Nello scorso contributo abbiamo riflettuto sul can. 515 che si occupa di disciplinare la Parrocchia. Esso è normato nel Libro II (di cui abbiamo parlato QUI), al Capitolo VI. L’intera sezione è titolata “Le Parrocchie, I Parroci e i Vicari Parrocchiali”. Dal can. 519 al can. 552 troviamo la normativa che disciplina il Parroco e i vicari parrocchiali, ma, prima di entrare nel vivo della riflessione sommaria sul Parroco ricordiamo che dallo scorso contributo era emerso che:
“La Parrocchia è chiamata ad essere segno profetico e segno fecondo di quell’amore autentico che, dalla profondità dei sacramenti, dello studio della Parola, dell’annuncio del Kerigma, alla carità ricercata e praticata, riesca a consentire l’esperienza dell’Amore concreto di Dio per ogni uomo” (qui)
Il Codice
Per poter adempiere tale missione, la Parrocchia è affidata alla “cura” di un pastore proprio che è denominato “Parroco”.
È il Codice, al can. 519, a disciplinarne la figura e gli aspetti essenziali:
Il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l’autorità del Vescovo diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere al servizio della comunità le funzioni di insegnare, santificare e governare, anche con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l’apporto dei fedeli laici, a norma del diritto.
La missione del Parroco è dunque quella di essere un “pastore” per il gregge che gli è stato affidato: giova infatti ricordare che il parroco è al servizio della parrocchia, e non il contrario (qui).
La Chiesa affida questa cura di servizio pastorale tramite la mediazione del Vescovo proprio, ed è sotto l’autorità di questo che il parroco può e deve attuare la sua missione. Anche se, è bene precisare, che egli non è né un vicario né un delegato del Vescovo poiché è chiamato ad attuare tale ufficio a nome proprio.
Le funzioni del parroco
La cura pastorale risiede nell’adempiere la funzione di insegnare, santificare e governare. Tale cura è approfondita nei cann. 528-530. Interessante è notare che il CIC elenca come prima “funzione” del Parroco quella di insegnare e non quella di santificare:
Il can. 528 così norma:
– §1. Il parroco è tenuto a fare in modo che la parola di Dio sia integralmente annunciata a coloro che si trovano nella parrocchia; perciò curi che i fedeli laici siano istruiti nelle verità della fede, soprattutto con l’omelia da tenere nelle domeniche e nelle feste di precetto e con l’istruzione catechistica da impartire; favorisca inoltre le attività che promuovono lo spirito evangelico, anche in ordine alla giustizia sociale; abbia cura speciale della formazione cattolica dei fanciulli e dei giovani; si impegni in ogni modo, anche con la collaborazione dei fedeli, perché l’annuncio evangelico giunga anche a coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa o non professano la vera fede.
La ricchezza di questa norma richiederebbe tempo e attenzione per poter essere approfondita, per comprendere se la sistematica dei munus richiamati corrisponda ad un semplice elenco o ad una esigenza di priorità.
Ma, volendo rimanere nella lettera della norma emerge che il primo compito di un Parroco è quello di curare la catechesi, la formazione, l’istruzione dei battezzati. Così che, il primo aspetto di cura che il Parroco deve avere nei riguardi del popolo a lui affidato è la funzione di insegnare a cui segue quella di santificare, poiché senza annuncio della Buona Novella non può esserci fede! Senza l’attivazione di un processo di evangelizzazione non nasce il desiderio di radicarsi in Cristo con i sacramenti e anche la carità e il volontariato offerto potrebbero diventare dei corpi senza anima cristiana, gesti privi di uno spirito evangelico, bensì atti semplicemente filantropici, che, seppur sempre meritevoli e validi, poco rispondono all’essenza della parrocchia come luogo di trasmissione della fede, poiché possono trovare il loro spazio abituale in vari tipi di associazioni non confessionali.
Una necessaria collaborazione
Il canone stesso richiama l’esigenza che il parroco agisca in collaborazione anche con altri sacerdoti, diaconi, consacrati e fedeli laici per la formazione e la catechesi. La necessità di una leale e proficua collaborazione tra i vari carismi presenti nella Chiesa è richiamata anche nel m.p. Antiquum ministerium:
L’intera storia dell’evangelizzazione di questi due millenni mostra con grande evidenza quanto sia stata efficace la missione dei catechisti. Vescovi, sacerdoti e diaconi, insieme a tanti uomini e donne di vita consacrata, hanno dedicato la loro vita all’istruzione catechistica perché la fede fosse un valido sostegno per l’esistenza personale di ogni essere umano. (…)
Risvegliare l’entusiasmo personale di ogni battezzato e ravvivare la consapevolezza di essere chiamato a svolgere la propria missione nella comunità, richiede l’ascolto alla voce dello Spirito che non fa mai mancare la sua presenza feconda (cfr CIC can. 774 §1; CCEO can. 617). Lo Spirito chiama anche oggi uomini e donne perché si mettano in cammino per andare incontro ai tanti che attendono di conoscere la bellezza, la bontà e la verità della fede cristiana. È compito dei Pastori sostenere questo percorso e arricchire la vita della comunità cristiana con il riconoscimento di ministeri laicali capaci di contribuire alla trasformazione della società attraverso la «penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico (qui)
Dunque, in sintesi, l’analisi del combinato disposto del can. 519 con il can. 528 §1 focalizzando l’attenzione sul ministero di cura pastorale in capo al Parroco richiamano e approfondiscono l’importanza dell’annuncio catechetico che a lui spetta, in piena collaborazione con l’apporto carismatico dei laici e dei consacrati.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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