Pubblicato il testo della nuova Costituzione Apostolica sulla Curia Romana
Lo scorso 19 Marzo, solennità di San Giuseppe il Santo Padre Francesco ha promulgato la nuova Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa e al Mondo.
“Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”, è da qui che dobbiamo partire se vogliamo analizzare la Praedicate Evangelium, che non deve essere vista come l’ennesima riforma curiale pronta rimescolare le carte del gioco. Un gioco chiuso tra quattro mura, influenze e prove di forza. Se così fosse, la riforma sarebbe stata preparata in pochi mesi e calata dall’alto, ma così non è stato. Il lungo lavoro di riforma è iniziato nove anni fa, QUI il comunicato ufficiale.
“Il Santo Padre Francesco, riprendendo un suggerimento emerso nel corso delle Congregazioni Generali precedenti il Conclave, ha costituito un gruppo di Cardinali per consigliarLo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana”.
Per comprendere la riforma, abbiamo la necessità di andare al nocciolo della questione. Per fare questo ci facciamo aiutare dalle parole di San Paolo VI: “Non sia pertanto la Curia Romana una burocrazia, come a torto qualcuno la giudica, pretenziosa ed apatica, solo canonista e ritualista, una palestra di nascoste ambizioni e di sordi antagonismi, come altri la accusano; ma sia una vera comunità di fede e di carità, di preghiera e di azione; di fratelli e di figli del Papa, che tutto fanno, ciascuno con rispetto all’altrui competenza e con senso di collaborazione, per servirlo nel suo servizio ai fratelli ed ai figli della Chiesa universale e della terra intera.
Il Santo Padre Francesco ha allargato il focus della curia Romana non solo al servizio del papa, ma in rapporto organico con il Collegio dei Vescovi PE N°8. Non dobbiamo concentrarci solo su Roma e su quello che succede nei palazzi, ma realizzare qualcosa di più grande: essere luce del mondo PE N°2, questa è la vera scommessa di Praedicate Evangelium. Una Chiesa che possa accettare le sfide del mondo senza piegarsi in sé stessa e realizzare così la sua chiamata missionaria e comunitaria.
Quando si parla di riforma della Curia Romana si tratta un argomento che potremmo definire evergreen. Da sempre questo tema è stato un argomento molto delicato e controverso da affrontare. Questo perché si scontrano idee e sensibilità teologiche e canonistiche che sovente sono agli antipodi. Non esiste negli ultimi 500 anni un periodo ecclesiale che non abbia avuto la propria riforma, questo, a mio modestissimo avviso, è peculiare, perché ci dimostra che la Chiesa è viva, e non ferma al neolitico.
Un excursus storico per giungere alla Praedicate Evangelium
Dopo il Concilio di Trento, papa Sisto V sentì la necessità di una riforma della Curia. Con la Costituzione Apostolica Immensa Aeterni Dei del 22 gennaio 1588 creò 15 congregazione di cardinali, 9 competenti per gli affari della Chiesa e 6 per gli affari dello Stato Pontificio.
Successivamente, con la bolla Postquam verus ille del 3 dicembre 1586, Sisto V portò il collegio cardinalizio da 24 a 70 membri stabilendo contestualmente i tre ordini tradizionali per il cardinalato; vescovi, presbiteri e diaconi. Grazie a Sisto V le congregazioni diventano tali. Esse indicavano gli organismi medianti i quali i cardinali si incontrano e decidono insieme con il proprio voto le questioni riguardanti un preciso ambito.
Successivamente per tre secoli vennero create e successivamente abolite diverse congregazioni. Fu San Pio X che con la Costituzione Apostolica Sapienti consilio del 29 giugno 1908 snellì la Curia definendo meglio le competenze delle congregazioni e dando una stabilità ai tribunali, affidando loro le competenze giudiziarie e lasciando alle congregazioni quelle amministrative.
La stagione del Concilio Vaticano II, nuova linfa della Chiesa
Paolo VI con la Costituzione Apostolica Regimini Eccelsiæ Universæ del 15 agosto 1967 applicò alla Curia Romana le indicazioni del Concilio Vaticano II, fino ad arrivare a San Giovanni Paolo II, che il 28 giugno 1988 promulgò la Costituzione Pastor bonus.
La Praedicate Evangelium, di fatto, vuole essere un ponte tra la Chiesa e il mondo. Vuole essere il collegamento tra un’istituzione e la quotidianità di tutti i fedeli. La riforma cresce mediante 12 criteri guida che vedremo in maniera più approfondita nei prossimi articoli che sono: l’individualità; la missionarietà; la pastoralità; la razionalità; la funzionalità; la modernità; la sobrietà; la sussidiarietà; la sinodalità; la cattolicità; la professionalità e la gradualità.
Se da un lato la riforma della Curia trova pieno compimento il 19 marzo 2022, di fatto le riforme avviate da papa Francesco sono diverse e già avviate, basti pensare alle riforme economiche che riguardano la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano, così come l’ambito della comunicazione multimediale, già riformato il 27 giugno 2005 con il Motu Proprio “L’attuale contesto comunicativo“.
Quali sono i principali elementi distintivi della riforma?
Cerchiamo di dare una risposta riassuntiva, ma certamente non esaustiva, lasciando a chi legge l’onere di approfondire gli argomenti.
Le congregazioni e tutti gli organismi ad esse equiparati, sono adesso Dicasteri com’è giusto che sia, venendo meno l’incontro dei cardinali. Segnaliamo la primaria importanza al dicastero per l’evangelizzazione che infatti viene annoverato come il primo dicastero, da intendersi come primus inter pares, raccogliendo il lavoro svolto dalla congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.
Di rilievo è l’istituzione di un nuovo dicastero per il servizio della carità, che utilizzerà la struttura della Elemosineria Apostolica. Con la Praedicate Evangelium alcuni Pontifici Consigli diventando dicasteri come per esempio il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e il Pontificio Consiglio della cultura. Da sottolineare, nella nuova riforma, è la possibilità che qualunque fedele possa presiedere un dicastero o un organismo, proprio in virtù della potestà vicaria ricevuta dal Romano pontefice.
Molto dibattuto è anche il comma 4 dell’articolo 17. Il testo pone un limite circa la permanenza di un ecclesiastico in servizio alla Curia Romana per un lasso di tempo che non può superare i 10 anni. Quello che non è chiaro è da quando inizia il conteggio degli anni di servizio.
La sfida ecclesiale al terzo millennio è appena iniziata ed ognuno di noi ha l’obbligo di essere “luce del mondo” (Mt 5,14).
Questo è il modo con cui la Chiesa riflette l’amore salvifico di Cristo che è la Luce del mondo (cfr Gv 8,12).
Essa stessa diventa più radiosa quando porta agli uomini il dono soprannaturale della fede,«luce che orienta il nostro cammino nel tempo» e servendo il Vangelo perché questa luce «cresca per illuminare il presente fino a diventare stella che mostra gli orizzonti del nostro cammino, in un tempo in cui l’uomo è particolarmente bisognoso di luce».
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”
(S. Giovanni Paolo II)
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