Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, in arte Sandro Botticelli, la Madonna del Padiglione, Pinacoteca Ambrosiana, Milano.
La nomina del perito nelle cause matrimoniali approfondiamo l’argomento
Vox Canonica ha già approfondito QUI la perizia, oggi trattiamo invece la nomina del perito. La designazione di un professionista clinico non di rado avviene con istanza della parte interessata, da rivolgere al giudice, dopo la pubblicazione degli atti ed entro il consueto termine di trenta giorni; l’istanza in questione è condicio essenziale, nonostante possa ritenersi il contrario per i già fissati termini della controversia, con la concordanza del dubbio. Alcuni tribunali, invece, procedono alla scelta del perito senza che la parte ne faccia richiesta, in un momento che precede l’escussione dell’ultimo teste, nonché la pubblicazione degli atti.
I criteri di nomina
Criteri non univoci dunque regolano la designazione del perito d’ufficio, che nella prassi processuale è indistintamente nominato nella fase antecedente o successiva alla pubblicazione degli atti di causa. Il Legislatore, nel can. 1575, statuendo infatti che:
“Spetta al giudice nominare i periti, udite le parti o su loro proposta, oppure, se del caso, accettare relazioni già fatte da altri periti”
nulla specifica sul dato temporale, soffermandosi solo sulla importanza del parere delle parti funzionale a tale nomina. Sul primo punto si riscontra quindi l’assenza di una disciplina unitaria nei regolamenti interni dei tribunali ecclesiastici, per cui spesso l’inizio delle operazioni peritali è decretato prima della pubblicazione degli atti (cd. publicetur). Alla luce di ciò, si rileva quanto la questione, pur apparendo di secondaria importanza rispetto al prevalente obiettivo di veder soddisfatte le pretese istruttorie a prescindere da quando esse vengano accolte, potrebbe comunque dar luogo ad alcune criticità, specie nell’ipotesi in cui la parte decidesse di farsi assistere da un perito proprio.
In tal caso, infatti, atteso che il munus del perito privato coincida con una vera e propria attività difensiva, differenziandosi essa per la sola scientificità delle valutazioni da quella del patrono, ne deriva che, come e attraverso quest’ultimo, il perito privato avrebbe piena disponibilità degli atti istruttori soltanto dopo la pubblicazione degli stessi. Se invece, come di fatto avviene, molti tribunali danno inizio alle operazioni cliniche prima del publicetur, gli atti potrebbero essere visionati dal perito privato della parte solo presso il tribunale e alla presenza del difensore.
Una prassi limitante
Prassi questa sì garantista, ma farraginosa, poiché ingenera non pochi problemi di natura pratica nell’attività del perito privato, ove mai questi volesse procedere al riesame di taluni dati. Innegabili, dunque, le limitazioni in termini di agevolezza che incidono sfavorevolmente sull’espletamento dell’attività peritale in questione, con ovvie implicazioni sulla speditezza del giudizio. Diversamente, il perito d’ufficio, auxiliarius del giudice, nonché figura onerata dal giuramento de secreto servando (non già previsto per il perito di parte) può accedere anche prima della sua discovery processuale al fascicolo istruttorio, non incorrendo egli in preclusione alcuna.
In conclusione
Alla luce di ciò, ci si interroga pertanto se sia opportuno uniformare la prassi dei tribunali ecclesiastici, affinché l’inizio delle operazioni peritali, cui segue quasi sempre la richiesta di approvazione di un perito di parte, venga sempre stabilito dopo il decreto di pubblicazione degli atti. A nostro avviso, sarebbe opportuno procedere in tal senso, poiché solo con il publicetur potrebbero essere garantite all’esperto clinico privato le stesse opportunità riconosciute a quello ex officio; laddove per pari opportunità intendiamo la possibilità per il perito di parte di esercitare il proprio munus entro un margine di più ampia autonomia e agevolezza.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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