Roma, anfiteatro Flavio, 80 d.C.
L’istituto della “dispensa” è un istituto tipico dell’Ordinamento canonico. È un interessante esempio di come la legge canonica sia veramente a servizio della salvezza delle anime: infatti, la legge stessa si può “sospendere” davanti ad un caso particolare, facendo risaltare il tema evangelico: “il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Cfr Mc 2, 27).
Essa è «in concreto, un provvedimento amministrativo, con il quale l’autorità competente esonera (dispensa) una o più persone o anche un’intera comunità in casi particolari dall’obbligatorietà di una norma giuridica»[1]
Tale istituto era già disciplinato nel Codice del 1917 al can. 80:
Dispensatio, seu legis in casu speciali relaxatio, concedi potest a conditore legis, ab eius successore vel Superiore, nec non ab illo cui iidem facultatem dispensandi concesserint.
Il Codice del 1983 , nel Libro I (di cui abbiamo parlato QUI) al Capitolo V, disciplina l’istituto della dispensa con alcune variazioni rispetto al precedente dettato. Al can. 85 norma:
La dispensa, ossia l’esonero dall’osservanza di una legge puramente ecclesiastica in un caso particolare, può essere concessa da quelli che godono di potestà esecutiva, entro i limiti della loro competenza, e altresì da quelli cui compete la potestà di dispensare esplicitamente o implicitamente sia per lo stesso diritto sia in forza di una legittima delega.
È chiaro che la sostanza dell’istituto è invariata rispetto al CIC/17, ciò che è cambiato è la nuova possibilità, concessa a tutti coloro che godono di potestà esecutiva, di poter dispensare e non più solo al Legislatore. Ciò perché la dispensa non comporta alcuna modifica né abrogazione della Legge, bensì solo una “sospensione” dell’applicazione di essa davanti ad un caso concreto. È suscettibile a tale istituto solo la legge puramente ecclesiastica e per un determinato caso particolare, «non si estende dunque alle leggi divine, sia naturali che positive, dalle quali non è mai possibile dispensare»[2]
La dispensa giunge a generare nel “dispensato” un diritto che gli garantisce la possibilità di comportarsi come se la legge originaria non esistesse, ma tale possibilità è concessa solo in presenza di una “giusta e ragionevole causa” poiché senza di essa la dispensa stessa sarebbe illecita e, in casi particolari, addirittura invalida (cfr can 90).
Bibliografia
[1] L. Vela, Nuovo dizionario di diritto canonico, C.C. Salvador- V. De Paolis- G. Ghirlanda (a cura di), San Paolo, Milano 1993, 420.
[2] A. D’Auria, Le norme generali. Commento al Codice di Diritto Canonico, UUP, Città del Vaticano 2008, 258.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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