In foto il Vicariato di Roma
La Chiesa che è in Roma
Nella comunione delle Chiese, alla Chiesa di Roma è affidata la particolare responsabilità di accogliere la fede e la carità di Cristo trasmesse dagli Apostoli e di testimoniarle in modo esemplare [1]. A ciò consegue che la peculiare preoccupazione del suo Vescovo è proprio quella di curare e di provvedere quanto è necessario alla Chiesa stessa perché sia sempre conforme allo Spirito del Divino Fondatore. Non dimentichiamo, infatti, che il Romano Pontefice, successore di Pietro, in qualità di Vescovo di Roma, in comunione con gli altri Vescovi esercita il proprio ministero anzitutto garantendo che il popolo di Dio nella Diocesi a lui affidata sia confermato nella fede e nella carità [2]. In questo orizzonte peculiarissimo si innesta la riforma dell’Ordinamento del Vicariato, organismo che funge da Curia diocesana per la Diocesi di Roma, seguendo a quanto già disposto in precedenza dai Pontefici Paolo VI, nel 1977 con la Costituzione Vicariae Potestatis e nel 1998 da Giovanni Paolo II con la Costituzione Ecclesia in Urbe.
Peculiarità
Non è ignota la natura particolare della Chiesa locale presieduta dal Romano Pontefice, la cui cura pastorale è affidata con potestà vicaria ad un Cardinale. Ancor più peculiare il territorio che è luogo d’accoglienza di un elevato numero di Sacerdoti e di Popolo di Dio. Infatti, alla Diocesi di Roma appartengono a titolo proprio i membri del Collegio Cardinalizio, cui spetta l’elezione del Pontefice [3] ed hanno altresì sede, sul medesimo territorio, i Dicasteri della Curia Romana dei quali il Romano Pontefice si avvale per l’esercizio della sua potestà sulla Chiesa universale [4]. Sono, poi presenti sul territorio diverse ed innumerevoli istituzioni governative di Ordini e Congregazioni Religiose, uffici culturali qualificati della Chiesa Cattolica, nonché organizzazioni Cattoliche internazionali, la Conferenza Episcopale Italiana ed Organizzazioni apostoliche internazionali.
In fine, per la sua peculiare ricchezza storica ed artistica la Diocesi di Roma è meta di innumerevoli persone che necessitano, come ovvio della adeguata cura pastorale. In ragione di tali caratteristiche assolutamente peculiari che la Chiesa di Roma ha in se stessa, il Vescovo ha ritenuto opportuno redigere un nuovo regolamento per la Curia diocesana sua propria.
Snodi fondamentali della riforma
Come già accennato, quella di Francesco non è la prima riforma del Vicariato di Roma. Volendo rimanere nell’era post conciliare, incontriamo la Costituzione di Paolo VI che si rese necessaria all’indomani del Concilio Ecumenico Vaticano II e quella di Giovanni Paolo II, seguente il Sinodo Diocesano.
Leggendo l’ultima riforma della Curia diocesana di Roma, spiccano immediatamente alcuni elementi fondanti: maggiore collegialità, maggiore presenza del Pontefice in qualità di Vescovo di Roma in ogni questione amministrativa, economica e pastorale di rilievo della Diocesi medesima. In particolare il Consiglio episcopale dovrà sempre essere presieduto dal Pontefice quale Vescovo diocesano, essendo organo in cui cessano o mutano le attività del maggior numero degli organismi del Vicariato.
Quest’ultimo è annoverato tra gli Organi della Santa Sede [5] e per questa sua peculiare natura, soggetto al Diritto universale, nonché a quelle norme applicabili alle Istituzioni della Curia Romana. Inoltre, per le strutture immobiliari annoverate nell’accordo del Trattato Lateranense, soggetto anche alle norme dello Stato della Città del Vaticano e alla normativa italiana per ogni fattispecie esclusa dai casi precedenti. Per quanto concerne i fedeli della Diocesi di Roma che si trovassero nel territorio dello Stato della Città del Vaticano, questi sono affidati alla cura pastorale dell’Arciprete pro tempore della Basilica vaticana, Vicario di Sua Santità per lo Stato della Città del Vaticano [6].
I tribunali
Di grande importanza, l’Art. 36, che annovera tra i Tribunali della Diocesi, il Tribunale Diocesano ed il Tribunale Interdiocesano di Prima Istanza per la Regione Lazio. Scompare il Tribunale d’Appello, in precedenza presente, ora soppresso. Dalla lettura comminata degli Artt. 43 §2; 42 §2 e 45 si evince che la soppressione è supplita dall’Apostolico Tribunale della Rota Romana, al quale in seconda istanza sono trattate le cause provenienti dal Tribunale Diocesano e dal Tribunale di Prima Istanza per la Regione Lazio.
Il Cardinale Vicario
L’impegno intenso che la cura della Diocesi di Roma richiede rende necessaria la nomina di un Cardinale che coadiuvi il Pontefice nel governo. In ragione di ciò è nominato un Cardinale che come ausiliare e Vicario generale [7], esercita il ministero episcopale di magistero, santificazione e governo pastorale per la Diocesi di Roma con potestà ordinaria vicaria nei termini da me stabiliti; è anche giudice ordinario della Diocesi e la sua potestà non si estende nei confini dello Stato della Città del Vaticano. Il Cardinale vicario, dunque, gode di potestà ordinaria vicaria, ovvero una potestà esercitata in nome e per conto del Romano Pontefice vescovo di Roma e annessa ipso iure all’esercizio dell’ufficio ecclesiastico determinato, la quale si estingue con la cessazione dell’ufficio medesimo.
Volendo effettuare un confronto con le due Costituzioni Apostoliche precedentemente citate notiamo che, mentre sia Paolo VI che Giovanni Paolo II riconoscevano al Cardinale vicario «l’alta ed effettiva direzione del Vicariato» [8]; in questo caso Francesco, a sottolineare la collegialità dell’esercizio della potestà nel Vicariato, non ha voluto inserire tale specifica normativa. In capo a lui rimane la legale rappresentanza della Diocesi di Roma [9] ed il suo ufficio non cessa in Sede vacante [10], conformemente a quanto stabilito dai Predecessori ed emerso dal Prima Romana Synodus, art. 12.
Il Vicegerente
Con la Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione, è rafforzata la potestà del Vescovo Vicegerente. L’Art. 14 specifica che tale figura è quella di un Vescovo ausiliare con potestà ordinaria vicaria da esercitarsi nei termini stabiliti dal Romano Pontefice, che provvede alla sua nomina. Scompare, anzitutto, l’elevazione al titolo di Arcivescovo presente sia nella Costituzione Vicariae Potestatis [11], sia nella Costituzione Ecclesia in Urbe [12]; inoltre, mentre nelle due Costituzioni precedenti al Vicegerente era affidato il compito di far attuare le direttive del Cardinale vicario all’interno della Curia diocesana, nonché di agire sempre in stretta comunione e sotto il coordinamento del Cardinale medesimo. Nella riforma attuata da Francesco, a norma dell’Art. 14 §2, il Vicegerente è il moderatore della Curia diocesana che, inoltre, convoca mensilmente la riunione dei Direttori di tutti gli Uffici del Vicariato, fissa criteri per una corretta applicazione del principio dell’interlocuzione unica nei rapporti tra il Vicariato e le altre Autorità, cura che i dipendenti del Vicariato svolgano fedelmente i compiti loro affidati. Conserva, come in precedenza, l’esercizio dei poteri del Cardinale vicario, laddove quest’ultimo fosse impedito o assente.
Scompare la figura del Prelato Segretario, un tempo nominato dal Pontefice su presentazione del Cardinale vicario, con la precipua funzione di Moderator Curiae, assorbita dal Vicegerente.
I Vescovi ausiliari
Ultimo elemento da sottolineare, nella riforma è indubbiamente quello dei Vescovi ausiliari, anch’essi rafforzati nella potestà. Con potestà ordinaria vicaria per il settore ad essi affidato, prendono le opportune decisioni pastorali e amministrative riguardo al proprio territorio con attento discernimento e, dopo aver sentito il parere degli altri membri del Consiglio Episcopale. Compiono ogni atto amministrativo in accordo con il Cardinale vicario.
Una novità rispetto alle due Costituzioni precedenti è il §2 dell’Art. 19, relativo alla nomina dei Parroci. Riservata al Romano Pontefice quale Vescovo di Roma, avviene dopo che l’Ausiliare di competenza ha ascoltato il Consiglio pastorale parrocchiale di riferimento, relazionato al Consiglio Episcopale, ove si procede al confronto aperto tra i vari Presbiteri della Diocesi. Il Cardinale Vicario non procederà alla nomina, ma compiuto l’iter sottoporrà al Pontefice i nomi ritenuti più adatti; a lui spetta, invece, la nomina dei Viceparroci.
Conclusioni
Con la Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione, il Supremo Legislatore ha voluto, indubbiamente dare l’impronta della più ampia riforma della Curia Romana anche alla Curia diocesana della Chiesa di Roma, della quale è Vescovo. Ne viene fuori decisamente un ridimensionamento della figura del Cardinale Vicario e del suo ruolo, la cui potestà viene in un certo modo frazionata tra le varie componenti del governo della Diocesi. Un secondo elemento che emerge, indubbiamente, è l’accentramento che il Pontefice ha voluto attuare sul Vescovo diocesano, ovvero la sua presenza su ogni decisione e atto di rilievo per la Diocesi di Roma. Inoltre, la figura del Vicegerente, così come delineata dalla Costituzione risulta essere, oltre che potenziata rispetto al passato, anche una figura chiave che vuole (forse) rispondere all’adagio latino «Quis custodiet ipsos custodes?» [12].
Note
[1] Francesco PP., Costituzione Apostolica sull’Ordinamento del Vicariato di Roma: In Ecclesiarum Communione, n. 1.
[2] cfr. Lc. 22,32.
[3] cfr. Paulus PP. VI, Constitutio Apostolica de Sede Apostolica Vacante deque Electione Romani Pontificis: Romano Pontifici Eligendo, in AAS, LXVII (1975), 609.
[4] Eiusdem, Regimini Ecclesiae Universae, n. 1 §1, in AAS, LIX (1967), 890.
[5] cfr. Art. 8 §1.
[6] cfr. Art. 9.
[7] cfr. Art. 10.
[8] cfr. Vicariae potestatis, Art. 3 §2; Ecclesa in Urbe, Art. 10.
[9] cfr. Art. 12.
[10] cfr. Art. 10.
[11] cfr. Art. 2 §4.
[12] cfr. Art. 15 §1.
[13] Giovenale, Satira VI, 347-348.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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