Davvero pochi conoscono la storia o si sono imbattuti in quello che un Cardinale e storico della Chiesa definì “monstrum Apuliae” (stupore di Puglia), e non tanto per la “mostruosità” di questo istituto, tanto per la singolarità davvero sorprendente. Il riferimento è alla storia di un’abbazia nel cuore della Puglia per l’appunto, nei pressi di Conversano, dove sul finire del X sec. inizia l’ascesa e l’influenza del monastero di San Benedetto. Per molti aspetti la vicenda segue le dinamiche di molti altri luoghi: donazioni che fanno crescere i possedimenti.
L’abbazia godeva del privilegio papale di Abbatia Nullius conferito da papa Pasquale II, per intenderci quello che allora era un privilegio, oggi è regolato dal can. 370 che così recita:
“La prelatura territoriale, o l’abbazia territoriale, è una determinata porzione del popolo di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata, per circostanze speciali, ad un Prelato o ad un Abate che la governa a modo di Vescovo diocesano, come suo pastore proprio”.
Un privilegio mal digerito
Il privilegio di Pasquale II decretava l’autonomia del monastero dal potere del vescovo diocesano. La particolarità di questa storia è dovuta però alle vicende successive all’anno 1265, quando i monaci, legati agli Svevi, abbandonano il monastero a seguito dell’arrivo degli Angioini. In quell’anno, un gruppo di monache cistercensi, guidate dalla Badessa Dameta Paleologo, arrivata dal Peloponneso, in fuga dai turchi che varcavano i deboli confini dell’impero bizantino, giunsero a Brindisi e trovarono ospitalità nel disabitato convento di San Benedetto di Conversano aiutate e sostenute da Papa Clemente IV. Papa Gregorio X confermò in capo alla Badessa i diritti e i privilegi che erano appartenute agli abati benedettini, insieme a tutte le prerogative già in capo al monastero, consentendo tra l’altro anche l’uso delle insegne vescovili (mitria e pastorale).
Il convento di San Benedetto era una delle più ricche e fiorenti, specie per l’assegnazione del ricco feudo di Castellana. Come già detto l’abbazia era svincolata dalla dipendenza del Vescovo e della diocesi, e lo stesso abate, che veniva eletto autonomamente dai monaci, dipendeva direttamente dal Romano Pontefice e aveva esclusiva autorità non solo all’interno del convento bensì anche sul clero e sui fedeli che insistevano sul territorio di pertinenza dell’abbazia. Era dunque la Badessa che nominava i parroci, gestiva le rendite, riceveva le decime, officiava le cerimonie solenni, godendo anche del privilegio (per una donna) del baciamano, seduta sul trono da parte del clero. Oggi diremmo che a quel tempo la Badessa esercitava una potestas ordinaria a tutti gli effetti.
Il potere delle Badesse mitrate finì nei primi anni del 1800 quando Gioacchino Murat, re di Napoli, decretò la soppressione dei monasteri e dunque anche la chiusura di quello di Conversano.
Las Huelgas
Un altro caso emblematico è quello della Badessa del monastero de Las Huelgas a Burgos, in Spagna. Lo stesso San Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, pubblicò nel 1944 un testo che approfondì la singolare giurisdizione canonica che aveva, fino al 1874, la titolare dell’ufficio abaziale nel Real Monastero de Las Huelgas di Burgos (Spagna) e la legittimità canonica del suo esercizio. Fra gli altri poteri e facoltà di diversa natura di cui godette, quello che costituisce l’oggetto concreto dello studio è la potestà quasi episcopale della stessa.
Per approfondire:
Antonio Fanizzi, Baciamano per le badesse di San Benedetto. Storia della cerimonia dal XVI al XIX sec., Conversano 2017.
Instituto Histórico San Josemaría Escrivá, La Abadesa de las Huelgas, Ed. crítico-histórica, Rialp, Madrid 2016, 867 pp.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(San Giovanni Paolo II)
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