A 40 anni dalla promulgazione del CIC un Convegno presso l’Alma Mater di Bologna
Si terrà all’Alma Mater Studiorum di Bologna il Convegno organizzato dal Dipartimento di scienze giuridiche della stessa Università sotto la direzione scientifica della prof.ssa Geraldina Boni, dal titolo “I 40 anni del Codex Iuris Canonici“.
Il Convegno, che si svolgerà in un’unica giornata il 7 novembre prossimo nella sala Armi di Palazzo Malvezzi, nasce appunto per commemorare questo fausto evento, che Vox Canonica ha – seppur nel suo piccolo – commemorato pubblicando delle foto storiche dell’evento sui nostri canali social e con numerosi articoli.
Oggi più che mai sentiamo la necessità di ricordare quello che fu il lavoro di tanti instancabili uomini e donne, che contribuirono alla redazione del nuovo Codice, che ebbe inizio, almeno come idea, ancor prima dell’assise conciliare, anche se annunciato lo stesso giorno, e che come sappiamo, per la mole di lavoro, si protrasse ben oltre la chiusura del Concilio, tanto da far dire a San Giovanni Paolo II che il Codice fosse “l’ultimo atto del Concilio”.
Nel discorso per la presentazione del nuovo Codice, il 3 febbraio 1983 il Santo Pontefice così si espresse:
«Ecco, fratelli carissimi, è da questa mirabile realtà ecclesiale, invisibile e visibile, una e insieme molteplice, che dobbiamo riguardare il “ius sacrum”, che vige e opera all’interno della Chiesa: è prospettiva che, evidentemente, trascende quella meramente storico-umana, anche se la conferma e avvalora. […] Il diritto, pertanto, non va concepito come un corpo estraneo, né come una superstruttura ormai inutile, né come un residuo di presunte pretese temporalistiche. Connaturale è il diritto alla vita della Chiesa, cui anche di fatto è assai utile: esso è un mezzo, è un ausilio, è anche – in delicate questioni di giustizia – un presidio [1]».
La parola all’esperto
Abbiamo posto qualche domanda alla professoressa Geraldina Boni, Ordinario di Diritto Canonico, di Diritto Ecclesiastico e di Storia del Diritto Canonico, nonché organizzatrice dell’evento e che ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato.
Professoressa, 40 anni dalla promulgazione del CIC sono tanti, negli anni il Codice ha subito tanti “aggiustamenti”, come è cambiato durante gli anni il Codice, quali le modifiche che lo hanno interessato maggiormente?
Mentre durante i pontificati di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI le modifiche sono state minime, seppur non irrisorie (il Motu Proprio Ad tuendam fidem del 18 maggio 1998, che aggiunse un nuovo paragrafo al can. 750 relativo alle verità da accogliere e ritenere; e il Motu Proprio Omnium in mentem del 26 ottobre 2009, con cui si eliminava l’atto formale di separazione dalla Chiesa cattolica con riferimento ad alcune norme sul matrimonio, oltre a precisare la posizione dei diaconi), durante quello di Papa Francesco le modifiche al Codice sono state davvero molteplici e di incisiva portata.
Anche solo un elenco sarebbe estremamente dilatato: le riforme indubbiamente più ampie e rilevanti hanno riguardato, come noto, il processo di nullità matrimoniale (con il Motu Proprio Mitis iudex del 15 agosto 2015) e il diritto penale canonico, essendo stato novellato l’intero Libro VI (cfr. la Costituzione Apostolica Pascite gregem Dei del 23 maggio 2021). Ma sono stati revisionati e corretti numerosi canoni sulla vita consacrata, oltre a non pochi altri su aspetti specifici. Se un tempo sembrava essersi insediata la convinzione che il Codice fosse quasi intoccabile nella sua stabilità, oggi non si mostra alcuna esitazione a intervenire sul suo testo laddove se ne ravvisi l’opportunità.
Certo queste continue modifiche codiciali (alcune tra l’altro ancora necessarie, se non altro per l’armonizzazione interna tra i vari canoni), ma pure la crescita notevole della legislazione extra Codicem (si pensi solo alle Costituzioni Apostoliche Episcopalis communio sul Sinodo dei Vescovi e Praedicate Evangelium sulla Curia romana, ai Motu Proprio Come una madre amorevole e Vos estis lux mundi, solo per addurre qualche esempio tra i tanti) non solo fanno qualificare Papa Francesco come un legislatore instancabile: ma soprattutto inducono a riflettere sulla sorte futura del paradigma codiciale, per usare un’espressione oggi in uso, nel quale pure la Chiesa, ancora quarant’anni fa, aveva confidato.
È cambiato a suo avviso il modo di legiferare nella Chiesa nel corso di questi 40 anni, in che modo?
Come risalta palese da quanto appena riferito, ci troviamo in una fase di attività legislativa, più che solerte, frenetica: un’urgenza impellente sembra guidarla, se si considera che spesso non si promulga nelle forme previste dal Codice, manca il testo latino, il tempo di vacatio legis è ridotto se non soppresso. Papa Francesco, che pure non è un giurista di formazione né – va ammesso – ha mai palesato eccessiva simpatia per i cultori del diritto, adopera con larghezza inusitata lo strumento legislativo.
Non è questa la sede per una disamina sui contesti nei quali si è legiferato, sui contenuti e sulle caratteristiche, ovvero anche sui pregi o i difetti di questa abbondantissima e variegata produzione normativa. Mi limito a evidenziarne la mole massiccia: che si è riversata anche, e non secondariamente come ho anticipato, sul Codice postconciliare, mutandone inevitabilmente alcuni connotati originari.
Come nasce l’idea del Convegno e cosa si auspica da quest’ultimo?
In un’intervista concessa ad Avvenire i primi di febbraio di quest’anno in occasione dell’anniversario della presentazione del Codice di Diritto Canonico da parte di papa Wojtyła, mi impegnavo a organizzare un convegno per commemorare la promulgazione del secondo Codex Iuris Canonici della Chiesa latina, quello ʻfiglioʼ del Concilio Vaticano II, laddove, a Roma o altrove, non si fosse provveduto a dare a questo importante evento ecclesiale il risalto che merita: e ho mantenuto la promessa assunta, atteso che non vedo altre iniziative di pregio in Italia.
E, come si può riscontrare dal programma, sono state coinvolte figure di indubbio rilievo e prestigio, sia per quanto concerne le autorità ecclesiastiche, sia per quanto afferisce il panorama dottrinale: ma sono stati pure chiamati a partecipare al dibattito alcuni rinomati giornalisti e vaticanisti, esperti della materia, per sondare altresì come il diritto canonico venga percepito da coloro che non ne sono diretti e specifici studiosi o fruitori.
D’altra parte mi pare assai significativo che il convegno si svolga presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater Studiorum. La fama di Bologna come culla e patria del diritto, tra undicesimo e dodicesimo secolo, è straordinaria: ed è legata al nome di Irnerio, per il diritto civile, ma soprattutto, per quanto qui ci interessa, a quello di Graziano, per il diritto canonico. E, a ben vedere, è precipuamente il Decretum Gratiani a contenere, dal punto di vista del metodo, i semi più fertili di avvenire: inaugurando quella distinzione nella compenetrazione tra l’investigare della ragione e il credere della fede che ha consentito per molti secoli al nostro Continente di esercitare un primato intellettuale e politico non disgiunto da un profondo sentire religioso.
E ha contribuito a rendere maggiormente consapevole la Chiesa dell’imprescindibilità di uno strumento giuridico efficace e raffinato per poter affrontare le sfide sempre nuove che si pongono all’homo viator: nella matura e viva sollecitudine per l’armoniosa convivenza e il destino ultimo delle persone. Con la ferma persuasione, peraltro, che il diritto, per echeggiare le parole di papa Wojtyła, attinge il suo scopo solo «nel servire la causa della giustizia».
Se ci è concesso chiederlo, quale libro del Codice le sta più a cuore e perché?
In tutta sincerità, nessuno in particolare: tra l’altro mi sono occupata, e criticamente, della riforma codiciale sia del processo di nullità matrimoniale, sia del diritto penale; ma non ho disdegnato anche di avventurarmi in prospettive de iure condendo (sulla rinuncia pontificia e sulla sede romana impedita). Anche se recentemente mi sono concessa di ʻrifugiarmiʼ un poco nella bellissima e quanto mai affascinante storia del diritto della Chiesa, avendo appena pubblicato con l’editrice Morcelliana un manuale per i miei studenti bolognesi.
Più che un tema singolo, comunque, mi sta a cuore che l’attività legislativa della Chiesa sia davvero rispondente al buon governo della communitas christifidelium: producendo, laddove sia indispensabile e con la prudentia necessaria, leggi chiare, puntuali e conoscibili, tenendo conto della realtà regolata, quindi ragionevoli, e delle esigenze del popolo di Dio, avvalendosi della consulenza tecnica degli organi a ciò deputati e accogliendo inoltre con favore la collaborazione della scienza giuridica. E qui torno al convegno bolognese, che ambisce a rinverdire la memoria di quella feconda alleanza medievale tra auctoritas (il legislatore) e ratio (la dottrina) che rese grande il diritto canonico nella stagione del suo massimo splendore.
Note
[1] Giovanni Paolo II, Discorso per la presentazione ufficiale del nuovo Codice di diritto canonico, 3 febbraio 1983, n°8.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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