Il Patrimonio mobiliare della Santa Sede
Con un brevissimo Rescriptum ex audientia Sanctissimi, il Romano Pontefice, lo scorso 23 agosto ha offerto una interpretazione autentica relativa all’art.219 §3 della Costituzione Apostolica di riforma della Curia Romana Predicate Evangelium di cui abbiamo parlato QUI e QUI.
Per comprendere cosa il Supremo Legislatore abbia chiarito con il Rescritto è utile specificare, anzitutto, che con l’espressione «patrimonio mobiliare della Santa Sede» va ad intendersi l’insieme delle risorse monetarie a disposizione degli organismi che coadiuvano il Pontefice nel governo della Chiesa universale e non le finanze dello Stato della Città del Vaticano. Osservando il bilancio consolidato dell’anno 2021, si può facilmente comprendere come la gestione delle finanze della Santa Sede miri a due obiettivi fondamentali: trasparenza e sostenibilità, con la sottolineatura di un erosione annua di circa 20-25 milioni dovuta a “spese di missione”. Altrettanto significativa la riduzione del deficit da 33 milioni previsti a “soli” 3,3 milioni effettivi [1].
Che novità?
La novità maggiore che si è introdotta è certamente l’inclusione del maggior numero di enti possibili all’interno del medesimo bilancio, passando da un 35% relativo alla sola Curia (circa 62 enti) a ben 92 enti complessivi con la sola esclusione del conteggio del bilancio del Governatorato, ovviamente relativo allo Stato e non alla Santa Sede, e dell’Istituto per le Opere di Religione. Naturalmente la gestione del patrimonio mobiliare della Santa Sede ha un obiettivo differente da qualsiasi altro patrimonio: non si va alla ricerca di un surplus, bensì di una sostenibilità dell’attività necessaria. Un ulteriore punto da sottolineare è quello che si riferisce alla lettura dei cann. 1330 e 1301 §1 del CIC, i quali stabiliscono che le volontà dei fedeli che lasciassero dei beni alla Chiesa devono essere «diligentissime impleantur» e spetta all’Ordinario vigilare.
Dunque anche per la Santa Sede, tutti i lasciti legati a pie volontà devono essere scrupolosamente rispettati e destinati secondo la volontà del donatore. Tali norme fanno si che il patrimonio non sia gestito come quello di un’azienda, ma come beni a servizio della missione del Pontefice. Un esempio lampante è quello dell’Apostolico Tribunale della Rota Romana che, dall’autofinanziamento è passato al deficit. Tale “tracollo” è stato susseguente alla giusta volontà del Pontefice di rendere la Giustizia accessibile a tutti e non una peculiarità per possidenti; dunque a tale scopo interviene l’Obolo di San Pietro a colmare il deficit per sostenere la missione caritativa del Papa, nonché la contribuzione delle Diocesi.
Il nuovo regolamento
Il Rescritto dello scorso 23 agosto, inoltre, si può meglio intendere anche alla luce del nuovo regolamento sugli investimenti della Santa Sede promulgato dal Supremo Legislatore nel luglio 2022. il documento vara una nuova politica di investimenti e agisce su due fronti: quello dei principi da un lato, quello dei settori dall’altro. Per il primo, il Legislatore stabilisce che siano allineati con gli insegnamenti della Chiesa cattolica, con specifiche esclusioni di investimenti finanziari che ne contraddicano i principi fondamentali, come la santità della vita o la dignità dell’essere umano o il bene comune; per il secondo invece che i settori siano finalizzati ad attività finanziarie di natura produttiva, escludendo quelle di natura speculativa, e soprattutto siano guidati dal principio che la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, è sempre una scelta morale e culturale.
Le norme sono in vigore dal 1 settembre 2022 ad experimentum per un quinquennio. In ultimo le norme prevedono che l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) istituisca un unico fondo per la Santa Sede in cui confluiranno gli investimenti nei diversi strumenti finanziari e disponga un conto per ogni istituzione, elaborando il reporting e pagando i rendimenti.
Come ben si comprende queste specificazioni normativa sono tutte inserite nel contesto della riforma della Curia Romana e della Costituzione Apostolica Predicate Evangelium. Con tali premesse si può meglio comprendere l’interpretazione autentica del Supremo Legislatore. Dall’art. 219 all’art. 221 della Costituzione si stabiliscono le nuove norme relative all’APSA e in tale contesto si stabilisce che ogni esecuzione di operazioni finanziarie sia effettuata tramite attività strumentale dello IOR. Al Rescriptum è riservato il compito di interpretare quanto detto definendo una competenza esclusiva dell’Istituto sulle operazioni finanziarie che vengono così, de facto, sottratte alla competenza di qualsiasi altro ente pur possedendo quest’ultimo il capitale per l’investimento.
Il Supremo Legislatore è molto chiaro: all’APSA resta la titolarità del patrimonio e la sua gestione con la particolare destinazione alla fornitura delle risorse necessarie all’adempimento delle funzioni proprie della Curia Romana. Alla stessa Amministrazione compete anche la gestione del patrimonio mobiliare ed immobiliare di tutti gli enti che hanno affidato alla Santa Sede i propri beni nel rispetto delle norme relative ad essi, ma ogni operazione di investimento dovrà avvenire attraverso l’attività strumentale dello IOR.
Conclusioni
Riflettendo meglio sull’interpretazione autentica, che pure si configura come momento fondativo ed applicativo di una norma che nell’esito interpretativo lascia l’astrattezza ed è posta nelle condizioni di porre in essere il fine a cui è destinata, osserviamo quanto segue. In primo luogo, il Pontefice chiarisce che l’art. 219 della Costituzione Apostolica di fatto è da intendersi come riduttivo rispetto alle funzioni dell’APSA che cede allo IOR in via esclusiva la gestione delle operazioni finanziarie legate al patrimonio mobiliare della Santa Sede.
Ma non solo, perché al n°5 del medesimo Rescritto il Legislatore Supremo stabilisce anche che tutti gli enti della Santa Sede o ad essa collegati che posseggono attività finanziarie e liquidità, in qualsiasi forma siano detenute presso altri istituti diversi dallo IOR devono essere trasferiti in quest’ultimo, entro 30 giorni dal 1° settembre 2022.
In fondo tale Rescritto; oltre che assicurare una maggiore vigilanza alle azioni di investimento, “pretende” una sola cosa: che il patrimonio del Papa resti con il Papa, evitando speculazioni e lucro che siano distanti dai fini dell’attività della Chiesa.
Note:
[1] cfr. C. Marroni, Vaticano: il bilancio riduce le perdite 2021 a 3 milioni, ma ogni anno patrimonio si erode di 20-25 milioni, in Il Sole 24Ore, 5 agosto 2022.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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