Il Sinodo dei Vescovi, osservazioni sulla fase diocesana (parte 2)

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Tempo di bilanci sinodali

Lo scorso agosto, la Conferenza Episcopale Italiana ha reso pubblica sulla sua pagina web la sintesi che raccoglie il frutto delle consultazioni svolte nei mesi scorsi a livello diocesano, in preparazione alla XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Come ha affermato Papa Francesco lo scorso 9 ottobre 2021, stiamo vivendo un momento storico, che condurrà a una «Chiesa diversa, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire».

In un precedente articolo, abbiamo trattato dell’istituzione sinodale, del suo funzionamento, del concetto di sinodalità nella teologia e nel CIC.

Ora è bene tracciare un bilancio dei risvolti applicativi della normativa approntata nel Codice e nella Costituzione Apostolica Episcopalis Communio.

Bisogna, anzitutto, sottolineare che il Sinodo non è un parlamento, retto da logiche democratiche, ma un metodo privilegiato per un confronto sincero e aperto, uno strumento di comunione: non a caso, Papa Francesco ha richiamato un’antica regola del diritto canonico, espressa dal brocardo latino quod omnes tangit ab omibus tractari debet. Ciò significa che l’autorità deve mettere tutti nelle condizioni di intervenire e offrire il proprio contributo, il proprio punto di vista costruttivo nelle materie che riguardano l’intero Popolo di Dio.

A livello strutturale l’ascolto si ottiene, per quanto riguarda le Chiese particolari, attraverso gli organi episcopali intermedi, in particolare le Conferenze Episcopali, che ricevono da ciascun Vescovo una sintesi del cammino realizzatosi a livello diocesano; lo stesso accade per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, dal momento che i contributi dei Superiori maggiori sono trasmessi alle rispettive Unioni, Federazioni e Conferenze; le Associazioni di fedeli interpellano i propri membri; infine, secondo le proprie competenze, concorrono i dicasteri della Curia Romana.

Interessante è il diritto riconosciuto ai fedeli, singolarmente o in gruppo, di trasmettere direttamente alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi il proprio pensiero sul processo sinodale, senza incanalarlo nelle vie tradizionali.

Le linee guida della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi

Nell’assetto stabilito da Episcopalis Communio, è la Segreteria Generale il propulsore dell’intero percorso: il Santo Padre ha affidato a essa il compito di coordinare le attività preparatorie e di individuare le forme più idonee a conseguire gli obiettivi di partecipazione e dialogo.

A tal fine, questo organismo ha supportato la fase della consultazione attraverso la pubblicazione di due testi, il Documento preparatorio e il Vademecum, diretti a stimolare una presa di coscienza sulle tematiche più controverse della vita cristiana e a favorire la condivisione delle opinioni e delle proposte, nella convinzione che, attraverso il confronto, lo Spirito Santo susciti strade nuove.

Il Documento preparatorio evidenzia che la sinodalità è la risposta della Chiesa a una serie di problemi che interrogano l’uomo contemporaneo: la pandemia, i movimenti migratori, la povertà, i cambiamenti climatici, lo scandalo degli abusi, le divisioni tra cattolici, le persecuzioni che subiscono le comunità cristiane nel mondo. A questa analisi fa seguito una trattazione sul senso della sinodalità come elemento costitutivo e irrinunciabile del Popolo di Dio.

Lo scopo da raggiungere è il consenso unanime sulle questioni che interessano la Chiesa, un obiettivo realizzabile solo se ad esso cooperano sinergicamente la voce dei fedeli e il discernimento dei Pastori.

L’ultima parte del Documento, intitolato La sinodalità in azione: piste per la consultazione del Popolo di Dio, esplicita la domanda-chiave di tutto il percorso: «Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?».

Accanto al Documento preparatorio, il Vademecum ha la funzione di tradurre in direttive operative le aspirazioni di sinodalità formulate dal primo.

Dalla sua lettura si percepisce che la discussione sinodale consiste nel condividere testimonianze di vita: al tal fine sono state l’organizzazione di apposite sessioni di ascolto, con lo scopo di mettere a proprio agio le persone, specialmente i meno abituati a confrontarsi con tematiche di carattere religioso.

Ogni sintesi parrocchiale ha registrato i risultati del confronto, mettendo in evidenza sia la percezione sul processo sinodale in sé, sia le sfide poste innanzi alla Chiesa.

Il contenuto della sintesi ha riguardato l’indicazione dei metodi utilizzati per promuovere la partecipazione di tutti; l’esposizione dei punti di forza e di debolezza della consultazione e dei temi su cui vi è stata convergenza e di quelli più divisivi; l’enunciazione dei speranze suscitate e i propositi formulati dai fedeli per il raggiungimento della sinodalità all’interno della Chiesa particolare.

Le sintesi particolari sono state successivamente raccolte in una sintesi diocesana, che è stata trasmessa alla Conferenza Episcopale. Le sintesi diocesane sono confluite in un rapporto delle Conferenze Episcopali.

Sulla base di queste relazioni, la Segreteria del Sinodo dei Vescovi stilerà un primo Instrumentum Laboris, che sarà discusso in apposite riunioni presinodali a livello continentale. Il frutto di questi incontri internazionali sarà un altro Instrumentum Laboris, su cui i padri sinodali lavoreranno nell’Assemblea che si svolgerà nel mese di ottobre 2023.

Un ruolo particolare nella consultazione sinodale è quello dei lontani.

I documenti fin qui approfonditi danno una visione molto ampia del termine lontano, che ricomprende sia quanti, pur battezzati, non vivono conformemente ai precetti cristiani, sia chi appartiene a comunità cristiane non in piena comunione, sia i non battezzati.

L’approccio nei loro confronti è ispirato alla pastorale della vicinanza e dell’ascolto, per comprendere le ragioni della loro comunione imperfetta, individuare le nostre responsabilità come battezzati, sanare le ferite e compiere passi di riconciliazione.

Con riguardo ai non battezzati, il riferimento al loro diritto di parola trova la base nel diritto divino naturale e nella missione evangelizzatrice della Chiesa, elementi dai quali il legislatore canonico non può prescindere.

Pertanto, i non battezzati godono di una personalità giuridica ad animarum salutem, in virtù del loro diritto a ricevere il Battesimo, in altre parole, di essere dei fedeli in potenza.

Ciò è particolarmente rilevante, perché, sebbene non si possa esigere da costoro l’adempimento di disposizioni di diritto ecclesiastico, è possibile tutelarne alcuni diritti, come, per l’oggetto del presente scritto, l’esprimere i loro desideri nelle questioni che pertengono all’azione della Chiesa nel mondo. Anzi, la loro prospettiva di soggetti non incorporati nel Popolo di Dio potrebbe costituire per la Chiesa un mezzo autorevole per accogliere la sfida della testimonianza, della credibilità e dell’accoglienza

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)

 

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Andrea Micciché

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