Riccio di pastorale in avorio raffigurante un Vescovo inginocchiato davanti alla Madonna col Bambino attorniato dai profeti, 1360-1390, museo nazionale del Bargello, Firenze
Approfondiamo il tema della potestas regiminis secondo la teoria del Cardinale De Paolis
Il problema della potestà sacra (potestas) nella Chiesa è stato, ed è tuttora, uno dei punti di grande dibattito tra gli studiosi e i dottori della scienza canonica. Daremo una breve esposizione del canone 129. Non tratteremo le diverse posizioni che si riscontrano nella dottrina. In questo contributo presenteremo la teoria di Velasio De Paolis. La nostra discussione si concentrerà su tre punti:
1. Riflessioni sull’origine del potere
2. La nozione di potere sacro e la sua evoluzione
3. Il soggetto che esercita il potere
Riflessioni sull’origine del potere
De Paolis presenta innanzitutto una visione storica del potere sacro, attraverso la quale evidenzia la natura del potere e la sua comunicazione nella Chiesa. Per lui non c’è dubbio che il potere sia sacro e quindi soprannaturale. Egli fonda l’origine del potere in Cristo. È il fondatore della Chiesa che conferisce il potere alla Chiesa. La Chiesa non può avere altro potere che quello del suo mistero.
La nozione di sacra potestà e la sua evoluzione
Il primo libro del Codice di diritto canonico è intitolato Norme generali. Il titolo VIII è intitolato De potestate regiminis, tradotto come potere di governo. Rispetto al canone 196 del Codice del 1917, c’è un cambiamento nel nome. In passato si parlava di potestas iurisdictionis; questo termine aveva risonanze civili e piuttosto legislative, mentre la potestas regiminis del canone 129 ha una portata più ampia. Il cambiamento del nome di questa potestà è una conseguenza delle funzioni che essa assume in base al canone 129. Per questo motivo De Paolis riconosce l’unicità della potestà sacra e le sue ramificazioni in tre funzioni: insegnamento, santificazione e governo.
Questo potere, che egli afferma essere unico nella sua fonte e sacro nella sua natura, serve a raggiungere fini che sono soprannaturali. È un potere il cui carattere soprannaturale permea tutte e tre le sue funzioni. Da questa prospettiva, De Paolis inizia a porre un problema: cerca di evidenziare il carattere soprannaturale del potere di governo. Questo era già il preludio della posizione che avrebbe assunto in seguito, come vedremo. La storia sarebbe stata il luogo per eccellenza in cui avrebbe trovato il trampolino di lancio per la sua teoria. Due fatti storici servono come argomenti per il passaggio da un esercizio unitario a uno frammentato del potere.
Il potere d’ordine si dice vicario, perché ricevuto da Cristo; il potere di governo, invece, diventa “proprio”, perché proviene dalla Chiesa come società perfetta. Lo scisma è ormai completo!
Essendo andato da solo, il potere di governo è caduto nell’arena del secolo e ne ha ereditato le caratteristiche. Perse il suo carattere soprannaturale. Era un comando per il comando. Una delle sue ripercussioni nella Chiesa fu il consolidamento della visione piramidale, con il Romano Pontefice al vertice. La giurisdizione è stata la caratteristica più tipica di questa Chiesa piramidale; essa derivava dal bisogno di affermazione e riconoscimento di fronte alla società civile.
Il soggetto che esercita il potere
Le affermazioni fatte da De Paolis nell’analisi della storia della potestà sacra e dell’evoluzione delle sue tre funzioni avevano lo scopo di dimostrare l’origine sacramentale della potestà di governo. Questa volta la sua problematica consisterà nel parlare del soggetto in grado di esercitare la potestà di governo secondo il canone 129. A suo avviso, la secolarizzazione della potestà di governo non è altro che uno slittamento e una distorsione. Il potere di governo era strettamente legato agli altri due poteri, in quanto costituiva una delle tre funzioni dell’unico e medesimo potere sacro: quello che Cristo ha dato alla sua Chiesa per scopi spirituali. De Paolis ha trovato prove di questo legame anche nel potere episcopale. Poiché i vescovi sono vicari di Cristo, il potere che esercitano è il potere di Cristo. In loro, il legame tra le tre funzioni è davvero stretto.
Quando il canone 129 parla di coloro che hanno ricevuto l’ordine come soggetti abilitati all’esercizio della sacra potestà, per De Paolis si tratta di rimettere le cose al loro posto. Egli, infatti, si accinge ad affermare l’origine sacramentale della potestà d’ordine sulla base di dati storici, che ci siamo presi la briga di esporre dettagliatamente per evidenziare la dinamica del suo ragionamento. Ciò che ha portato De Paolis ad adottare la tesi dell’origine sacramentale del potere di governo non è altro che il famoso stretto legame che esiste tra le tre funzioni dello stesso potere. Può accadere che lo stretto legame metta in discussione la validità dell’esercizio del potere di governo da parte di chi non ha ricevuto l’ordine sacro. Fino a che punto, allora, si può parlare di cooperazione laica nel potere di governo? Dove si può trovare una cooperazione attiva se si spinge al limite questa logica?
In conclusione
Da quanto detto, De Paolis conclude che il potere di governo nella Chiesa è un potere sacramentale. Questa affermazione è giustificata dall’unità del potere, cioè delle tre funzioni che si fondono nel sacramento dell’Ordine.
Bibliografia
V. De Paolis, La potestà di governo nella Chiesa . Gli uffici ecclesiasti (Libro I, cann. 129-196), in Aa.Vv., I religiosi nel nuovo codice di diritto canonico (Segreteria C.I.S.M. cur., )Rogate, Roma 31-63.
V. De Paolis – A. D’auria, Le Norme generali commento al codice di diritto canonico, 2ed., UPI, 2014.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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