La nascita delle false decretali: inquadramento storico
Le false decretali sono norme, decreti e canoni falsi realizzati intorno all’850 e inseriti nelle diverse raccolte.
Il problema di fondo consiste nel fatto che le false decretali sono confluite nel Decreto di Graziano, in quanto nei secoli IX, X e XI i redattori non furono in grado di fare un equo discernimento. Da ciò si può dedurre la grande esperienza dei falsari, che erano abili conoscitori della Bibbia, del diritto romano, della legislazione franca, dei concili e delle decretali autentiche.
In questo quadro storico così complesso, la preoccupazione era quella di tutelare i vescovi dalle ingerenze delle autorità secolari e dalle pretese dei metropoliti.
Influenza e divulgazione delle false decretali
Le collezioni ebbero una grande influenza nel diritto ecclesiastico sia dal punto di vista formale che materiale:
«Formale: è stata stabilita l’autenticità dei falsi documenti degli antichi semplicemente perché l’argomento era già stato trattato e ripreso in precedenza; o è stato riportato nelle scritture o in fase di evoluzione e completamento o è stato trascritto nelle formule di diritto giuridico […]. Materiale: inizierò con un ulteriore sviluppo di quelli esistenti, per esempio: diritto matrimoniale, ricorso dei vescovi, limiti del potere del metropolita, organizzazione diocesana, rimozione dei vescovi, privilegi dei chierici, diritto processuale o penale, viene riaffermata la santità dei beni ecclesiastici».
Nel XI secolo la situazione cambiò per via dei movimenti monastici riformatori e soprattutto per la “riforma gregoriana”: si trattava di lottare contro la simonia e di affermare lo stretto legame tra vescovo e papato per contrastare le investiture laiche. In questo contesto, le false decretali presentavano argomenti molto convenienti, ma l’ottica era cambiata, infatti esse erano state composte per l’indipendenza dei vescovi suffraganei nei confronti dei metropoliti, mentre adesso il diritto di tutela del papa sui vescovi si trasforma in un diritto di controllo su essi: i vescovi appaiono essere chiamati a partecipare alla sollicitudo della Sede Apostolica, non alla sua plenitudo potestatis.
Nel Decreto di Graziano è ripreso questo indirizzo per cui il papa, che vi è descritto come la più alta autorità legislativa e giudiziaria, può emanare leggi e stabilire sanzioni per tutta la Chiesa, che devono essere adempiute e contro le quali non si può dare nessuna deroga: «Sacrosancta Romana ecclesia ius et auctoritatem sacris canonibus impertit, sed non eis alligatur. Habet enim ius condendi canones, utpote que caput et cardo est omnium ecclesiarum, a cuius regula dissentire nemini licet» . Anche Graziano trasse molto materiale dai falsi, seppur mediato da altre raccolte legali.
È improbabile che abbia fatto uso diretto delle collezioni dei falsari.
Con il decreto di Graziano, divenuto ben presto fonte autorevole di giurisdizione, veniva a cessare l’effetto immediato dei falsi. I testi da loro fabbricati erano divenuti, come sperato, una base importante del diritto processuale ecclesiastico. La tendenza, però, si era quasi trasformata nel suo opposto: non era stata raggiunta l’indipendenza dei vescovi, ma la loro crescente dipendenza dal vescovo di Roma. Secondo Errázuriz:
«Il Decreto di Graziano segna una svolta nella storia del diritto canonico. Con esso si porta a compimento l’attività compilatoria così intensa in passato, e si mettono solidamente le basi di una nuova scienza, che afferma la sua specificità mediante la determinazione di un suo ambito e di una metodologia propria. La figura di Graziano è stata spesso paragonata a quella di Irnerio per il diritto civile» .
Nel corso del XV secolo la falsificazione divenne palese e fu di largo utilizzo da parte dei protestanti come pretesto per rifiutare il primato papale.
Considerazioni conclusive
Il dato di cui mi sono meravigliato è proprio l’utilizzo di false norme da parte di un’istituzione ecclesiastica quale la Chiesa. Mi è sembrato infatti che la motivazione, che fa da sfondo alla loro creazione, possa riassumersi nella seguente massima: “il fine giustifica i mezzi”, la quale non appartiene propriamente alla dottrina cristiana.
Se è vero come è vero che, «Un’intenzione buona (per esempio, aiutare il prossimo) non rende né buono né giusto un comportamento in sé stesso scorretto, è pur vero che l’epoca di cui stiamo trattando è lontana da noi, e non bisogna di certo leggerla attraverso l’attuale modo di vedere le cose.
Comprendendo i tempi e lo sforzo dell’istituzione ecclesiastica per affrontare i problemi, è bene che, la storia sia magistra vitae per evitare in futuro errori e utilizzare mezzi adeguati al diritto canonico che hanno il loro fondamento sulla verità di Cristo e del Vangelo.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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