Il Codice di diritto canonico nel Libro II, dedicato al Popolo di Dio (di cui abbiamo parlato qui), alla sezione II, titolo III, disciplina la Struttura interna delle Chiese particolari, e nel Capitolo VI si occupa delle Parrocchie, dei parroci e dei vicari parrocchiali.
Nel presente contributo cercheremo di conoscere meglio la Parrocchia che “pur non essendo un’istituzione di diritto divino, appare necessaria ancora oggi, poiché rende concretamente possibile la cura pastorale dei fedeli”[1]. L’approfondiremo alla luce del Codice e della istruzione, emanata dalla Congregazione del clero: La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa (fonte).
Il canone di riferimento dell’analisi sulla parrocchia è il 515 che così disciplina:
§1. La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell’àmbito di una Chiesa particolare, la cui cura pastorale è affidata, sotto l’autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore.
§2. Spetta unicamente al Vescovo diocesano erigere, sopprimere o modificare le parrocchie; egli non le eriga, non le sopprima e non le modifichi in modo rilevante senza aver sentito il consiglio presbiterale.
§3. La parrocchia eretta legittimamente gode di personalità giuridica per il diritto stesso.
La prima parte del primo paragrafo, di cui ci occuperemo in questo articolo introduttorio, avvia il fedele nell’immediata comprensione di cosa sia la “parrocchia”: essa è una determinata comunità di fedeli, di battezzati, così da poter giungere ad affermare che:
Il termine comunità sottolinea non solo che oggetto della cura pastorale è un gruppo di fedeli, ma soprattutto che la parrocchia nel suo insieme è soggetto dell’azione pastorale[2]
La comunità di fedeli, generalmente e storicamente, era aggregata dal criterio territoriale. Infatti il can. 518 sostiene che «come regola generale, la parrocchia sia territoriale, tale cioè da comprendere tutti i fedeli di un determinato territorio». Ma, il criterio territoriale per il CIC/17 era fondante, esplicitando espressamente che:
«Non era il popolo a costituire la parrocchia, bensì la sezione di territorio diocesano (in quanto circoscrizione amministrativa), alla quale veniva assegnata una determinata popolazione sotto l’autorità di un pastore»[3]
Questo criterio così stringente ed estremamente riduttivo, a partire dalla rivoluzione del Concilio Vaticano II accolta nel CIC/83, non è più il centro. Infatti, dall’analisi del can. 515 §1 emerge e si consolida l’idea che sono i battezzati in quanto tali, coloro che formano, insieme, la parrocchia. L’ introduzione del §1, alla luce di questa nuova evidenza, assume maggior peso avendo:
«Una valenza antropologica perché pone in risalto la centralità della persona umana, non in quanto elemento chiamato ad animare una struttura ecclesiale, bensì come componente attiva e costitutiva verso cui è rivolta la cura pastorale»[4]
L’Istruzione
La recente istruzione, confermando il canone sostiene che:
La parrocchia, pertanto, è una comunità convocata dallo Spirito Santo per annunciare la Parola di Dio e far rinascere al fonte battesimale nuovi figli; radunata dal suo pastore, celebra il memoriale della passione, morte e risurrezione del Signore, e testimonia la fede nella carità, vivendo in permanente stato di missione, perché a nessuno venga a mancare il messaggio salvifico, che dona la vita (n. 29)
È sempre più esplicito l’invito a trasformare la parrocchia in un centro relazionale “vivo”, in una comunità di battezzati che, aggregati dallo Spirito di Dio, fortificati dalla Parola, dai sacramenti e dalle sane relazioni interpersonali siano audaci testimoni della bellezza del Regno. Ma, per generare tali cristiani autentici c’è bisogno che le parrocchie riscoprano l’importanza dell’annuncio e della catechesi:
Occorre, quindi, che la parrocchia educhi alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio attraverso proposte diversificate di annuncio, assumendo forme comunicative limpide e comprensibili, che raccontino il Signore Gesù secondo la testimonianza sempre nuova del kerigma (n. 21)
La catechesi dovrà presentarsi come un continuo annuncio del Mistero di Cristo, al fine di far crescere nel cuore del battezzato la statura di Cristo (cfr. Ef 4, 13), attraverso un incontro personale con il Signore della vita (n. 23)
Sarà, così, fondante e fondamentale che le due realtà di annuncio del Kerigma e di manifestazione dell’agape fraterna si intessano:
Nell’intreccio misterioso tra l’agire di Dio e quello dell’uomo, la proclamazione del Vangelo avviene attraverso uomini e donne che rendono credibile ciò che annunciano mediante la vita, in una rete di relazioni interpersonali che generano fiducia e speranza. Nel periodo attuale, segnato spesso dall’indifferenza, dalla chiusura dell’individuo in se stesso e dal rifiuto dell’altro, la riscoperta della fraternità è fondamentale, dal momento che l’evangelizzazione è strettamente legata alla qualità delle relazioni umane (n.24)
La fraternità ecclesiale generata dal battesimo, essenziale affinchè si possa avere e consolidare l’annuncio della Buona Novella, non si improvvisa e non è automatica. Sarà necessario che :
La parrocchia sia “luogo” che favorisce lo stare insieme e la crescita di relazioni personali durevoli, che consentano a ciascuno di percepire il senso di appartenenza e dell’essere ben voluto (n.25)
Quindi, la Parrocchia è chiamata ad essere segno profetico e segno fecondo di quell’amore autentico che, dalla profondità dei sacramenti, dello studio della Parola, dell’annuncio del Kerigma, alla carità ricercata e praticata, riesca a consentire l’esperienza dell’Amore concreto di Dio per ogni uomo. Tale fraternità di battezzati, rinati dal corpo e sangue di Cristo ha il suo culmine della celebrazione comunitaria dell’Eucaristia, così come esplicitato dalla Costituzione conciliare Sacrosantum concilium n.42:
Bisogna fare in modo che il senso della comunità parrocchiale fiorisca soprattutto nella celebrazione comunitaria della messa domenicale (fonte)
La Parrocchia, sarà costituita in modo stabile nell’ambito di una Chiesa particolare e avrà la cura di un proprio pastore: il parroco, che analizzeremo nel prossimo contributo.
Fonti
[1] “Commento al can. 515”, in Codice di Diritto Canonico commentato, Redazione di QDE (ed.), Ancora 2017, 466.
[2] Ibidem, 467.
[3] A. P. Bosso, Munus e potestas del parroco, UUP, Città del Vaticano 2022, 17.
[4] Ibidem, 23.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
©RIPRODUZIONE RISERVATA