Una tavola rotonda all’Arcisodalizio sullo status quaestionis del dir. canonico nelle Università statali
Si terrà giovedì 23 novembre alle ore 16.30 presso il palazzo della Cancelleria a Roma, la tavola rotonda organizzata dall’Arcisodalizio della Curia Romana in collaborazione con l’Associazione canonistica italiana, avente come titolo: il diritto canonico nelle Università Statali: ‘status quaestionis’ e prospettive. L’Arcisodalizio che quest’anno, lo ricordiamo, ha festeggiato il 300° anniversario dalla fondazione, di cui Vox ha dato notizia QUI, organizza quasi ogni mese una tavola rotonda affrontando vari temi.
Anche questa volta abbiamo posto qualche domanda circa questo prossimo evento al Primicerio, mons. Francesco Viscome, che ringraziamo per la disponibilità.
Monsignore, l’Arcisodalizio della Curia Romana insieme all’ASCAI, ha organizzato una tavola rotonda dal titolo: il diritto canonico nelle Università Statali: ‘status quaestionis’ e prospettive, potrebbe dirci da cosa nasce questa lodevole iniziativa?
Siamo quasi giunti al termine di quest’anno, che ha visto la celebrazione del tricentenario dell’Arcisodalizio della Curia Romana. Certamente l’età del nostro sodalizio viene misurata a partire dalla data di fondazione (1723) e questo arco temporale costituisce un prezioso patrimonio di esperienza. Ma, in verità, il sodalizio sta sempre cominciando di nuovo, perché chiamato a rinascere, ogni anno, in ogni nuovo sodale che viene accolto, in ogni programma culturale che prende le mosse. Quello di quest’anno recita: Diritto canonico: nel solco della tradizione, le sfide presenti e le prospettive future.
Con la tavola rotonda su “Il diritto canonico nelle Università Statali: status quaestionis e prospettive”, organizzata in collaborazione con l’Ascai, per il 23 novembre p.v., intendiamo domandarci quale possa essere l’apporto effettivo del diritto canonico non solo alla formazione globale degli studenti delle Università Statali, ma al dialogo fra le diverse branche del diritto.
È importante che anche nelle Università Statali ci sia spazio per il diritto canonico, lo abbiamo visto con il Convegno per i 40 anni dalla promulgazione del CIC, organizzato dall’Alma Mater Studiorum di Bologna, a che punto siamo in Italia in tal senso?
Un rapido sguardo ai programmi dei corsi di diritto canonico negli atenei italiani, pubblicati nelle rispettive offerte formative per l’anno accademico 2022/2023, attesta un’attenzione non sporadica alla fisionomia originale ed alla profondità della storia della disciplina in parola. Mi pare di cogliere, altresì, che c’è il felice tentativo di impostare lo studio del diritto canonico sempre di più su un piano problematico piuttosto che informativo, a partire da due esigenze complementari: cogliere gli istituti canonistici nella loro peculiarità intrinseca all’ordinamento canonico, cioè senza “contaminazioni statualistiche” e al tempo stesso esaminarli sotto l’angolatura di chi vi guarda “ex parte rei pubblicae” e non “ex parte ecclesiae”, per addivenire, così, ad un’interessante e proficua comparazione.
Pensa che in questi anni si sia fatto abbastanza per far “uscire” il diritto canonico dalle Università e farlo conoscere ai più? Cosa ancora si può fare?
Il nuovo CIC, di cui quest’anno ricorre il 40° anniversario dalla promulgazione, ha indubbiamente ridato smalto e dignità al diritto canonico, rispondendo alla necessità pratica di disporre di regole chiare che consentano alle istituzioni ecclesiastiche di funzionare ordinatamente. Tuttavia, non è stato semplice in questi anni vincere la convinzione che il diritto canonico non abbia a che vedere, o tocchi solo tangenzialmente le dinamiche vitali dell’esperienza cristiana. Per questo, ritengo di poter dire che il diritto canonico, nonostante i lodevoli sforzi dei canonisti, ha fatto un po’ fatica ad uscire “extra moenia”.
Allora cosa fare? A mio avviso bisogna sempre di più rivalutare lo spazio del diritto canonico nella Chiesa e ciò esige la riscoperta dei suoi fondamenti antropologici ed ecclesiologici, per assicurarne il corretto inquadramento e renderlo pienamente funzionale alle esigenze di comunione e di giustizia che identificano e definiscono la comunità ecclesiale.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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