L’Ordinamento dello Stato della Città del Vaticano e le sue peculiarità

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Alcuni cenni sulle origini

L’esercizio della sovranità estrinsecata attraverso una serie di norme giuridiche è il carattere fondamentale di ogni Stato sovrano e come tale anche dello Stato della Città del Vaticano che sin dalle origini avvertì come ineludibile l’esigenza di un sistema di leggi autonomo. Com’è ovvio, non si può dare un sistema di leggi se non si fissano quali siano le fonti di queste ultime, ragione per la quale tra le prime sei disposizioni legislative emanate dal Supremo legislatore la n. II trattava propriamente delle fonti del diritto. Il sistema ordinamentale delineato da Pio XI il 7 giugno 1929, è rimasto immutato nella sostanza, avendo dato in concreto una buona prova di funzionalità: tuttavia si è sentita nel tempo la necessità di alcune modifiche e adattamenti per renderlo più funzionale alle esigenze contingenti che si sono presentate nella storia e al mutato contesto normativo e istituzionale in cui le fonti si inserivano [1]. All’avvento del terzo millennio lo Stato vaticano avvertì l’esigenza di rendere l’ordinamento «sempre meglio rispondente alle finalità istituzionali dello stesso, che esiste a conveniente garanzia della libertà della Sede Apostolica e come mezzo per assicurare l’indipendenza reale e visibile del Romano Pontefice nell’esercizio della sua missione nel mondo» [2]; ragione per cui Giovanni Paolo II emanò la modifica alla legge fondamentale dello Stato. La prima modifica abrogava e sostituiva la legge n. I del 1929; a questa si sono susseguite altre modifiche fondamentali, ovvero: la riforma della legge sul governo nel 2002, la modifica alla legge n. II del 1929 e dunque circa le fonti del diritto. Tale riforma è stata eseguita nel 2008 con la legge n. LXXI. Il processo riformatore dell’ordinamento vaticano è poi proseguito ancora con l’abrogazione e sostituzione della legge n. III del 1929 ad opera della nuova legge sulla cittadinanza, 22 febbraio 2011, n. CXXXI [3]. Più di recente importanti innovazioni hanno riguardato il contrasto e la prevenzione degli illeciti finanziari, per adeguare lo SCV ai più elevati standard internazionali di sicurezza , e una serie di importanti interventi in materia di sistema penale e sanzionatorio.

Legame con il Diritto Canonico

Pur essendo lo Stato della Città del Vaticano distinto dalla Chiesa cattolica, sul livello giuridico, così come anche dalla Sede Apostolica; in vero non si possono negare dei legami intrinseci con l’Ordinamento canonico che lo Stato medesimo recepisce, unitamente alle Costituzioni Apostoliche, quale fonte del diritto sin dalle sue origini. Per meglio chiarire, la legge n. II del 1929 inseriva lo Ius canonicum tra le «fonti principali» dell’Ordinamento dello Stato; non solo, al di là della lettera della legge in vero va ritenuto che non solamente i Codici e le Costituzioni, ma il Diritto Canonico nella sua interezza trovi piena ed integrale applicazione all’interno dell’Ordinamento Vaticano. A questo proposito si potrebbe aprire una interessante parentesi relativa al fatto che all’atto della promulgazione della prima legge sulle fonti fosse vigente solo il Codice piano-benedettino, ovvero quello del 1917 che prevedeva una disciplina, come noto, riguardante la sola Chiesa latina. Tuttavia nell’Orbe cattolico non erano escluse le Chiese orientali, il cui diritto verrà codificato solo nel 1990. Pertanto la previsione espressa del Codex del 1917 quale fonte del diritto oggettivo vaticano di per sé dava la possibilità di applicare nello Stato, come norma statuale, il diritto latino, senza che vi fosse un esplicito riferimento al diritto orientale. La menzione delle Costituzioni Apostoliche, all’interno della legge n. II del 1929, invece, conferiva un’estensione più ampia alle fonti vaticane che dunque comprendevano anche il diritto orientale. Le Costituzioni infatti, aperte ad un’ampia gamma di contenuti concreti, possono evidentemente riguardare in tutto o in parte profili normativi di rilievo per le Chiese sui iuris della tradizione d’Oriente ed essere quindi considerate se del caso specifiche fonti di diritto orientale. Da questo possiamo dedurre che, qualora riferite ratione materiae alle Chiese orientali, le Costituzioni Apostoliche (citate espressamente nella legge) sarebbero rientrate a pieno titolo tra le fonti del diritto dello Stato, in presenza evidentemente di fattispecie in cui fossero venute in rilievo per una concreta applicazione in ambito vaticano. Comunque, una più ampia interpretazione dottrinale considerava fin dall’inizio fonti applicabili nello Stato della Città del Vaticano non solo il Codex e le Costituzioni, ma tutto il diritto canonico nel suo complesso [4].

Ius Canonicum come criterio interpretativo

In riferimento a quanto detto, allora, possiamo pacificamente affermare che i due polmoni che respirano simultaneamente all’interno dell’Ordinamento canonico fungono, insieme, da criterio ermeneutico del diritto dello Stato della Città del Vaticano. Inoltre, la normativa attualmente vigente, con una specifica ulteriore non prevista dalla prima del 1929, non solo chiarisce che il diritto canonico è la prima fonte, ma si esprime proprio nella direzione precedentemente indicata per cui lo Ius canonicum è di fatto il primo criterio ermeneutico legislativamente definito. La norma attribuisce al sistema canonistico una fondamentale funzione di unificazione e coordinamento della complessa pluralità di fonti normative applicabili nello Stato della Città del Vaticano: tutte infatti trovano un fattore comune nell’unicità dei criteri con i quali devono essere lette e interpretate, che sono sempre quelli canonici [5]. Ecco dunque l’assoluta peculiarità del diritto dello Stato della Città del Vaticano nel panorama internazionale: l’assoggettamento dell’interpretazione di tutte le fonti del sistema legale alle regole ermeneutiche poste dal diritto canonico. Questa scelta, tra l’altro, si presenta certamente in controtendenza rispetto ai principi cui fanno riferimento altri sistemi giuridici in tema di rinvio. La regola generalmente internazionalmente riconosciuta è infatti quella per cui le norme esterne, che entrano in un sistema legale da un altro ordinamento, debbano essere interpretate secondo i criteri ermeneutici dell’ordinamento di provenienza. Nel caso dello Stato della Città del Vaticano, invece, tale interpretazione avviene solo per le norme canoniche, intese secondo quanto previsto dal loro originario ordinamento, mentre per tutte le altre, comprese quelle di diretta produzione interna, i canoni ermeneutici non sono quelli loro propri, ma quelli eteronomi del diritto canonico. È dunque facile concludere che, in fondo i criteri ermeneutici dell’Ordinamento Vaticano vadano ricercati nel dettato dei cann. 16-18 del C.I.C. e nel cann. 1498-1500 del C.C.E.O.

Note bibliografiche

[1] cf. A. Saris, Brevi cenni sul apporto tra diritto vaticano e diritto canonico orientale, in Prawo Kanoniczne, 58 (2015), pp.4-5.

[2] Preambolo, legge fondamentale, 26 novembre 2000.

[3] Per un excursus più dettagliato, si veda G. Dalla Torre, La nuova normativa vaticana sulle attività illegali in campo finanziario e monetario, Ius Ecclesiae 23 (2011), p. 109-116.

[4] cf. A. Saris, Brevi cenni, pp. 9-10.

[5] cf. P.A. Bonnet, Le fonti normative e la funzione legislativa nello SCV, in Archivio giuridico “Filippo Serafini”, 229 (2009), p. 464.

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

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Cristian Lanni

Nato nel 1994 a Cassino, Terra S. Benedicti, consegue, nel 2013 la maturità classica. Iscrittosi nello stesso anno alla Pontificia Università Lateranense consegue la Licenza in Utroque Iure nel 2018 sostenendo gli esami De Universo Iure Romano e De Universo Iure Canonico. Nel 2020 presso la medesima università pontificia consegue il Dottorato in Utroque Iure (summa cum laude) con tesi dal titolo "Procedimenti amministrativi disciplinari e ius defensionis", con diritto di pubblicazione. Nel maggio 2021 ha conseguito il Diploma sui "Delicta reservata" presso la Pontificia Università urbaniana, con il Patrocinio della Congregazione per la Dottrina della Fede e nel novembre 2022 il Baccellierato in Scienze Religiose presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, presso cui è iscritto ai corsi per la Licenza. Dal luglio 2019 è iscritto con nomina arcivescovile all'Albo dei Difensori del Vincolo presso la Regione Ecclesiastica Abruzzese e Molisana, operante nel Tribunale dell'Arcidiocesi di Chieti, dal settembre dello stesso anno è docente presso l'Arcidiocesi di Milano. Nello stesso anno diviene Consulente giuridico presso Religiosi dell'Arcidiocesi di Milano. Dal giugno 2020 è iscritto con nomina arcivescovile all'Albo degli Avvocati canonisti della Regione Ecclesiastica Lombarda. Dal 2021 collabora con il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Sardo e come Consulente presso vari Monasteri dell'Ordine Benedettino. Dal 13 novembre 2022 è Oblato Benedettino Secolare del Monastero di San Benedetto in Milano. Dal 4 luglio 2024 è membro dell'Arcisodalizio della Curia Romana.

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