utile alla Chiesa per via della contaminazione che coinvolge sempre più la prassi amministrativa canonica in adempimenti pubblicistici derivanti dalle regolazioni dei diversi ordinamenti civili con cui l’amministrazione ecclesiastica stessa via via si relaziona. Certamente non si potrà negare un duplice coinvolgimento dell’Ispezione; ovvero il suo essere espressione – contemporaneamente – della funzione amministrativa di controllo e della funzione ben più ampia di governo, in una logica comune (ormai) tanto all’Ordinamento canonico quanto a quelli civili.
Se dunque, l’Ispezione è lo strumento privilegiato del controllo, il problema a suo riguardo si insidia proprio in quanto poc’anzi rilevato, ovvero nel suo essere a cavallo proprio tra amministrazione e governo [3]. E osserviamo più da vicino: da un lato l’Ispezione diviene primariamente lo strumento endoprocedimentale volto all’accertamento del verificarsi di determinati requisiti o per la sussistenza dell’azione di verifica di singolari adempimenti (o inadempimenti), in ambito amministrativo o della gestione di beni. Dall’altro, però, diventa strumento di governo, dal momento che opera come veicolo per la conoscenza dei pubblici poteri e attraverso la funzione di deterrenza [4]. In altri termini, attraverso il dato aggregato che si riferisce allo svolgimento delle ispezioni di un medesimo tipo si produce al contempo un patrimonio conoscitivo indispensabile al governo e un disincentivo all’inadempimento, così da assicurare la funzionalità complessiva dell’ambito interessato, ricorrendo ad un numero circoscritto di controlli mirati.
A confronto con la Visita canonica
Il secondo Istituto giuridico che andremo ad osservare più da vicino, non può che essere quello della Visita canonica. Questo secondo Istituto, pure di controllo, si muove in maniera assieme distinta e unitaria rispetto all’Ispezione. Nel Codice di Diritto Canonico, la Visita è un architrave – potremmo dire – dell’autorità di governo che, espletandola periodicamente, quasi potrebbe guadagnare il nome di Autorità ambulatoire [5]. Un dato va certamente rilevato e sottolineato: l’Ispezione è un Istituto giuridico più propriamente riferito agli ordinamenti civili, che pure il nostro Ordinamento ha mutuato; la Visita, al contrario è l’Istituto giuridico proprio dell’Ordinamento canonico.
Premesso quanto detto, un primo punto di comparazione e di interesse – insieme – lo ritroviamo negli obiettivi dell’una e dell’altra. Abbiamo già detto, il primario è il controllo, ma di volta in volta vale la pena domandarsi – anche se per il Diritto canonico dovrebbe essere tutto sommato scontata la risposta – se prevale l’esigenza conoscitiva, la prospettiva sanzionatoria o quella correttiva e collaborativa; certamente nel nostro Ordinamento questa seconda, seppure lo strumento sanzionatorio non è escluso. Il secondo elemento significativo, va certamente ricercato nella prospettiva originaria e originante che fa assumere alla competente Autorità la decisione di avviare una Ispezione o una Visita.
Infatti, tali Istituti possono scaturire da un costante accompagnamento – si pensi alle Visite pastorali quinquennali delle Diocesi, oppure a quelle regolari degli Istituti di Vita consacrata – o in risposta a procedimenti di segnalazione o denuncia che abbiano in qualche maniera sottolineato eventi critici che necessitano di un accertamento, dunque un momento conoscitivo e poi di una decisione, momento deliberativo. Questi primi due “oggetti” di indagine nell’uno e nell’altro Istituto giuridico certamente sono di carattere più generale, ma ne possono essere sottolineati anche altri più specifici.
Alcune specificità
Certamente più particolare è lo studio dell’oggetto, ovvero del cosa si va ad ispezionare o del cosa/chi si va a visitare, a tal proposito ben ci indica il can. 397 CIC. A seconda degli oggetti, ovviamente, emergerà una differente rilevanza delle competenze richieste per lo svolgimento dell’attività conoscitiva e dei relativi poteri necessari per la stesura della relazione e della documentazione che dettagliatamente riferisce circa gli esiti dell’Ispezione o della Visita.
A seconda dell’oggetto – un’ulteriore specificità – si configura anche la modalità di conduzione del momento conoscitivo e deliberativo relativo ai due Istituti, prestando particolare attenzione alle linee normative che possono e devono fungere da guida per la realizzazione dell’una o dell’altra. Specificamente nel Diritto canonico, bisogna sottolineare come il momento conoscitivo – e a questo devono prestare attenzione le modalità con cui si conduce una Ispezione o una Visita – seppur permangano elementi autoritativi, sia in vero caratterizzato dall’elemento collaborativo e dialogico, che certamente tiene conto anche di un altro importante aspetto, ovvero quello delle conseguenze. Queste ultime – certamente successive al momento deliberativo – sono elementi da considerare e da tenere a mente per poter condurre nel migliore dei modi un momento conoscitivo che porti alla luce la verità dei fatti preservando i fatti stessi, le persone, la loro dignità, la Chiesa.
Il complesso normativo e le fattispecie di visita nel diritto canonico sono, evidentemente, più limitate di quelle previste dalla enorme legislazione che riguarda le ispezioni negli ordinamenti civili. Nondimeno, ciascuno dei punti della griglia di comparazione può trovare interessanti riscontri, sia nella storia delle visite canoniche che nella loro attualità. Si pensi solo che linee guida per lo svolgimento di visite canoniche erano già adottate nel medioevo [6] e che l’orientamento alla cooperazione nello svolgimento è tuttora un tratto caratterizzante della visita nell’ordinamento canonico. Nell’ordinamento canonico, poi, accanto alle visite motivate da specifici eventi, vi è una centralità della visita periodica, quale occasione per rinsaldare legami, tanto nel quadro degli statuti delle congregazioni religiose quanto nel caso della visita pastorale, come indica il can. 396 CIC.
Conclusioni
Volendo tirare qualche somma, tanto l’ispezione quanto la visita canonica sono strumentali e necessari al Governo dell’istituzione, qualunque sia la concezione di Governo cui ci si riferisce. Quanto alla visita nell’Ordinamento canonico questa si inquadra nell’ambito della vigilanza che, a sua, volta, è espressione del munus regendi [7] Non vi è pertanto dubbio che l’istituto si collochi al vertice dello strumentario per esercitare il governo e anzi che lo stesso governo, nell’ordinamento canonico, si strutturi in termini di presenza inquisitoria e che nella visita pastorale “si mettevano a punto delle tecniche destinate a divenire patrimonio delle future forme di razionalità amministrativa” [8].
Occorre, inoltre, osservare che la vigilanza, esplicitamente menzionata da molti canoni del Codice di Diritto canonico, è “concetto noto” [9] nonostante la mancanza di una definizione normativa. Allo stesso modo, nella dottrina amministrativistica la vigilanza è categoria dalla definizione opaca, “particolare funzione di controllo” [10], talvolta identificata con il controllo di legittimità, ma di cui sarebbe impossibile una piena identificazione con i controlli o una mera riconduzione alla categoria del controllo. Quella che era apparsa una “più ampia e meno rigorosa nozione di controllo-vigilanza” [11] è stata poi inquadrata come controllo “che è anche regolamentazione” [13], dove la fonte precettiva delle regole della vigilanza non deriva solo dalle norme – primarie o secondarie che siano – ma anche dalle regolazioni poste del vigilante.
Certamente, è importante cogliere la potenzialità dello strumento di porsi al servizio dell’effettività del diritto, tanto negli ordinamenti civili quanto in quello canonico, assicurando la tenuta del tessuto di relazioni di affidamento al centro dell’attività conoscitiva. In questo l’ordinamento canonico, e soprattutto la continuità e durata della sua vigenza, costituiscono per lo studioso di diritto amministrativo degli ordinamenti civili, una vera e propria provocazione. Il tessuto di relazioni è il sostegno, infatti, non solo di un ordinamento come quello canonico – dichiaratamente personalista – ma sempre di più anche gli ordinamenti civili che alla persona devono guardare nella consolidata prospettiva della tutela dei diritti e anche per limitare i costi di transazione, costi che crescono proprio quando le relazioni di fiducia si indeboliscono [14].
Note
[1] Gen 3,9.
[2] H.W.R WADE-C.F. FORSYTH, Administrative Law, Eleventh Edition, Oxford University Press, 2014, p. 406.
[3] M.S. GIANNINI, Controllo: nozione e problemi, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1974, p. 1263.
[4] cfr. G. LE BRAS, Les origines canoniques du droit administratif, in L’évolution du droit public: études offertes à Achille Mestre, Sirey, Paris, 1956, p. 408.
[5] Per dirla con un’espressione mutuata da G. LE BRAS, Les origines, p. 401.
[6] S. DI PAOLO, La centralità della visita nella prassi canonica medievale: tipi, oggetti, strumenti, in questo volume, p. 66 ss.
[7] Cfr. P. VALDRINI, Doveri (generali) di vigilanza e incarichi (puntuali) di visita nell’ordinamento canonico, Roma 2016, p. 139.
[8] Idem, p. 135.
[9] Ibidem.
[10] M. STIPO, Vigilanza e tutela (diritto amministrativo) (voce), in Enc. giur., Treccani, Roma, pp. 6-7.
[11] G. BERTI-N. MARZONA, Controlli amministrativi (voce), in Enc. dir., Giuffrè, Milano 1999, p. 459.
[13] Ibidem.
[14] per maggior approfondimento sulla tematica, si veda anche: M. DE BENEDETTO, Conoscere per governare: l’utilità di un confronto tra visite canoniche e ispezioni, Roma 2019.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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