L’alienazione nel diritto canonico, canonizzazione della legge civile in un’ottica di Equitas

Tematica sostanziale e processuale

La tematica che presentiamo sembra essere trasversale rispetto ad un inquadramento puramente processuale o ancora di più sembrerebbe attenere maggiormente ad un approccio esclusivamente sostanziale della materia, invece a ben vedere essa presenta anche delle ricadute a livello procedimentale, soprattutto quando gli amministratori di una persona giuridica canonica sono chiamati ad introdurre una causa nel fòro civile dopo avere ottenuto ai sensi del can. 1288 la licenza scritta del proprio Ordinario.

Ciò di cui andiamo a trattare, ossia il delicato problema della alienazione come specifica forma di contratto disciplinata dal Titolo III del Libro V del Codice di Diritto Canonico, suscita non pochi problemi interpretativi soprattutto perché inevitabilmente ad occuparsi della materia non sono solamente i canonisti in senso stretto, bensì altri operatori giuridici o giuristi che provenendo solamente da un’esperienza civile, a volte rischiano di prendere sotto gamba la scrupolosa interpretazione del concetto di alienazione che invece sottostà alla disciplina canonistica in quanto tale.

In questa sede ci soffermeremo esclusivamente sui concetti attraverso i quali è considerata la alienazione e sul modo di “circolazione” che possiede il diritto di proprietà. Non tratteremo invece delle condizioni richieste ad validitatem e circa il valore adeguato fissato dal diritto ai fini di una alienazione, che invece occuperanno una trattazione a parte che sarà svolta in un prosieguo postumo e non in questa analisi.

 

La norma di partenza

La norma di partenza è il canone 1290 che espressamente richiama le norme civili vigenti nel territorio di uno Stato ai fini della regolamentazione dei contratti sia in genere sia in specie e dei pagamenti che vengono effettuati o ricevuti. Quindi viene canonizzata la legge civile purché non sia contraria al diritto divino, al diritto naturale e alle norme contenute nel Codice di Diritto Canonico.

Un primo problema che viene in rilievo è legato alle categorie delle fonti del diritto con rispetto agli elementi del contratto.

Sappiamo che nell’ordinamento italiano uno degli elementi del contratto è la causa ed in ragione di essa si hanno delle tutele che possono essere attivate in sede processuale in presenza di opportune necessità.

 

Rapporto tra teoria della causalità ed equitas

Tuttavia non tutti gli ordinamenti hanno una teoria della causa del contratto, come avviene nell’ordinamento canonico, il quale però pur non avendo una teoria della causalità contrattuale ricorre al principio della equitas canonica.

Ci dobbiamo chiedere se l’equità incida anche sulla canonizzazione delle leggi civili. Certamente si, poiché essa non è soltanto uno strumento di interpretazione del diritto, ma è una fonte del diritto canonico, essendo strettamente connessa con la salus animarum. Alla luce di questo allora, pur non avendo l’ordinamento canonico la categoria giuridica causale del contratto tuttavia ha comunque una fonte interpretativa di tale causalità che si rinviene appunto nella equità.

Il secondo problema che viene in risalto e sul quale si vuol puntare l’attenzione, è il concetto di alienazione e la sua essenza giuridica.

L’alienazione è il trasferimento di un bene da un soggetto ad un altro soggetto; quindi nell’alienazione la proprietà passa, o meglio transita dal patrimonio di un soggetto al patrimonio di un altro soggetto.

 

Quale diritto circola nella alienazione

Sorge una domanda fuorviante a tal proposito che è la seguente: nell’alienazione cosa circola?

Potrebbe sembrare banale la risposta, ma non lo è, perché alcuni giuristi presi dalla foga della risposta, direbbero che nella alienazione circola il possesso del bene. Ed invece la risposta è completamente errata, in quanto nella alienazione ciò che circola non è il possesso della cosa, quanto il diritto stesso di proprietà. Un esempio lo possiamo trarre dal diritto civile italiano ed è la vendita con il patto di riservato dominio. In questo tipo di contratto è vero che l’acquirente del bene ne entra subito in possesso alla stipula del contratto, ma non ne diventa immediatamente il proprietario fintantoché non formalizzi l’ultimo dei pagamenti stabiliti nel contratto stesso. E fino alla data dell’ultimo pagamento il proprietario resta sempre l’originario proprietario del bene. Ecco allora che il diritto di proprietà non circola sin dall’inizio del contratto, quando invece viene trasferito solo il possesso, ma circola alla fine; infatti soltanto con l’ultimo pagamento l’acquirente che già era stato immesso nel possesso, ne diventa il proprietario.

Ecco quindi che nella alienazione il diritto che circola è lo stesso diritto di proprietà.

Perché si è voluto esporre in maniera così energica tutto quanto fin qui detto sull’alienazione?

Perché l’ordinamento canonico conosce e prevede una normativa del tutto peculiare.

 

Concetti di alienazione nel diritto canonico

In primo luogo il diritto canonico prevede due concetti di alienazione, ossia una alienazione in senso stretto, ed è la stessa che viene contemplata negli ordinamenti civili, ed una alienazione in senso ampio, la quale prevede che per alienazione si intendano anche gli atti con cui vengono costituiti diritti reali di godimento su un bene, quindi una servitù o un usufrutto, o addirittura diritti reali di garanzia, come per esempio un’ipoteca.

Se mentre nell’ordinamento civile è impensabile che si possa alienare un usufrutto, o un’ipoteca, nell’ordinamento canonico tutto ciò è ammesso perché previsto dal diritto stesso.

In conclusione vi è da dire che è opportuno non confondere mai la disciplina della alienazione con quella della amministrazione che invece apre a tutt’altro genere di problematiche che saranno trattate in futuro.

 

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Per un approfondimento

 

DE PAOLIS V., I beni temporali della Chiesa, EDB 2019.

 

 

“Cum caritate animato et iustitia ordinato, ius vivit!”

(S. Giovanni Paolo II)

 

 

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Vito Livadìa

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