Perché il Romano Pontefice può esimere?
Il canone 591 regola il principio dell’esenzione. In effetti, il canone 591 non è stato risparmiato dalle discussioni degli esperti [1]. Riferendosi alla fonte del canone 591, che è la Lumen Gentium (LG 45), il Gambari [2] vi vede un’applicazione concreta del canone 590, in cui tutti i religiosi sono soggetti all’autorità ecclesiastica; e con il voto di obbedienza al Sommo Pontefice come massimo superiore. A parere del Gambari, il canone 591 non è un riferimento diretto all’esenzione [3].
Cosa intendiamo per esenzione
Iniziamo col dire che l’esenzione è una concessione che può essere fatta solo dal Romano Pontefice. È un atto personale del Supremo Legislatore nella Chiesa. Chi non è legislatore supremo non può esimere un istituto presente nella Chiesa dal governo dell’Ordinario. In realtà, a causa della pastorale, un istituto spesso supera i confini di diverse diocesi. Questo fatto, quindi, eccede anche la giurisdizione di un Ordinario del luogo. La Conferenza Episcopale non può in alcun modo ergersi a “giurisdizione sovra-diocesana o sovranazionale” per esimere i religiosi che si troverebbero nei territori diocesani o in quello nazionale.
Questa è una cosa strana e impensabile per l’ordinamento giuridico della Chiesa. La Conferenza Episcopale, che non fa parte del nostro argomento, è solo un organo di consultazione e coordinamento pastorale e non di governo. Nella Chiesa, tutto il governo è personale, anche se c’è ancora, per privilegio, una forma di governo collegiale. Il Romano Pontefice, nella sua qualità di Supremo Legislatore, può intervenire immediatamente in tutta la Chiesa e agire per il bene del popolo di Dio. Per questo è l’unico che può esimere. Egli detiene un potere di governo che può rendere partecipe chi deve affrontare le necessità di governo della Chiesa.
Considerazioni conclusive
Insomma, senza voler entrare in considerazioni polemiche, diciamo che l’esenzione è un atto personale del Sommo Pontefice, mediante il quale egli sottrae alcuni istituti all’autorità dell’Ordinario del luogo per sottoporli a sé o ad altra autorità. La motivazione di un tale atto è sempre legata alle necessità del popolo di Dio. Questo è ciò che troviamo nel can. 591. A tal fine, l’esenzione non può essere ridotta ad alcun elemento che riguardi unicamente l’ordinamento interno di un istituto.
È in questo senso che Jean Beyer afferma che: «L’exemption dépasse la juste autonomie de vie et de discipline; il faut éviter dorénavant de parler d’autonomie interne; la notion a été explicitée pour ébranler l’autonomie externe à laquelle on pensait réduire l’exemption. L’exemption contient, pour les ordres religieux, approbation et une dépendance personnelles du Souverain Pontife, un envoi en mission de sa part, la définition des points essentiels du charisme propre, l’indépendance des dicastères romains en plusieurs matières et qui peut être très une étendue, voire même complète» [4]. L’esenzione comporta conseguenze a livello del governo dell’istituto. Ciò si riflette nella partecipazione degli istituti esentati al potere ecclesiastico di governo e del suo esercizio. Pertanto, tale partecipazione acquista una pienezza proporzionale alla natura di ogni istituto [5].
Note
[1] Cfr. A. Boni, Gli istituti religiosi e la loro potestà di governo(c.607/c.596), Roma, Antonianum 1989, 351.
[2] E.Gambari, I religiosi nel codice, commento ai singoli canoni, Ancora, Milano 1986, 68.
[3] Ibidem.
[4] «L’esenzione supera la giusta autonomia di vita e di disciplina; occorre evitare d’ora in poi di parlare di autonomia interna; la nozione è stata esplicitata per scuotere l’autonomia esterna alla quale si pensava di ridurre l’esenzione. L’esenzione contiene, per gli ordini religiosi, approvazione e dipendenza personale del Sommo Pontefice, un invio in missione da parte sua, la definizione dei punti essenziali del carisma proprio, l’indipendenza dei dicasteri romani in più materie e che può essere molto estesa, se non addirittura completa» (Traduzione nostra) (J.Beyer, Le droit de la vie consacrée. Normes communes, Ed. Tardy, Paris 1988, 97).
[5] A cet effet, parlant du travail apostolique de l’institut exempté, Jean Beyer dit:«Celui-ci reste autonome dans les missions de l’institut. Il se maintient par une liturgie propre, il s’exerce en vertu d’une juridiction propre reconnu aux supérieurs et comporte l’application des facultés acquises pour faciliter cet apostolat»
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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