La prescrizione «è recepita dalla Chiesa quale si trova nella legislazione civile della rispettiva Nazione, salve le eccezioni stabilite nei canoni di questo Codice». A tenore del can. 197, per prescrizione s’intende «un modo di acquistare o perdere un diritto soggettivo e anche di liberarsi da obblighi»: più precisamente, nel primo caso si parla di prescrizione acquisitiva o usucapione, mentre nel secondo di prescrizione liberativa.
La canonizzazione delle leggi civili in tema di prescrizione
La prescrizione (già presente nel Diritto Romano) è un istituto del diritto positivo, poiché trae le sue origini da quelle disposizioni di legge tanto canoniche quanto civili. Per la prescrizione, avviene una vera e propria canonizzazione delle leggi civili. Il Legislatore canonico si astiene dal dettare norme per alcune materie e rinvia alle leggi dello Stato. Queste norme, che devono essere «osservate nel diritto canonico con i medesimi effetti» (can. 22), diventano leggi della Chiesa e applicate dall’Autorità Ecclesiastica[1]. Il Legislatore, però, impone due limiti: le leggi civili vengono osservate solo se «non siano contrarie al diritto divino e se il diritto canonico non dispone diversamente»; il secondo, impone che la legge civile viene canonizzata nei limiti della legge canonica stessa.
L’istituto della prescrizione
L’istituto della prescrizione è di grande rilievo nella vita giuridica di una società. Per effetto del tempo decorso, si possono creare stati di incertezza giuridica circa l’esistenza o meno di alcuni diritti e dei relativi titolari. Questo può accadere quando un diritto non viene esercitato per molto tempo e il titolare può dubitarne dell’esistenza o della sua estinzione a motivo del tempo. Perché si realizzi la prescrizione, l’ordinamento giuridico richiede determinate condizioni. Ad esempio, un soggetto utilizza un bene immobile per molto tempo come se ne fosse proprietario (o credendosi tale in buona fede); questi, dopo tempo, può usucapire il bene, purché il reale proprietario non si sia opposto davanti alla conoscenza del fatto compiuto[2].
La condizione della buona fede (can. 198)
Una condizione fondamentale richiesta dal diritto canonico è la presenza della buona fede (can. 198), che consiste nell’ignoranza di ledere diritti altrui. La buona fede è da intendersi in senso teologico, come l’intima convinzione in coscienza, per la quale il soggetto agente ritiene che il diritto esercitato gli appartenga, ovvero, ciò che possiede sia suo, non conoscendone (senza sua colpa) un eventuale vizio. Il requisito della buona fede è un’esigenza di diritto divino e tocca il giudizio di chi agisce davanti alla coscienza. Per questo motivo, l’ordinamento canonico non può canonizzare una legge che non esigesse la buona fede per tutto il tempo previsto per la prescrizione.
Sulle situazioni esenti da prescrizione
Il can. 199 presenta un elenco di quelle situazioni per le quali non si da prescrizione. Alcuni diritti sono imprescrittibili perché di diritto divino, sia positivo che naturale, come quelli riguardanti la vita matrimoniale. Non sono sottoposti a prescrizione:
1° i diritti e gli obblighi che sono di legge divina naturale o positiva;
2° i diritti che si possono ottenere per privilegio apostolico;
3° i diritti e gli obblighi che riguardano direttamente la vita spirituale dei fedeli;
4° i confini certi e indubitati delle circoscrizioni ecclesiastiche;
5° le elemosine e gli oneri delle Sante Messe;
6° la provvisione dell’ufficio ecclesiastico che a norma del diritto richiede l’esercizio dell’ordine sacro;
7° il diritto di visita e l’obbligo di obbedienza, con la conseguenza che i fedeli non possono essere visitati da nessuna autorità ecclesiastica e non siano più soggetti ad alcuna autorità.
La prescrizione per l’acquisto dei beni
Il can. 1268 del Libro V sull’acquisto dei beni temporali della Chiesa, dispone che quanto stabilito dai cann. 197 – 199 delle Norme Generali si applica anche per i beni temporali, come modo d’acquisto di diritti e di liberazione dagli obblighi. Ulteriori riferimenti sulla prescrizione si trovano nel can. 1269, sulla prescrizione acquisitiva delle cose sacre al fine di preservarne il degno uso. Si stabilisce che oggetti sacri in proprietà di privati, possono essere acquistati, con la prescrizione, da persone private. I beni appartenenti ad una persona giuridica ecclesiastica pubblica, invece, «possono essere acquistati solo da un’altra persona giuridica ecclesiastica pubblica» (can. 1269). Il can. 1270 detta i termini privilegiati di prescrizione[3] mentre in tutti gli altri casi valgono i termini previsti dalla legislazione dello Stato.
La prescrizione dell’azione penale
Una deroga alla necessità della buona fede è costituita dal can. 1362 che prevede l’estinzione dell’azione criminale in tre anni. Alcune eccezioni, però, riguardano i delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede che si prescrivono dopo vent’anni, salva la possibilità del Dicastero di derogare nei singoli casi (CDF, Normae de gravioribus delictis, 21.05.2010, art. 7). Nel caso di delitto contra sextum commesso da un chierico con minore, il computo della prescrizione decorre dal giorno in cui il minore compie la maggiore età. Nel caso dei cann. 1394 (attentato matrimonio da parte di chierico o religioso), 1395 (delitti contra sextum, fatto salvo il caso di delitto con minori), 1397 e 1398 (delitti contro la vita e la libertà umana) la prescrizione è di cinque anni. Il can. 1362 § 1, 3° stabilisce, infine, che possono fare eccezione i delitti non puniti dal diritto universale, se la legge particolare ha stabilito un altro limite per la prescrizione.
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Per approfondire
– Urrita F. J., “Prescrizione” in C. C. Salvador – V. De Paolis – G. Ghirlanda, Nuovo Dizionario di Diritto Canonico, Milano 1993, pp. 828-829.
– Cito D., La prescrizione in materia penale, in Processo penale e tutela dei diritti nell’ordinamento canonico, Milano 2005, pp. 621-625.
– Llobel J., Sulla interruzione e sulla sospensione della prescrizione dell’azione penale: http://www.iusecclesiae.it/sites/default/files/2%20Llobell.pdf
– Redaelli C., Trascorrere del tempo, certezza del diritto e buona fede: la prescrizione, in Quaderni di Diritto Ecclesiastico, 4 (1991), pp. 225-237.
Bibliografia
[1] Cfr V. De Paolis – A. D’Auria, Le Norme Generali. Commento al Codice di Diritto Canonico, Roma 2014, p. 176 -177.
[2] Cfr V. De Paolis – A. D’Auria, Le Norme Generali. Commento al Codice di Diritto Canonico, Roma 2014, p. 526.
[3] Si tratta di uno spazio di cento anni per le cose mobili e immobili, i diritti e le azioni personali e reali della Sede Apostolica; invece, è stabilito uno spazio di trent’anni per quanto appartiene ad altra persona giuridica ecclesiastica pubblica.
“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit”
(S. Giovanni Paolo II)
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